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Le vittime sono 23, oltre 650 i feriti. Migliaia di sfollati sulla costa. Il sisma ha colpito in mare, vicino a Durazzo. E la gente si rifugia allo stadio

Il contatore continua a girare e c’è sempre meno tempo per fermare la somma delle vittime e aumentare il numero dei superstiti. A notte fonda il bilancio, ancora provvisorio, è di 23 morti, tra i quali tre bambini, oltre 650 feriti, dei quali 260 ricoverati negli ospedali, trenta dispersi, tra cui quattro bambini in un solo edificio a Durazzo e una cinquantina di miracolati estratti vivi dalle macerie. A Durazzo soltanto chi abita al pianterreno o ai piani più bassi si è azzardato a dormire sotto un tetto. Tanti hanno caricato la famiglia, un po’ di viveri in auto e hanno parcheggiato fuori città. Davide Carraro, un italiano residente in Albania per lavoro, ha trovato riparo in una stanza d’albergo al primo piano e ha deciso di fidarsi: «Viviamo a un piano alto e a casa non torniamo».

L’esercito albanese ha allestito una tendopoli per gli sfollati a Durazzo e a Thumanë dove il sisma ha sferrato i colpi più duri. Trecento tende per un migliaio di persone. Altri ripari sono stati allestiti nelle palestre, anche a Tirana, Kruja e Lezha.

Dopo la prima scossa, di magnitudo 6.5, la terra ha continuato a tremare a brevissimi intervalli e nell’arco della giornata i sismografi hanno registrato un centinaio di scosse meno intense — la più forte di 5 gradi alle due del pomeriggio — ma ben percepibili in tutto il Paese e oltre confine, in Montenegro, in Kosovo, in Grecia e a Novi Sad, in Serbia. I lampadari hanno ballato anche in Puglia e in Campania. Neanche sette ore più tardi è toccato alla Bosnia Erzegovina, a sud est di Sarajevo, con un picco di magnitudo 5.4, ma senza vittime.

La costa albanese è la più colpita. L’epicentro è stato individuato in mare, a 34 chilometri a nord ovest di Tirana e a venti chilometri di profondità. Dall’alto le città di Durazzo e Thumanë, a est e nord est della capitale, sembrano essere state colpite da missili di precisione che hanno selezionato tra case e torri gli obiettivi da ridurre in briciole, lasciando intatti, almeno esternamente, i palazzi confinanti. Da più di 24 ore i soccorritori salgono e scendono instancabilmente dai cumuli grigi di cemento, travi e ferraglie, a caccia di un suono, un segnale, una traccia che indichi dove vale la pena di concentrare gli sforzi. Si smuovono i massi con le mani, Thumanë, per evitare che nuovi crolli possano schiacciare chi è ancora vivo nelle viscere della collina di detriti.

È stata una notte di lavoro febbrile, speranza, delusione, angoscia in Albania. Le scavatrici continuano cautamente il lavoro cominciato all’alba di ieri per rimuovere le masserizie degli edifici crollati nei primi, interminabili quarantacinque secondi di sobbalzi e tremori, alle 3 e 54 del mattino di ieri.

Colta nel sonno, una nonna ha fatto in tempo a fare da scudo con il suo corpo al nipotino. Sono stati fra i primi a essere ritrovati al mattino, ma soltanto il bambino era ancora in vita. A Durazzo l’hotel Vila Palma si è afflosciato su sé stesso: era costruito sulla spiaggia. Il panico ha contribuito ad aggravare la situazione. A Kurbin, cinquanta chilometri a nord di Tirana, un uomo terrorizzato è morto lanciandosi dalla finestra.

Ogni volta che la terra ricomincia ad agitarsi, le ruspe devono fermarsi, gli uomini sono costretti ad allontanarsi e cresce la paura di arrivare troppo tardi a liberare chi, là sotto, forse sta esaurendo l’ossigeno e le forze.

A poco più di due mesi dal terremoto del 21 settembre, quasi altrettanto forte, ma non letale, il Paese delle Aquile è di nuovo assediato dalla paura. «Nessuno passerà l’inverno all’aperto», promette il primo ministro albanese Edi Rama. Intanto all’aeroporto di Tirana arrivano aerei di aiuti, dall’Italia, dalla Svizzera, e via terra dal Kosovo mentre da Roma la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese fa sapere che un centinaio di Vigili del Fuoco e tecnici sono già partiti per l’Albania.

Sorgente: Terremoto in Albania, il primo colpo, poi cento scosse. Si scava per salvare i vivi – Corriere.it

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