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“Collaborare” era la parola che il maresciallo Marco Orlando le ripeteva più spesso. Ma non era un invito ad aiutare chi rappresenta la legge; erano minacce. “Se non collaborati ti fotto”. “Se non collabori ti rispedisco in Brasile”. “Se non collabori in un modo o nell’altro ti frego”. “Se non collabori ti faccio cacciare dall’Italia, tanto non hai neanche il passaporto”. E’ una trans brasiliana ad accusare in maniera diretta il comandante della caserma Levante di Piacenza, quella dove secondo la procura spadroneggiava l’appuntato Giuseppe Montella e il suo sistema criminale fatto di arresti pilotati per sequestrare la droga e poi rivenderla, minacce, torture. Accuse che il maresciallo, già domani nell’interrogatorio di garanzia, potrà confutare.

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Anche se è un altro al momento il problema principale del comandante della Levante: nel lungo interrogatorio di ieri in cui ha ammesso tutta una serie di responsabilità, Montella ha anche confermato al gip che non ha mai tenuto all’oscuro il suo comandante degli arresti. Orlando conosceva dunque le modalità con le quali agiva la ‘squadra’? Sapeva di quegli “atteggiamenti anomali”, come li ha definiti davanti al gip uno dei carabinieri arrestati, del suo appuntato e li ha appoggiati? “Montella ha sempre informato i suoi superiori” ha aggiunto il militare. Intanto ci sono le parole della trans, che tramite l’avvocato Maria Elena Concarotti ha già presentato una richiesta in procura per esser sentita come parte offesa. Vive in città da tempo e ha chiesto di esser chiamata Francesca: ha fatto l’informatrice per la polizia negli anni passati e non è andata bene. Le sue soffiate hanno consentito di arrestare diversi spacciatori ma poi la narcotici è incappata in una storiaccia e diversi poliziotti sono stati arrestati.

Così quando gli spacciatori sono usciti dal carcere e la sono andata a cercare, lei era senza protezione. “Mi hanno massacrata di botte, tante volte mi sono ritrovata in strada con la testa spaccata”. Ed è anche questo il motivo per il quale non ha più voluto saperne, né dei poliziotti né dei carabinieri. Ora è seduta in un bar del centro di una Piacenza deserta nella calura della domenica pomeriggio, il viso segnato da una vita difficile. Un anno e mezzo fa circa, racconta, c’era a Piacenza un trans che si chiamava Nikita. “Era la protetta di Orlando”. Era a lei che si rivolgevano in caserma per avere in pugno le altre trans. Lei compresa. Il maresciallo “diceva che dovevamo dargli lavoro, dovevamo collaborare con lui se volevamo vivere sereni a Piacenza” racconta Francesca. Ma non era solo, Orlando. La trans prende il telefonino e mostra la foto in cui ci sono Montella e Falanga con i due spacciatori e le mazzette con i soldi. Li indica come “gli altri due”. Poi prosegue la sua storia. “Quando venivano a casa di Nikita facevamo i festini. Orlando pagava le prestazioni sessuali con la cocaina. Un altro carabiniere piccolino è venuto a casa mia con il mio fascicolo in mano e mi ha chiesto sesso gratis”. I festini c’erano anche nella caserma Levante, almeno 4 secondo Francesca. I carabinieri chiamavano Nikita e lei chiamava le altre transessuali. “Lo sai dove dobbiamo andare”.

Una volta nella stazione la scena era sempre la stessa: “c’era droga a go go, eravamo obbligate a fare sesso con il maresciallo e gli altri”. Una notte l’avrebbero anche picchiata. Erano in due. “Una sera – dice – mi hanno beccato in strada, volevano rompermi le scatole. Mi hanno portato ore in giro per i campi a cercare gli spacciatori e poi siamo finiti in caserma”. E che è successo? “Mi hanno chiusa dentro – risponde Francesca – io ad un certo punto ho risposto in maniera aggressiva perché non avevo fatto nulla e mi tenevano là. Allora uno di loro mi ha dato una spinta e mi ha fatto cadere per terra”. Botte che anche altre hanno dovuto subire. “C’è un’altra trans, una mia amica che ora è a Roma, si chiama Flavia, anche lei è stata picchiata dai carabinieri. Molte trans sono state minacciate se non facevano quel che dicevano loro”.

Sorgente: Carabinieri di Piacenza, una trans accusa il comandante di minacce e botte. Gli indagati: “Montella informava i suoi superiori degli arresti” – La Stampa – Ultime notizie di cronaca e news dall’Italia e dal mondo

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