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Turchia, Aytac Unsal scarcerato per convenienza? Erdogan continua a farsi beffe delle sentenze della CeduAytac Unsal, il trentaduenne avvocato turco dell’Associazione degli avvocati progressisti (Çhd) è stato scarcerato per ordine della Corte di Cassazione e l’altro ieri ha lasciato il Kanuni Sultan Süleyman Hospital di Istanbul.La decisione arriva casualmente nello stesso giorno della prima visita ufficiale in Turchia del presidente della Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu), Robert Spano, in occasione del ritiro di un dottorato Honoris causa conferito gli dall’Università statale di Istanbul. Si tratta dello stesso organismo a tutela dei diritti umani di Strasburgo che dal 1959, anno della sua fondazione, fino al 2019 ha ricevuto migliaia di ricorsi da altrettante vittime di violazioni dei diritti della persona dei 47 Paesi membri. In cima alla lista per sentenze emesse, c’è proprio la Turchia, con 3.645 giudizi, di cui 3.224 registrano almeno una violazione dei diritti, mentre solo 87 ne sarebbero privi. Dopo Ankara, sul podio siede la Federazione Russa con 2.699 sentenze e a sorpresa l’Italia con la sua medaglia di bronzo per le 2.410 violazione dei diritti umani.Ieri, nella lectio magistralis tenuta all’Accademia di giustizia della capitale turca, Spano ha dichiarato come «sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che la Costituzione turca incorporino il concetto di Stato di diritto e rispetto dei diritti umani, come pilastri costituzionali fondamentali». Ha parlato di garanzie sostanziali sviluppate dalla Corte, che includono il principio di legalità, certezza del diritto, uguaglianza degli individui davanti alla legge, come anche del principio che l’esecutivo non può avere poteri illimitati ogni qualvolta è in gioco un diritto o una libertà. Quindi, il riferimento del capo della Cedu alla possibilità di un rimedio dinanzi a un tribunale indipendente e imparziale (in Turchia sono 281 le inadempienze, almeno quellerilevate da Strasburgo in merito) e il diritto a un processo equo. Unsal e la collega Ebru Timtik, morta il 28 agosto scorso dopo 238 giorni di sciopero della fame, si sono battuti come potevano per aver riconosciuto quel diritto, usando l’unica arma a loro disposizione, l’auto privazione del cibo, dopo che la Corte Costituzionale aveva rigettato il 14 agosto le loro istanze. «Aytac era stato arrestato nel settembre 2018 con Ebru ed altri 16 avvocati, fra membri di associazioni progressiste attive nella difesa di casi politicamente rilevanti – spiega il giornalista turco Murat Cinar – con l’accusa di collaborazione e legami con il Fronte rivoluzionario della liberazione popolare (Dhkpc), gruppo marxista-leninista considerato organizzazione terroristica dal governo turco, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Ebru aveva difeso la famiglia di Berkin Elvan, il ragazzo morto nel 2014 per le ferite riportate durante la repressione delle proteste di Gezi Park. Un processo farsa intentato ai legali progressisti – prosegue – che si basa sulle accuse di un testimone anonimo, in carcere da quando aveva dieci anni e che per altro ha ritrattato lo scorso giugno, scrivendo in una lettera di non star bene e di avere problemi psichici. Se la Cassazione avesse preso in considerazione quella lettera, probabilmente Ebru si sarebbe potuta salvare. Aytac si è ridotto a pesare meno di 40 chili e i medici del Süleyman Hospital, già a giugno davano chiare indicazioni sulla necessità di dimetterlo dal centro anti-Covid dove era stato ricoverato, perché il suo sistema immunitario era piuttosto debole».Come ha reagito l’opinione pubblica nazionale e come è stata trattata la notizia della morte dell’avvocatessa, chiediamo a Cinar. «Quando è morta Ebru, è stato fatto quello che di norma avviene quando vengono arrestati oppure muoiono gli oppositori politici: parte un tam tam sulla stampa, sui social media, nel mondo politico per criminalizzare la persona. Sono dei troll sui social che inneggiano all’odio e alla condanna, al fine di pilotare il parere dell’opinione pubblica che reagisce con slogan come “morte al terrorista”. Il giorno del funerale della donna, è stata appesa sulla facciata dell’edificio dei legali di Istanbul l’immagine di Ebru e il nostro ministro degli Interni, Suleyman Soylu, ha definito come gesto vergognoso quello di aver appeso la gigantografia di una accusata di avere legami con organizzazioni terroristiche». Sono almeno diecimila le persone trattenute in carcere per motivi politi. Come nel caso del filantropo e attivista per i diritti umani Osman Kavala, rinchiuso in regime di carcere duro da circa tre anni in attesa di giudizio con l’accusa surreale di aver organizzato i moti di Gezi Park, al fine di rovesciare lo stato democratico. Assolto per questo capo d’accusa, è stato rimesso in carcere il giorno stesso con la nuova accusa di essere fra le menti del tentato golpe del 2016. «Le anomalie processuali riguardano tutti i livelli della società civile turca – chiarisce Giacomo Gian

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