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C’è un punto che rende odioso questo gioco del gatto con il topo fra Ankara e Bruxelles ed è la consapevolezza che a mettersi in questa posizione subordinata è stata l’Europa per scelta propria

di Massimo Riva

È spettacolo sconcertante quello offerto dal despota turco Erdogan che si esercita a giocare nella parte del gatto contro un’Unione europea volontariamente ridottasi al ruolo del topo. Si prenda il caso dell’annuncio della firma di un memorandum fra Ankara a Tripoli nel quale i due governi ridefiniscono arbitrariamente la geometria delle acque territoriali reciproche riconoscendo l’una all’altra “zone economiche esclusive” con il risultato di creare una sorta di corridoio riservato che taglia in due il Mediterraneo. Pretesa fuori da ogni logica di diritto internazionale, alla quale il nuovo Alto rappresentante per gli Affari esteri della Ue, lo spagnolo Josep Borrell, non è stato in grado di replicare se non augurandosi una “posizione comune” fra i 27 soci che attende ancora di essere formulata.

Era evidente che quella del Mussolini di Ankara altro non fosse se non una mossa politica strumentale per aprire una sfida con l’Ue in modo da saggiarne la capacità di risposta alla luce delle sue divisioni interne. Misurata con soddisfazione l’inconsistente reazione di Bruxelles, il gatto turco è passato dalle parole ai fatti: se già in primavera aveva avviato perforazioni petrolifere nelle acque di Cipro, stavolta ha inviato nell’area la sua unità navale di bandiera per le ricerche di idrocarburi. In un’area, fra l’altro, coperta anche da una concessione a favore dell’italiano Eni e della francese Total. Una provocazione plateale contro gli interessi europei alla quale pare che ora a Bruxelles si sia deciso di replicare, ma solo accelerando l’iter di una delibera con sanzioni contro la Turchia che è in vana gestazione fin dalla primavera. Si dovrebbe decidere questa settimana. Sempre che si riesca a superare le resistenze del governo tedesco, che insiste nel considerare il rais di Ankara un interlocutore privilegiato.

Alto è il rischio che il parto di queste tardive sanzioni finisca per essere niente più che un ruggito del topo europeo, come si è già visto quando Erdogan ha scatenato le sue truppe oltre il confine siriano in una feroce campagna di pulizia etnica contro la popolazione curda, abbandonata al suo destino da Trump. L’Europa si è indignata, ha inveito e ha condannato, perfino all’unanimità stavolta, ma niente di più.

C’è un punto, infatti, che rende odioso questo gioco del gatto col topo fra Ankara e la Ue ed è la consapevolezza che a mettersi in questa posizione subordinata è stata l’Europa per scelta propria. Il coltello è stato messo nelle mani di Erdogan quando Bruxelles ha avallato l’iniziativa di Angela Merkel per affidare alla Turchia (dietro lauto compenso) la tenuta di campi di concentramento per i profughi siriani. Scelta sventurata sul piano umano oltre che politico: forse giustificabile nell’emergenza del 2016, ma che avrebbe dovuto essere superata anche per sottrarre l’arma del ricatto a un personaggio politico spregiudicato e pericoloso che mostra di saperla usare con disinvoltura. Lascia esterrefatti che nel suo recente incontro con Erdogan la Cancelliera abbia fatto balenare l’ipotesi di aumentare il numero degli “scudi umani” di cui il rais si serve per tenere sotto scacco l’Europa. Perseverare diabolicum.

 

Sorgente: Ue – Turchia, il coltello di Erdogan | Rep

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