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Record di votanti sulla piattaforma . Il voto di ieri arriva al culmine di una crisi di governo che era piombata nel bel mezzo del processo di riorganizzazione del M5S. Va concludendosi con un esito non univoco, perché paradossalmente il risultato di ieri consegna una grande legittimazione ad un presidente del consiglio che ha sottolineato di non essere iscritto al Movimento

Giuliano Santoro

Quasi l’80% degli votanti iscritti alla piattaforma Rousseau hanno dato il loro via libera alla nascita del governo Conte bis. È il voto più partecipato della storia, finora in verità non trionfale, delle consultazioni digitali del Movimento 5 Stelle. Probabilmente è la decisione più importante, che sigilla un’alleanza di governo e incorona un presidente del consiglio. Che le cose stiano andando oltre ogni più ampia previsione lo si capisce dal mattino. Per la prima volta, dalla sede milanese di Rousseau forniscono persino i risultati parziali dell’affluenza, ostentando una soddisfazione che risalta rispetto all’imbarazzo fatto passare per understatement con il quale nel corso delle scorse votazioni si diffondevano i dati di partecipazione al voto digitale, a volte raggiunti anche allungando in corsa il tempo di apertura delle urne virtuali pur di raggranellare qualche alta preferenza.

I VOTANTI QUESTA VOLTA sono 79.634, quasi 30 mila in più di quello che fino a ieri era considerato il picco: quando circa 50 mila persone avevano votato per esprimersi sulla fiducia a Di Maio dopo il tracollo delle elezioni europee. All’associazione Rousseau sono così entusiasti che per la prima volta dopo mesi forniscono la cifra ufficiale degli iscritti: «Sono circa 115 mila», dice Enrica Sabatini.

Un dato che corrisponde alla cifra di quasi due anni fa: possibile che in mesi di governo le adesioni non siano cresciute? Quanto al voto di ieri parlano di «record mondiale» anche se dovrebbero sapere che non è così e lo stesso Davide Casaleggio ammette che «a livello internazionale alcuni partiti adottano pratiche di partecipazione attiva». Molto spesso si tratta di forze che non considerano la sfera digitale complementare agli incontri fisici. Sul portale degli spagnoli di Podemos nel febbraio del 2017 parteciparono oltre 155 mila persone per eleggere il gruppo dirigente. E gli iscritti dell’Spd in Germania votarono in 363 mila per approvare la grosse koalition Cdu-Csu.

RESTANO I DUBBI sulla trasparenza e sulle modalità di gestione della cosa, ma un dato è incontrovertibile: la piattaforma, bistrattata nel corso di questa legislatura e pressoché ignorata da iscritti ed eletti, si prende la sua rivincita, dal punto di vista simbolico e politico, la chiesa di Casaleggio torna al centro del villaggio pentastellato e costringe l’intero sistema politico italiano (ed europeo) a puntare gli occhi sui display e sui monitor per fare la conta dei voti a favore del fatto che, come recita il quesito, «il Movimento 5 Stelle faccia partire un governo, insieme al Partito democratico, presieduto da Giuseppe Conte».

Il voto di ieri arriva al culmine di una crisi di governo che era piombata nel bel mezzo del processo di riorganizzazione del M5S. Va concludendosi con un esito non univoco, perché paradossalmente il risultato di ieri consegna una grande legittimazione ad un presidente del consiglio che ha sottolineato di non essere iscritto al Movimento. Lo fa inaugurando una nuova fase nella convulsa e movimentata storia del grillismo.

Ancora a urne aperte, quando circola ottimismo, Nicola Morra elogia la «convivenza tra istituti di democrazia diretta e istituti di democrazia rappresentativa», anche se lo stesso Roberto Casaleggio aveva preconizzato la fine dei parlamenti in favore della consultazione permanente in rete. Ma sono proprio i parlamentari grillini che proseguono per tutta la giornata con gli ambasciatori del Pd il lavoro per le ultime limature al programma e alla lista dei ministri a rassicurare gli alleati: «Dal voto on line non ci saranno sorprese». Si capisce presto che le parole di Morra non sono un esercizio di stile. Con ogni probabilità, e per la prima volta in modo massiccio, gli oltre trecento deputati e senatori hanno mosso i territori, invitato gli iscritti ad esprimersi, costruito una cinghia di trasmissione che dai loro seggi è arrivata sulla piattaforma Rousseau e trainato il plebiscito per Giuseppe Conte.

IL «CAPO POLITICO» Di Maio, che ha rifiutato anche ieri di dire come avrebbe votato, fa buon visto e annuncia i risultati e il governo nascituro. «I venti punti sui quali ho alzato la voce dando fastidio a qualcuno sono entrati tutti nel programma di governo» dice, rivendicando il suo ruolo di pungolo del presidente incaricato e degli alleati. Di Maio, che sarebbe dato al ministero degli esteri, smentisce che ci sia stata tensione con Beppe Grillo sulla poltrona di vicepremier e chiude la porta ad alleanze col Pd in vista delle regionali d’autunno: «Corriamo solo assieme a liste civiche», avverte. Casaleggio, l’altro uomo al vertice che si considerava fino a pochi giorni fa quantomeno tiepido sulla nuova maggioranza, lascia che sia Di Maio a parlare per primo, dalla camera. Quando il figlio del co-fondatore scende dalla sala macchine milanese si gusta il protagonismo di un giorno: «Mattarella? Non l’abbiamo informato noi. Probabilmente ha letto i risultati della votazione sul blog»

Sorgente: Movimento 5 Stelle| E Rousseau si riprende la scena

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