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Sosteniamo la campagna di raccolta firme per i referendum di “ITALIA PER LA PACE”. Editoriale

di Andrea Catone

Il blocco “occidentale” ha confermato al recente vertice del G7 a Hiroshima la volontà di rifiutare qualsiasi soluzione per la guerra ucraina che non sia quella della “vittoria” completa, “senza se e senza ma”, sulla Russia (come esplicitamente dichiara Giorgia Meloni).

Il governo italiano, sostenuto in questo anche dal principale partito di opposizione, è in prima fila nell’alimentare, in aperta violazione dell’articolo 11 della Costituzione, l’escalation bellica, con l’invio sempre più massiccio di armi al governo di Kiev.

Ursula von der Leyen chiede ai paesi della UE di intensificare la produzione di proiettili e armi da inviare a Kiev. A tale scopo potrebbero essere dedicate anche le risorse di NextGeneration EU?

Sottratti alla sanità, all’istruzione, ai servizi sociali, al risanamento idrogeologico, miliardi di euro sono dirottati in Ucraina per alimentare la guerra.

Gran parte dei media sono asserviti come non mai alla narrazione a senso unico finalizzata ad accrescere il sostegno bellico al governo Zelensky.

È una situazione estremamente grave e pericolosa, che spinge l’Occidente, e il nostro Paese in particolare, verso il baratro di una guerra più ampia e generalizzata, di una guerra mondiale.

Il movimento pacifista – che 20 anni fa era stato capace di grandi mobilitazioni contro l’aggressione anglo-americana all’Iraq – si è mosso con impaccio e difficoltà, e, pur promuovendo alcune manifestazioni, non è riuscito sinora a dare espressione politica al dissenso di una parte consistente (secondo alcuni sondaggi, maggioritaria, nonostante il martellamento mediatico) della popolazione italiana verso la politica bellicista del governo.

È in questo contesto peculiare, di debolezza e stallo del movimento pacifista, che nasce l’iniziativa di due comitati – ora operanti d’intesa sotto il logo unitario di “Italia per la pace” – di promuovere la consultazione referendaria contro l’invio di armi [in calce il testo e la breve spiegazione dei due quesiti referendari contro l’invio di armi, cui si aggiunge quello a difesa della sanità pubblica].

Questa iniziativa che, nel contesto dato, non poteva essere del tutto esente da limiti politici, e organizzativi, ha però il grande pregio di portare a livello di massa, e non solo tra gruppi ristretti di attivisti (come sostanzialmente è stato sinora), la questione fondamentale – la “più fondamentale” (mi si perdoni la sgrammaticatura) in questo momento – della guerra e della pace, chiede alle persone di schierarsi, senza bizantinismi, pro o contro la cobelligeranza italiana, e di farlo apertamente, “mettendoci la faccia”, apponendo la propria firma. È un pronunciamento chiaro, attestato e certificato.

La campagna di raccolta firme si è avviata ufficialmente il 22 aprile. È trascorso più di un mese dal suo inizio. L’esperienza compiuta sinora ai banchetti di raccolta firme ha mostrato sensibilità, attenzione e partecipazione della popolazione alla questione della pace e della guerra; ha mostrato anche l’impegno, la generosità, il grande spirito di sacrificio degli attivisti che si dedicano volontariamente e a proprie spese (per pagare volantini, locandine, bolli per le autorizzazioni di occupazione di suolo, ecc.) – nella campagna di raccolta firme. Ne servono almeno 500.000 per portare i quesiti referendari alla Consulta.

Il raggiungimento del mezzo milione di firme certificate potrebbe essere conseguito senza particolari difficoltà se non vi fosse il defilarsi (se non il remare contro) di comitati, associazioni, partiti, che pure iscrivono sulle loro bandiere la parola “pace” e l’articolo 11 della Costituzione. Non hanno compreso l’entità della posta in gioco? Non hanno compreso che la campagna referendaria è uno strumento importante di mobilitazione di massa, di presa di coscienza, di espressione di una volontà popolare contro la cobelligeranza italiana?

L’iniziativa referendaria non si contrappone, ma si può proficuamente affiancare alle altre già in essere o che potrebbero profilarsi.

