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della redazione

Roma, 15 settembre 2020, Nena News – Tre ergastoli per il colono israeliano autore nel 2015 del rogo di Duma (Nablus) in cui morirono i palestinesi Saad e Rihama Dawabshe insieme al loro figlio di 18 mesi Ali. E’ quanto ha stabilito ieri il tribunale israeliano del distretto di Lod nei riguardi del 25enne Amiram Ben-Uliel, incriminato con tre capi d’accusa per omicidio e due per tentato omicidio. Ben-Uliel ha ricevuto ulteriori 40 anni per altri crimini e dovrà pagare 74.450 dollari a Ahmad Dawabsheh (9 anni), l’unico sopravvissuto al rogo, ma che durante l’attacco ha perso un orecchio e ha riportato però gravi ustioni per cui sta ancora ricevendo cure mediche.

Secondo il tribunale, Bel-Uliel aveva sorvegliato alcune case di Duma scegliendo poi quella dei Dawabshe sicuro di trovare persone al suo interno al momento dell’attacco. Il colono ha prima lanciato una molotov in una casa vuota per poi gettarne un’altra nella stanza delle vittime mentre questi dormivano. Prima di procedere con il suo atto terroristico, aveva scritto con lo spray sui muri della casa parole come “Vendetta” e “Lunga vita al Messia”, seguendo la classica tipologia degli attacchi di rappresaglia dei coloni contro proprietà palestinesi (noti in inglese come “price tag”).

Nel commentare la sentenza di ieri Hussein, il padre di Riham e ora anche chi il tutore di Ahmad, ha detto che nessuna pena “potrà riportare le cose indietro”.. Quanto accaduto a Duma non è stata però un’eccezione. Ben-Uliel non è una mela marcia, un terrorista isolato. Appartiene infatti al gruppo dei “giovani delle colline”, un movimento di settler ultranazionalista e radicale responsabile di numerosi attacchi anti-palestinesi in Cisgiordania. Gli appartenenti a questa organizzazione sono convinti che il territorio cisgiordano appartiene a loro per diritto divino e va pertanto ripreso a tutti i costi, perfino con la violenza. Una posizione che, sebbene non esplicitata con tale crudezza, è condivisa da gran parte delle forze politiche israeliane pronte a giustificare l’espansione delle colonie israeliane facendo ricorso alla Torah. E’ quello il “trattato” di diritto internazionale da seguire per loro. Anzi, è l’unico.

Se la sentenza di ieri ha condannato Ben-Uliel, sembrerebbe aver salvato altri possibili aggressori. Secondo i testimoni oculari, Ben Uliel non agì da solo quella sera: almeno altri due uomini dal volto coperto sono stati visti sulla scena dell’attacco. Uno, che era minorenne al tempo dell’attacco, ha patteggiato ed è stato punito solo per aver pianificato l’attacco nonostante ci siano prove che evidenziano come prese parte raid.

Intervistato lo scorso maggio dal portale Middle East Eye, il fratello di Saad, Naser Dawasbsheh, definì l’incriminazione di Ben-Uliel “non sufficiente”. “Una persona è stata incriminata – disse – ma il resto continua a vivere negli avamposti illegali che circondano i nostri villaggi, ponendo una minaccia quotidiana alle nostre comunità”.

A protestare contro la sentenza è stata anche la moglie di Ben-Uliel. Secondo quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz, la donna ha detto che i “giudici non hanno cercato la giustizia e la verità, ma hanno deciso di condannare mio marito a tutti i costi nonostante non ci siano prove del suo coinvolgimento nell’attacco”. Ha quindi promesso di fare appello alla Corte Suprema perché i “killer girano liberi”. Soddisfazione è stata espressa dallo Shin Bet (Intelligence interna israeliana) che ha definito il verdetto di ieri “un’importante pietra miliare per combattere il terrorismo ebraico”.

Più articolata è la riflessione di Yousef Jabareen, parlamentare della Lista Araba Unita. “La sentenza di oggi [ieri, ndr] – ha detto – è significativa per la famiglia e per il popolo palestinese dato che la maggior parte dei crimini commessi dai coloni contro i palestinesi non arrivano mai nei tribunali”. “Tuttavia – ha poi sottolineato – gli alti ufficiali governativi hanno condotto campagne di istigazione (contro i palestinesi) generando un atmosfera di odio razzista. Questa sentenza non li assolve dalla responsabilità di questi atti”. Per Jabareen è “la crudele occupazione e le azioni dei coloni a produrre crimini d’odio di tale natura e finché non termineranno anche questo odio continuerà ad aver luogo”. Nena News

Sorgente: CISGIORDANIA. Tre ergastoli al colono del rogo di Duma

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