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L’unico killer individuato è stato assolto in appello. Sull’inchiesta hanno pesato depistaggi istituzionali e il segreto di Stato imposto dai vertici del Sismi, l’ex servizio segreto militare. Il giornalista sociologo indagava su un traffico d’armi

di SALVO PALAZZOLO

“Che grande amarezza — sussurra Carla Rostagno — non sappiamo ancora i nomi degli assassini di mio fratello. Ogni anno che passa è un’altra coltellata in pancia. Anche perché nessuno più indaga sulla morte di Mauro”. Di anni ne sono passati trentuno, ma la sorella del sociologo che voleva cambiare Trapani con la sua Tv non vuole arrendersi. “Dopo un lungo silenzio e tanti depistaggi, la magistratura ha fatto tanto — dice — adesso, però, è necessario che intervenga la politica. Perché un pezzo di verità è ancora custodito dentro qualche archivio di Stato”. Carla Rostagno lancia un appello: “Vorrei che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte desse un segnale chiaro in questa direzione. Disponendo l’apertura di tutti gli archivi”.
La sera del 26 settembre del 1988, entrò in azione un commando per uccidere suo fratello. L’anno scorso, l’unico killer finito sotto processo, Vito Mazzara, è stato assolto dalla corte d’assise d’appello di Palermo, che ha invece confermato la condanna per uno dei mandanti, il capomafia di Trapani, Vicenzo Virga. Una “sentenza illogica” l’ha definita lei. Ne è ancora convinta?
“Dopo aver letto le motivazioni della decisione, ancora di più. Mi conforta che la procura generale diretta da Roberto Scarpinato abbia fatto ricorso in Cassazione. C’era una prova scientifica contro Mazzara: una traccia del suo Dna era emersa su un pezzo di fucile ritrovato sul luogo del delitto. Ma non è bastato”.

Mazzara ha messo in campo l’ex comandante del Ris di Parma, il generale Luciano Garofano, per smontare la perizia.
“Gli esperti che sostenevano l’accusa erano altrettanto bravi e autorevoli. Confido nella Cassazione”.

Dall’esame sul pezzo di fucile era emersa un’altra traccia.
“Era stata avviata un’ulteriore inchiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo, ma non ha portato a nessun sviluppo. E i componenti del commando di sicari sono rimasti senza nome. Mauro non merita questo destino, lui che ha lottato sempre per la ricerca della verità”.

A Trapani è in corso il processo a tredici testimoni che in corte d’assise non avrebbero detto tutto quello che sapevano.
“Spero che la prescrizione non spazzi via quest’altro percorso. È ormai passato molto tempo. Sono comunque grata al presidente Angelo Pellino, che ha presieduto la corte d’assise del primo processo, ha fatto una ricostruzione certosina”.

In questo caso giudiziario, il depistaggio nelle indagini non è più solo un’ombra, ma una certezza. E anni fa, i vertici del Sismi, l’ex servizio segreto militare, opposero il segreto di Stato ai magistrati di Trapani che volevano approfondire il ruolo svolto da alcuni agenti in Sicilia. L’inchiesta ruotava attorno all’ipotesi che suo fratello avesse scoperto un traffico d’armi nel vecchio aeroporto di Kinisa.
“Ci vorrebbe un’iniziativa chiara da parte della politica, del governo. Chissà quante verità sulle vicende siciliane sono conservate dentro gli archivi di Stato, quelli dei ministeri, delle forze dell’ordine”.

Dopo 31 anni ha ancora fiducia che si possa arrivare a una verità?
“Per anni ho combattuto in solitudine la battaglie per la verità, studiando le carte delle richieste di archiviazione e proponendo opposizione. Oggi, c’è bisogno dell’impegno di tutta la società civile per continuare questa ricerca su un delitto che fu politico-mafioso”.

Da dove ricominciare?
“Nelle carte ci sono molti spunti, che riguardano ad esempio personaggi che gravitavano attorno a Francesco Cardella, morto improvvisamente all’estero mentre all’interno del processo veniva ripetutamente citato per varie circostanze. Sarà morto davvero? Questa, di certo, è una storia ancora piena di misteri”.

 

Sorgente: Trapani, trentun anni fa l’omicidio di Mauro Rostagno. La sorella: “Aprite gli archivi di Stato, un pezzo di verità e lì” – Repubblica.it

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