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Pentola a pressione. Il leader di Iv chiede un incontro, il premier accetta. Nessuno crede nella ricucitura. Ma per il Pd la grana principale sono i 5S

Andrea Colombo

Renzi e Conte si incontreranno la settimana prossima. Sulla carta dovrebbe essere l’ultima ed estrema possibilità di rattoppare la maggioranza. In pratica non ci spera nessuno. A chiedere il colloquio chiarificatore è stato il leader di Italia viva, come fa sapere lui stesso, dopo un cortese scambio di messaggini. Dovrebbe essere l’ultimo atto della recita, metà dramma metà pantomima, che va in scena da settimane. «Conto di mettere fine a questo teatrino. Le telenovelas devono poi avere un punto di chiarezza», promette l’ex nella conferenza stampa al Senato nella quale torna a esporre il suo programma. Quattro punti: elezione diretta del premier, sblocco immediato dei cantieri pubblici con tanto di commissariamento, revisione profonda del reddito di cittadinanza, svolta garantista.

PER I 5 STELLE SONO, tutti e ciascuno, quel che l’aglio è per i vampiri. Proporli a Giuseppe Conte invitandolo a gestire lui, da palazzo Chigi, l’intero processo è una presa in giro. Con un programma del genere la maggioranza si dissolverebbe in un baleno.

DEL RESTO DI SEGNALI bellicosi Matteo Renzi ne invia in abbondanza per tutto il giorno. A Piero Grasso, che aveva definito il voto di fiducia sulle intercettazioni anche un «voto su Bonafede», il capo di Iv replica a muso duro, smentendo ma aggiungendo anche: «Se vuole vedere com’è una mozione di sfiducia individuale non ha che da aspettare». Poi diserta il voto di fiducia pur trovandosi a palazzo Madama: è in missione al piano di sotto. I suoi senatori concedono la fiducia, poi però votano per dieci volte contro gli ordini del giorno della maggioranza. In serata il leader rincara: «A Conte dirò che non dobbiamo restare in maggioranza a tutti i costi. Il reddito di cittadinanza, così com’è, non va. O si abolisce o si cambia».

CONTE CONFERMA l’appuntamento: «La mia porta è sempre aperta». Nega l’evidenza, cioè la caccia al responsabile che impazza a palazzo Madama: «Figuratevi se mi cerco un’altra maggioranza». Ribadisce l’intenzione, subito dopo l’incontro, di presentarsi in parlamento con un’agenda per il prossimo triennio sulla quale chiedere la conta. Messa così sembrerebbe l’annuncio di un voto di fiducia sul programma economico esplosivo che il premier promette da un po’.

Neanche per idea. Il voto sarà probabilmente su un ordine del giorno, perché in caso contrario l’arrivo a vele spiegate dei «responsabili» non è sicurissimo e soprattutto perché i 5S in una maggioranza che comprenda ufficialmente berlusconiani come Romani ed ex Udc come Cesa non ci vogliono stare. Anche il deflagrante programma economico segna il passo. Perché con i 5S affrontare quel capitolo è come infilare le mani in un vespaio. La realtà è che oggi sono proprio loro, i 5 Stelle, il cruccio principale del Pd. Perché qualche voto per rimpiazzare i renziani in una maggioranza purchessia si troverà di certo ma il freno rappresentato dal Movimento è invece insormontabile, e con i timori (per usare un eufemismo) di crisi economica e forse di recessione alle porte quel problemino diventa ciclopico.

INUTILE DUNQUE sperare in una crisi pulita e chiara, con i soliti frontalieri che, come già in parecchie occasioni, accorrono e tutto va avanti più o meno come prima. Quando il lungo addio di Renzi sarà arrivato a compimento la situazione rischia al contrario di impazzire. A destra la sirena di Renzi non è affatto caduta nel vuoto. Fi aspetta gli eventi ma secondo una quantità industriale di voci mercoledì sera le capogruppo azzurre Bernini e Gelmini avrebbero incontrato il capo dei senatori di Iv Faraone e Maria Elena Boschi. I diretti interessati smentiscono, le gole profonde confermano. Nessuno giurerebbe che l’incontro non ci sia stato. Salvini insiste nel suo no alla proposta Renzi, anche se qualora venisse rimodellata con l’impegno di votare entro l’anno il pollice verso si raddrizzerebbe.

Ma la tentazione è più corposa. Dai piani alti della Lega i bisbigli fanno sapere che lo stesso Salvini sarebbe interessato al percorso indicato da Renzi e che l’ostacolo principale è sorella Giorgia. Non accetterebbe di partecipare e coglierebbe l’occasione per addentare fino all’osso l’elettorato leghista.

Di certo c’è solo che fino a giugno non si voterà. Cosa succederà poi nessuno lo sa e nessuno, al momento, neppure lo immagina.

 

Sorgente: Ultimo spettacolo, Renzi chiama Conte: chiudiamo il teatrino | il manifesto

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