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Da luglio le grandi aziende potranno licenziare e questa volta non pagheranno i servizi. I giovani aiutati dal lavoro stagionale

di Valentina Conti

ROMA – A pagare saranno ancora una volta le donne. Prima le più precarie costrette, nella fase dei lockdown e dei figli in dad, a mollare contrattini e impieghi part-time. Ora che la ripresa si avvicina, tocca alle lavoratrici protette sin qui dalla Cassa integrazione e dal divieto di licenziare. Ma impiegate in settori che dal primo luglio, con la fine del blocco, rischiano di non incrociare il rimbalzo del Paese che riparte. Il tessile e l’abbigliamento su tutti. Da solo vale l’1,6% del Pil dell’Italia, più che altrove in Europa (0,3% in Francia e Germania, 0,9% in Spagna). E l’11% dell’occupazione nazionale. Le donne sono il 60% del comparto, il 70% in quello delle confezioni. Qui la crisi silenziosa spaventa.

Bankitalia calcola in 577 mila i possibili licenziamenti dalla fine del blocco. Di questi 377 mila che ci sarebbero stati comunque nel 2020, fisiologici. E altri 200 mila legati alla recessione in corso. Potrebbe andare peggio, ma anche meglio. La strana crisi asimmetrica in cui siamo immersi presto invertirà le tendenze. Se fino ad ora l’industria ha tirato e i servizi sono collassati, nel giro di qualche mese registreremo l’opposto. Meno televisori, computer, scrivanie e sedie ergonomiche, più pranzi fuori, un po’ di palestra e finalmente qualche viaggio.

“Bisogna guardare ai consumi per capire dove andiamo”, spiega Fedele De Novellis, economista e direttore di congiuntura Ref che pure qualche mese avvertiva del rischio di avere un milione di posti in meno. “Sono meno pessimista, ma c’è una differenza clamorosa tra molti settori che hanno recuperato e pochi in cui si concentrano le contrazioni. L’edilizia va, ad esempio. Nella manifattura il tessile, l’abbigliamento e la pelletteria soffrono una crisi seria. Qui lo shock territoriale sarà micidiale perché la filiera è molto localizzata, soprattutto nel Centro Italia. E con una forte componente di genere”.

Le donne, dunque. Di nuovo nell’occhio del ciclone. Insieme ai giovani che però si consoleranno con gli impieghi stagionali trainati in qualche modo da un turismo in lenta risalita. Spettacolo, sport, trasporti soffrono ancora, ma intravedono un’uscita. Sarà dura e lunga. “La situazione è fluida, i consumi ruoteranno, boom momentanei si trasformeranno in cadute”, prosegue De Novellis. “Gli esuberi seguiranno questi mini-cicli oscillanti e gli occupati inseguiranno una domanda che si aggiusta di continuo”.

La verità è che nessuno sa quale forma prenderà la ripresa in Italia. E se sarà solida. Molto dipenderà dai vaccini e dal virus. Molto altro dalla spinta agli investimenti che verrà dal Recovery. Anche l’Inapp – l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche – individua in 612 mila i lavoratori a rischio licenziamento. “È una stima che basiamo sulle ore di Cassa integrazione autorizzate sino ad aprile”, spiega il ricercatore Marco Centra. “Ma non dobbiamo dare per scontato questi esuberi. Molto dipenderà da come l’economia uscirà dalle protezioni pubbliche che hanno funzionato bene. E come reagiranno i singoli settori e distretti”.

Nei primi quattro mesi del 2021 – calcolano Bankitalia e ministero del Lavoro – si sono registrati 130 mila nuovi posti a fronte dei 230 mila persi nello stesso periodo del 2020. L’industria con 100 mila occupati in più è tornata sui livelli del 2019. I servizi però sono a saldo zero. E così le donne, a indicare che per loro si creano tanti posti quanti si distruggono. Rialzare la testa è più difficile per un Paese, come il nostro, molto sbilanciato su settori letteralmente distrutti dal Covid, come turismo e tessile. Il rischio – segnala l’ultimo rapporto Ref – è anche quello di un impoverimento dei working poor. Di risvegliarci cioè con occupati a basso reddito ora ancora più basso. E con tanti disoccupati, non più mascherati dalla Cassa integrazione Covid.

Sorgente: Licenziamenti, saranno le donne nell’industria le prime candidate a perdere il posto – la Repubblica

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