A 15 mesi dall’inizio della guerra ad alta intensità in Ucraina, si pone oggi un’alternativa secca:

– sostenere la scelta bellicista del G7, la cobelligeranza dell’Italia, l’escalation della guerra, continuando e intensificando l’invio di armi?

– oppure schierarsi con la Costituzione repubblicana, contro la cobelligeranza, contro l’invio di armi, perché l’Italia sia fuori della guerra e ritrovi un ruolo di ponte di pace tra i popoli?

Tertium non datur.

Come cittadini attivi e consapevoli della Repubblica possiamo svolgere un’azione politica sugli indirizzi politici del governo della Repubblica, utilizzando tutti gli istituti costituzionali esistenti e che non sono stati – almeno formalmente – rimossi. Tra questi, il referendum.

Ci si può permettere, nella gravissima situazione data, di ignorare l’iniziativa referendaria, di “astenersi”, o addirittura attaccarla?

SOSTENIAMO ATTIVAMENTE L’INIZIATIVA REFERENDARIA!

Chi voglia partecipare ai banchetti di raccolta firme nella propria città o promuovere tutte le iniziative possibili per propagandare l’iniziativa referendaria (dalle conferenze ai concerti ai flash mob) o dedicare tempo, energie, risorse per tutte le operazioni amministrativo-burocratiche necessarie (dalla vidimazione dei moduli alla certificazione delle firme presso i comuni) è vivamente invitato a

– mettersi in contatto con i comitati referendari della propria zona

– mettersi in contatto con i siti nazionali dei due comitati referendari:

www. generazionifuture.org | www.referendumripudialaguerra.it

– o rispondendo a questa e-mail.

I quesiti referendari

Quesito 1. Testo: «Vuoi tu che sia abrogato l’art. 1 del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità Governative dell’ucraina), convertito in legge n. 8 del 27gennaio 2023 nelle parole: “È prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità Governative dell’ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite”?»

Chiarimenti. Il quesito è finalizzato ad abrogare la normativa eccezionale, voluta dal Governo Draghi e prorogata, poi, fino al 31 dicembre c.a., dall’attuale Governo Meloni, in forza della quale si autorizza la fornitura di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari a favore dell’Ucraina, e ciò in pieno contrasto con l’art 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra”. L’esito favorevole di questo quesito referendario, pertanto, comporta l’arresto di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari italiane in Ucraina.

Quesito 2. Testo: «Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge 09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” limitatamente alle parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”?»

Chiarimenti: Il quesito riguarda la derogabilità, dal regime di divieto di esportazione di armi in Territori belligeranti. Si chiede espressamente, infatti, di abrogare l’articolo che, in deroga, consente deliberazioni diverse del Consiglio dei Ministri che, nel caso specifico, si sono concretizzate nell’emanazione della normativa eccezionale voluta dal Governo Draghi e prorogata, poi, dall’attuale Governo Meloni. L’esito positivo di questo quesito referendario, comporta l’impossibilità per i nostri Governi di emanare dispositivi normativi che autorizzino la fornitura di materiali di armamento ai Paesi in stato di conflitto armato.

Quesito 3. Testo «Vuoi tu abrogare l’art. 1 (Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza), comma 13, decreto legislativo n. 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, Gazzetta Ufficiale n. 305 del 30 dicembre 1992 – Supplemento ordinario n. 137) limitatamente alle parole “e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio Sanitario Nazionale”?».

Chiarimenti. Il quesito si prefigge di garantire e tutelare il servizio pubblico a beneficio della salute collettiva ed individuale di tutti i cittadini. L’esito positivo di questo terzo quesito referendario comporta l’esclusione dalla partecipazione, prevista attualmente dalla Legge 502/1992, dei soggetti privati come protagonisti della pianificazione sanitaria, consentendo, in assenza di conflitto di interesse, un più libero investimento di risorse adeguate nelle politiche sanitarie che vanno decise unicamente nel pubblico interesse.

Sorgente: Sosteniamo la campagna di raccolta firme per i referendum di “ITALIA PER LA PACE”. Editoriale – Marx21

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