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Con i loro figli che devono affrontare lunghe condanne nelle carceri israeliane e severe restrizioni alle visite, queste donne palestinesi attendono fervidamente il giorno in cui i loro figli saranno liberi Fonte – English versionDi Shatha Hammad – 17 Aprile 2020Nel suo thobe tradizionale ricamato a mano di velluto, cucito con filo rosso, Helwa Hamed, 75 anni, siede vicino a una finestra nella sua umile casa, dove il caldo sole di aprile irradia le foto sparse sul divano di fronte a lei (Immagine di copertina).Seleziona le foto delicatamente, raccogliendole e guardandole per qualche minuto prima di prenderne un’altra e ripetere il processo. È come se le vedesse per la prima volta. Le fotografie sono dei suoi due figli, Akram e Rafat Hamed.È così che Helwa trascorre le sue giornate, frugando tra le poche vecchie foto che ha dei suoi figli che le sono state inviate dalle carceri israeliane.“Non lasciano la mia mente durante il giorno, né i miei sogni di notte”– Helwa HamedSua nipote di tre anni, Seela, le corre intorno, prendendo una foto con cui giocare ogni tanto. Helwa allora si arrabbia, prima di inseguirla nella stanza stretta, con amore, baci e risate.Sono passati sedici anni da quando i suoi figli le furono portati via. Nelle prime ore del mattino del 2 maggio 2004, l’esercito israeliano fece irruzione nella casa di Helwa a Silwad, un villaggio ad est di Ramallah nella Cisgiordania occupata, e portò via Akram e Rafat, che all’epoca avevano 24 e 22 anni.Da quel giorno in poi, tutto ciò che è rimasto della loro presenza a casa sono state le loro foto. Oggi Akram ha 40 anni e Rafat 38.“Li ammanettarono davanti a me dopo che gli fu permesso di baciarmi e salutarmi. Li ho abbracciati affettuosamente senza immaginare che sarebbe stata l’ultima volta”, dice Helwa a Middle East Eye.“Ho pensato che sarebbero andati via per diversi mesi, o nel peggiore dei casi diversi anni, ma non sono più tornati”.Helwa Hamed’s photographs of her sons (MEE/Shatha Hamad)I tribunali militari israeliani in Cisgiordania hanno condannato Akram a tre ergastoli, mentre a Rafat è stata data una condanna a un ergastolo più 12 anni. Sono stati accusati di aver ucciso soldati e collaboratori israeliani durante la Seconda Intifada fra il 2000-2005.Quando Helwa si rese conto che sarebbe passato molto tempo prima che i suoi figli tornassero a casa, smise di fare gesti usuali come preparare ogni giorno i loro piatti per il pranzo sul tavolo.“Ad Akram piaceva mangiare il maqloubeh [un piatto tradizionale palestinese], e a Rafat piacevano le fave con salsa allo yogurt. All’inizio, mi sono rifiutata di cucinare questi piatti in loro assenza. Oggi, ogni volta che li faccio, ricordo come a Rafat e Akram piaceva così tanto mangiarli. Mi fa piangere”, dice Helwa.Nonostante le loro condanne all’ergastolo, Helwa afferma di non aver perso la speranza che i suoi figli tornino.“Qualche giorno fa, ho sognato che erano stati rilasciati e tornavano a casa su un autobus addobbato con bandiere palestinesi. Stavo cantando per loro. Non è la prima volta che li sogno. Non lasciano la mia mente durante  il giorno, né i miei sogni di notte”, dice.“So che i miei figli sono forti e resisteranno, anche quando non ci sarò più”– Helwa HamedDa gennaio, l’ultima volta che è stata in grado di vedere i suoi figli, le speranze di Helwa sono state rincuorate. Ripete costantemente le parole esatte di Akram: “La libertà è vicina”.I lunghi anni senza i suoi amati figli hanno pesato sul suo cuore e riempita di dolore, dice Helwa. Soffre anche di ipertensione, diabete e ha perso gran parte dell’udito. Ma sullo sfondo dell’occupazione israeliana, l’imprigionamento dei figli di Helwa è stata una ulteriore dolorosa sfida.Nel 1987, i soldati israeliani hanno sparato a Mohammed, il figlio diciottenne di Helwa, durante una manifestazione pacifica a cui partecipò all’inizio della Prima Intifada (1987-1993). Nel 2019, anche suo nipote di 17 anni, Ayman, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco dall’esercito; e nel 2018, l’esercito israeliano ha arrestato due dei suoi nipoti, Mohammad Suhail e Ibrahim Rasim, ancora minorenni. Ibrahim ha trascorso due anni in prigione.Nonostante il tormento emotivo e fisico, Helwa è tenace e decisa. “Devo essere forte per Akram e Rafat. Devo sempre infondergli speranza. Sappiamo che sono condannati all’ergastolo, ma siamo sicuri che presto saranno liberati”.Il padre morì nel 2006, mentre i due erano ancora sotto processo nei tribunali militari. Sebbene Helwa abbia costantemente paura di morire prima che i suoi figli tornino a casa, dice: “So che i miei figli sono forti e resisteranno, anche quando non ci sarò più”.“Desidero portarlo a casa con me”Myassar Hammad è la madre di 65 anni del prigioniero palestinese Muayyad Hammad, 44 anni, a cui sono stati inflitti sette ergastoli.“Ogni giorno sento parlare della morte della madre o del padre di un prigioniero e dico a me stessa che domani toccherà a me. Annunceranno la mia morte mentre Muayyad è lontano da me,

Sorgente: Le madri dei prigionieri palestinesi dimenticati: “viviamo nella speranza” – Invictapalestina

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