Insieme ad altre 500 famiglie si sta battendo per far luce su quello che è successo in quei giorni nella Bergamasca. A seguirli c’è un team di legali del territorio. L’avvocato Consuelo Locati ne fa parte. “A un anno di distanza, proviamo rabbia perché le cose non sono ancora cambiate”. Anche lei ha perso il padre durante il la prima ondata. “Si poteva fare di più, ma non è stato fatto. Il problema è che chi non ha agito continua a non farlo perché sono le stesse figure istituzionali a dettare le regole. Qui in Lombardia abbiamo avuto cinque mesi per potenziare le Usca e per confermare i contratti ai medici saliti durante l’emergenza e invece i contratti non sono stati fatti”. La pandemia ha fatto emergere le fragilità del cosiddetto “modello lombardo”. “Sono venuti fuori tutti i limiti della legge 23 regionale: le Asst sono aziende ospedalieri e hanno una parte territoriale debole che non gestisce i medici di medicina generale gestiti da Ats” ricorda il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni – una volta c’erano i distretti che erano elementi di coordinamento territoriale importante e che tenevano i rapporti con i sindaci. Adesso non ci sono più e tutto si sfalda su un disegno provinciale debolissimo”. E poi c’è un problema di selezione della classe dirigente ospedaliera. “Non credo che l’affiliazione politica dei direttori debba essere un elemento di scelta: vorrei sapere che ho le migliori persone negli organigrammi e non mi interessa da che partito arrivano. Questo non va bene e l’abbiamo pagato” si chiede con amarezza il sindaco di Nembro Claudio Cancelli. “Avevamo l’immagine spesso propagandata a livello politico del miglior sistema sanitario non solo d’Italia ma del mondo, ma con il Covid ci siamo scoperti fragili soprattutto dal punto di vista della medicina territoriale” continua il primo cittadino del comune dove a febbraio le campane smisero di suonare per i troppi morti.
Un sentimento condiviso anche dai medici di base che hanno lottato “a mani nude” contro il virus durante la prima ondata. Nella provincia di Bergamo sei dottori sono morti e 150 si sono ammalati nella prima ondata. “Oggi abbiamo i dispositivi di protezione, ma sul territorio manca un sistema solido ed efficace” spiega la dottoressa Ritaines Munizza di Alzano Lombardo. “È cambiato troppo poco – le fa eco il dottor Mirko Tassinari di Bergamo – non abbiamo visto il potenziamento della medicina generale: se non ci vengono dati un amministrativo e un’infermiera finiremo a passare metà delle giornate a compilare moduli”. Ma quello che pesa di più è la mancanza di autocritica da parte delle istituzioni: “Non si ammettono gli errori, dovevano rinforzare le Ats e i medici sul territori, ma continuano a fare gli stessi errori – conclude il panettiere di Nembro – quanti morti ci vogliono ancora, continueremo a lottare e non ci fermeremo fino a quando non avremo giustizia”