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Doveva accadere prima o poi: la piazza ha presentato un pesantissimo conto politico a una destra parlamentare che da anni ha preferito inzuppare il pane nella pozzanghera del risentimento sociale anziché elaborare una seria politica conservatrice e repubblicana.

Salvini e Meloni hanno dato cittadinanza a un sentimento antistatale, antidemocratico, ribellista, anarchico, qua e là neofascista. Hanno invertito la rotta di Pontida e di Fiuggi, venendo a patti immorali con gli estremisti e di fatto accettando il loro fiancheggiamento. Si sono circondati di tangheri infrequentabili, ne hanno mutuato gli accenti, le parole d’ordine, la base dottrinale, la visione dell’uomo e della società.

Quella connessione politica è profonda quanto tenace. Di quei blocchi sociali instabili, pericolosi, eversivi Salvini e Meloni sono diventati il riferimento e la porta d’accesso alle istituzioni.

Poco importa che non vi siano patti espliciti e dichiarati. Quelle che una volta erano frange isolate tendenzialmente extraparlamentari oggi sono componenti organiche dei due partiti maggiori del centrodestra, con cui condividono se non un programma politico certamente una buona parte di ispirazione e di valori. Questa mutazione proviene proprio dall’iniziativa dai due leader, che hanno deliberatamente ammiccato a quelle frange lasciando intendere senza eccessive timidezze ciò che esse hanno perfettamente inteso: votateci, fidatevi di noi, ci prenderemo l’Italia insieme, la libereremo da negri, drogati e comunisti. Una smaccata bugia, una truffa, un inganno.

Come era prevedibile, questa scelta ha pagato in termini di consenso ma è stata fallimentare sul piano strategico-politico. Quel 40% non è spendibile, poiché irrimediabilmente compromesso da una tara ideologica forse minoritaria ma incompatibile con la democrazia. Quel sostegno estremista non solo imbarazza i due partiti, ma li sterilizza, ne pregiudica le ambizioni. Le democrazie moderne hanno sviluppato potenti anticorpi contro chi agita il braccio tatuato dalla svastica; a stretto rigore non sarebbe neppure necessaria una reazione politica e partitica a quei parossismi, tanto è istintivo il rigetto che la nostra società produce verso chi non ha in mente altro che minarla e distruggerla.

Senza un’inversione di rotta, una “svolta”, un taglio drastico alla connivenza con quel mondo Salvini e Meloni sono destinati a veder prima congelato e poi prosciugato quel consenso che hanno raccattato nei bassifondi dell’antipolitica. D’altronde, quei due non sono in grado di raccattare altro; e, come si è visto sabato scorso, ciò che hanno raccattato è capace di sfasciare non solo qualche vetrata ma anche la credibilità di chiunque ne abbia condiviso il codice valoriale.

Salvini e Meloni sono a un bivio: non possono né abbracciare in modo aperto quella piazza, pena la marginalizzazione istituzionale, né abbandonarla, pena il ritorno a risultati elettorali a una cifra.

Quelle manifestazioni, dunque, non erano contro Draghi e Landini, ma contro Salvini e Meloni. Quelle braccia erano minacciosamente tese non contro il green pass, ma contro chi ha millantato battaglia politica e alla fine si è accoccolato nelle stanze del potere lasciando la piazza con un palmo di naso (l’opposizione della Meloni è risibile, vista da destra).

In teoria noi dovremmo goderci lo spettacolo, perché stanno facendo tutto loro. Fascisti contro fascisti. Quando ci ricapita? In realtà ci stiamo adoperando a rendere loro la vita meno complicata, con marchiani errori politici. Il primo, gigantesco, è stato il green pass obbligatorio sui luoghi di lavoro. Inutile, punitivo, dannoso per l’organizzazione delle imprese e potenzialmente recessivo. Un alibi per la resistenza al piano vaccinale. Molto più efficace sarebbe stata una rigorosa politica dei controlli, oggi inesistenti, sulle restrizioni già in essere prima dell’ultimo decreto. Il secondo, grottesco, è l’incongruità degli antifascisti da tastiera tipo Peppe Provenzano, che pretende di mettere Fratelli d’Italia fuori dell’arco costituzionale, dimostra di non conoscere neppure l’abc della politica e regala alla Meloni un’insperata ciambella per restare a galla facendo la vittima.

In ogni caso la decostruzione della destra filofascista è appena cominciata, ed è una buona notizia. Non illudiamoci però che il centrosinistra possa trarne benefici elettorali; quei voti rimarranno lì, fin quando non spunterà un nuovo Berlusconi.

Sorgente: Fascisti contro fascisti | Politica per Jedi

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