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Lo studio della fondazione Leone Moressa: in Europa è boom di migranti economici, utili a imprese e famiglie. L’Italia, persa dietro la finta emergenza sbarchi, è il fanalino di coda: persino l’Ungheria di Orban ne ha accolti di più

di VLADIMIRO POLCHI

Frontiere chiuse, ma non per tutti. In Europa aumentano i lavoratori stranieri regolari. Soprattutto tra i “duri” di Visegrad, ossia i Paesi che più alzano la voce contro i migranti, Polonia e Ungheria in testa. E da noi? Persi dietro l’emergenza sbarchi, che emergenza non è più da tempo, abbiamo chiuso le porte a migliaia di lavoratori regolari, funzionali alla nostra economia. Dai 350mila permessi di lavoro concessi nel 2010, siamo crollati a meno di 14mila l’anno scorso: oggi siamo gli ultimi in Europa.

A fotografare i Paesi Ue che più attraggono manodopera straniera è uno studio della fondazione Leone Moressa. Si comincia dall’Italia: nel nostro Paese lo scorso anno i permessi di soggiorno rilasciati sono stati 239mila. Fino al 2010 i nuovi permessi erano oltre 500mila all’anno, per poi subire un drastico calo a partire dal 2011 con la riduzione della portata dei decreti flussi. Ma la notizia è un’altra: gran parte degli attuali permessi sono per ricongiungimento familiare o richiedenti asilo. Si assiste infatti al crollo dei permessi per motivi di lavoro: erano oltre 350mila nel 2010, si sono fermati a 13.877 nel 2018. Non solo.

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Tra i 13.877 permessi dell’ultimo anno, ben il 40,5% è costituito da lavoratori stagionali, mentre solo il 10,6% è dato da lavoratori altamente qualificati. Insomma l’Italia, occupata a fare la “guerra” alle Ong del Mediterraneo, ha voltato le spalle ai flussi di lavoratori stranieri regolari. E il resto d’Europa? Al di là dei proclami, pare pensarla diversamente: “Gli altri Paesi europei, compreso il gruppo di Visegrad – scrivono i ricercatori della Moressa –  continuano a far entrare migranti economici, evidentemente funzionali allo sviluppo dell’economia locale”. I numeri sono lì a dimostrarlo.

Nel 2018 in Europa sono stati rilasciati complessivamente 3,2 milioni di permessi di soggiorno: record in Polonia, con 683mila, seguita da Germania (544mila) e Regno Unito (451mila).  E ad aumentare sono proprio i permessi per lavoro: mezzo milione in più rispetto a dieci anni fa. A differenza dell’Italia, dunque, gran parte del Vecchio continente continua ad attirare manodopera extracomunitaria: in Polonia, per esempio, i permessi per lavoro sono passati da 87mila nel 2010 a quasi 600mila nel 2018.

Anche l’Ungheria del muro anti-immigrati di Orban lo scorso anno ha concesso 31mila permessi per lavoratori stranieri: 26mila in più di dieci anni prima. E tra i grandi, Germania e Francia hanno aperto ancor più le loro porte al lavoro degli immigrati. Non è tutto. L’anomalia italiana appare ancora più chiara rapportando il numero di permessi di lavoro alla popolazione residente. Il nostro Paese, infatti, registra il tasso più basso di tutta l’Ue: i 13.877 permessi del 2018 equivalgono ad appena 0,23 ingressi ogni mille abitanti, contro una media Ue di 2,24. Dal lato opposto, Malta ha rilasciato 21,40 permessi ogni mille abitanti. In doppia cifra anche Polonia (15,72), Cipro (11,31) e Slovenia (10,17).

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“Negli ultimi anni l’immigrazione è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico – conclude lo studio della Moressa – in realtà oggi in Italia arrivano molti meno immigrati rispetto a 10 anni fa, quando i permessi per motivi di lavoro superavano quota 350mila.

Gli altri Paesi europei, invece, sono molto più attivi per quanto riguarda gli ingressi per motivi di lavoro. La Polonia ne ha rilasciati quasi 600mila, il Regno Unito 108mila, la Germania 68mila. L’Italia, appunto, meno di 14mila. Rispetto alla popolazione residente, registriamo il tasso più basso di tutta l’Ue. Una chiusura difficilmente compatibile con uno scenario di crescita economica”.

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Sorgente: Immigrazione, così l’Italia di Salvini lascia i lavoratori stranieri regolari agli altri paesi – Repubblica.it

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