E’ salito a 25 morti il bilancio dell’incursione da parte della polizia brasiliana contro il Comando Vermelho nella favela di Vila Cruzeiro
di Daniele Mastrogiacomo
E’ salito a 25 morti il bilancio dell’incursione da parte di agenti del Bope, gruppi speciali d’intervento della Polizia Militare, e della Polizia Federale nella favela di Vila Cruzeiro a nord di Rio de Janeiro. Iniziato nel cuore della notte e proseguito per 12 ore, il raid puntava a catturare alcuni esponenti di spicco del Comando Vermelho, il Cartello dominante nella capitale carioca. Ma si è trasformato in una strage che ha scatenato proteste e polemiche. Non solo per le modalità dell’azione criticata anche dagli esperti di tattiche militari ma per il risultato: modesto rispetto agli obiettivi che si proponeva e drammatico per il fiume di sangue che ha provocato.
La polizia si è difesa dicendo che era stata attaccata da una ventina di uomini armati nel momento in cui avevano fatto ingresso nella favela. Una donna di 41 anni ha cercato scampo in casa ma è stata colpita alla testa da un proiettile vagante. Anche un ragazzo, minorenne, è arrivato senza vita in un centro di prima assistenza del grande agglomerato vicino Complexo do Alemão. Le scuole sono state chiuse, i bus dirottati. Auto private, taxi pubblici, moto e furgoni hanno fatto la spola con gli ospedali trasportando feriti gravissimi poi deceduti e moribondi trafitti dal piombo. E’ la peggiore strage degli ultimi anni; seconda solo a quella avvenuta nella favela di Jacarezinho esattamente un anno fa. Anche allora ci furono 28 morti, forti polemiche e richieste di verità e giustizia da parte dei parenti sostenuti dalle associazioni umanitarie. Venti agenti vennero messi sotto inchiesta ma solo due condannati per concorso in omicidio. Casi rari. Di solito i poliziotti ne escono puliti e le prove balistiche sono spesso contaminate, comunque non in grado di stabilire responsabilità individuali.
C’è poi il consenso che circonda gli agenti, disprezzati per i modi violenti e indiscriminati con cui affrontano le loro incursioni nelle favela ma anche richiesti per risolvere il clima di ricatto, estorsioni e minacce che regna nei quartieri più poveri e difficili di Rio.
La difesa più diretta arriva anche in questo caso dal presidente Jair Bolsonaro. Già noto per il suo adagio “un buon criminale è un criminale morto”, pronunciato in diverse occasioni, ieri si è scagliato sui media che erano stati critici sull’operazione Vila Cruzeiro. Si è felicitato con i “guerrieri” che avevano partecipato al blitz e si è indignato per “l’inversione dei valori di una parte dei media” che “assolvono da ogni responsabilità i malfattori”. “La sinistra”, ha postato su Twitter il leader dell’estrema destra, “non vuole che la gente si renda conto della realtà del traffico di droga in Brasile. Condanna la polizia e tratta i criminali come se fossero delle vittime e non dei crudeli banditi armati che estorcono, opprimono, minacciano e uccidono chiunque senza il minimo scrupolo”.
Il problema è come agiscono le forze speciali della polizia. Più che un intervento pianificato e studiato appare un regolamento di conti. Prima si spara e poi si procede agli arresti. Secondo un’indagine condotta dal Geni (Gruppo Studi sulla Nuove Illegalità) e dall’Università Federale Fluminense per conto di Folha le forze di polizia hanno portato alla morte, nel 2021, di 330 civili. Nelle 74 operazioni svolte ad agosto 2020 ci sono state ogni volta 3 vittime. Nel 2018, quando è stato eletto il governatore Wilson Witzel, lo sceriffo che prometteva di “sparare in testa ai criminali” ci furono 104 blitz con 392 morti tra la popolazione delle favela. Con l’arrivo di Claudio Bomfim de Castro e Silva, succeduto a Witzel travolto da un’inchiesta per corruzione, le cose sono andate peggio. E’ diminuito il numero di vittime complessivo ma è aumentata la mortalità in ogni intervento della polizia.
Sono lontani i tempi delle UPP, le Unità di Polizia di pacificazione volute da Lula. Gli agenti lavoravano dentro le favela, erano poliziotti di quartiere. L’approccio era diverso. Furono smantellati e gli immensi quartieri che punteggiano Rio si sono trasformati in fortini inespugnabili. Territori in mano a gang, milizie di ex soldati e agenti, alcuni ancora in servizio, dove la polizia più che portare un po’ di ordine finisce per essere la regista degli equilibri tra bande. Si schiera con l’una o con l’altra. Vince chi paga la percentuale più alta del business. Allora scatta l’incursione per favorire i nuovi padroni.
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