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L’ostruzionismo repubblicano negli Usa, i Paesi sovranisti europei che si sfilano. L’Ue non sa costruire una tregua

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – In fondo è un ritorno alla normalità, ovvero alla indifferenza. I morti sono scomodi soprattutto quando sono troppi, ci si stanca in fretta di loro. Dopo un anno e più di guerra inutile e criminale si comincia a guardare al «conflitto che ha cambiato il mondo» come a un incendio perpetuo e contro cui non si può far nulla se non evitare che si estenda. O come un montanaro guarda la neve: elemento naturale in cui, comunque, noi in Europa e in Occidente riusciremo a vivere. Dopo il tempo dell’aiuteremo l’Ucraina fino a quando sarà necessario, comincia a estendersi anche nelle cancellerie fino a ieri belliciste la tentazione al disimpegno, al distinguo: siamo con Kyiv ma solo fino al prossimo carico d’armi già stanziato, poi… nascono alleanze inattese, geografie capricciose.

Che si faccia da parte il putiniano slovacco, appena premiato dalle urne fino a ieri, non sarebbe stato un gran problema: dal punto di vista delle forniture è irrilevante, per quello politico si poteva emarginarlo come si fa da tempo con l’ungherese Orban. Si fa finta che non esista. Ma i polacchi? I polacchi fino a ieri disposti anche a entrare in guerra direttamente? E che per dispetto o ritorsione di armi non ne danno più. E gli americani? Senza il portafoglio e gli arsenali di Washington l’Ucraina è condannata. Ma Biden è diventato un’anatra zoppa con un anno e più di anticipo, i repubblicani lo tengono per il borsellino e le modeste speranze di diventare candidato alle presidenziali del prossimo novembre lo costringono, annusando gli umori popolari, a esser meno prodigo con cannoni e miliardi. In fondo è una antica realtà: gli americani non offrono occasioni che a se stessi.

Zelensky, fino a ieri eroe del nostro tempo, comincia ad accorgersi di stare diventando molesto. E gli ucraini sono costretti a constatare di essere nel mezzo di una lotta fra tre giganti che non si curano affatto di loro e li usano come proiettili per spararsi addosso, Russia America e Cina. Amara realtà finora nascosta sotto chilometri di retorica e di propaganda. Ma che appena il mosaico della coalizione delle quaranta democrazie comincia a perdere qualche tassello rivela la sua vera natura: gli ucraini sono sempre stati le pedine, usate senza rimorsi e con grande prodigalità, per la conquista della supremazia. E in questa lotta, loro che hanno imparato ad essere contenti per il solo fatto di essere vivi, sono sempre molto vicini al rischio di esser schiacciati e sacrificati senza pietà.

Zelensky dunque: amato omaggiato invocato obbedito, fino a quando ha incarnato efficacemente il ruolo della vittima, del condannato a morte da Putin, del debole con la fionda contro il prepotente vestito di ferro. Come dire no senza perder la faccia a chi mostra le città scoperchiate dai missili, le fosse lungo le strade con i civili ammazzati, i bambini e le donne fuggiaschi con negli occhi il terrore? Perfino i patrioti fascistoidi del battaglione Azov ridotti a larve, laceri e umiliati dalla resa, erano un argomento efficace, perché erano dei vinti.

Poi Zelensky ha cambiato copione e questo è stato il suo peccato, avrebbero sentenziato i greci antichi, di superbia: uno Zelensky cesareo, marciante, implacabile, affondatore, stritolatore di russi, uno Zeus castigamatti con i suoi sciami di fulmini-droni, aureolato da Marte e incantevole su Vanity Fair. Non chiedeva più pietà e soccorsi per il suo popolo strangolato, esigeva solo un tributo di soldi e di armi per completare un «veni vidi vici» sarmatico. Impugnando il giuramento ricatto: con Putin mai nessuna trattativa e nessuna pace. Insomma, la guerra perpetua.

Per ottenere sempre più armi, alla vigilia di ogni richiesta sempre più ultimativa, ha raccontato bugie: ha annunciato controffensive vittoriose, avanzate travolgenti, ha comunicato che le Maginot nemiche erano state scavalcate e i russi in fuga, incontenibile. Ancora un super carro armato, ancora un missile, ancora un bombardiere ed era fatta…

Poi ottenuti soldi e forniture, calava il silenzio. Il fronte era immobile, le avanzate millimetriche e costavano perdite ingiustificabili. È alle porte l’inverno, migliaia di uomini si accovacceranno incrostati nella terra gelata che fermenterà nei loro sudori, nei loro fanghi, nei loro sanguinamenti. E Putin, con il suo ghigno da sfinge, lucra sul passare del tempo che gioca a suo favore. L’Ucraina dei «tutti eroi» si è rivelata un Paese che, come è umanamente inevitabile, conta decine di migliaia di renitenti alla leva rifugiatisi nei Paesi vicini; e di loschi individui che nella amministrazione e nei vertici politici hanno trasformato la diserzione in affare.

L’errore di Zelensky può costargli caro. Si rincorrono voci che gli americani intendano cambiare cavallo a Kyiv, puntare su un altro oligarca obbediente che non sia vincolato da promesse di vittoria totale che non può mantenere e che costa troppo alimentate per chissà quanto tempo. Voci. Ma niente è più fastidioso e imbarazzante del Genio che a comando non vuole tornare nella lampada.

Sorgente: La stanchezza dell’Occidente: ora Zelensky è più solo, punito perché “arrogante”