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Il consigliere giuridico di Mattarella reagisce alle frasi delle intercettazioni: calunnie gravi

Fiorenza Sarzanini

Qualcuno avvisò il magistrato Luca Palamara che nel suo telefono c’era un trojan. È proprio lui a parlarne in una conversazione intercettata con il parlamentare del Pd Cosimo Ferri che dice di averlo saputo da alcuni componenti del Csm, a loro volta, sostengono, informati dal consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani. Non è l’unica volta in cui il Colle viene citato nei colloqui finiti agli atti dell’inchiesta di Perugia. Luca Lotti — anche lui deputato del Pd, imputato a Roma per la vicenda Consip — racconta a Palamara di essere stato ricevuto al Quirinale proprio per discutere della sua vicenda giudiziaria. E di poterci tornare «quando voglio».

«Mai intervenuti»

La smentita che arriva dal Colle è netta: «Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha mai parlato di nomine di magistrati né è mai intervenuto per esse. La presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e dal Colle non sono uscite informazioni al riguardo. Gli interventi messi in atto sono stati di carattere generale, per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole preposte alle funzioni del Csm. Per quanto riguarda invece Luca Lotti, l’ultimo incontro risale al 6 agosto 2018 quando è cessato dalla carica di ministro».

«Calunnie gravi»

La vicenda del trojan emerge nell’interrogatorio di Palamara del 31 maggio scorso, il giorno dopo la perquisizione nel suo ufficio e nel suo appartamento. «A Roma girava voce che fossi intercettato, ma io non ho niente da nascondere», dichiara. I pm chiedono chiarimenti e lui aggiunge: «Se ne parlava alle cene». A quel punto gli viene contestata la conversazione con Ferri e lui esclama: «Allora già sapete di Erbani». Adesso si cercherà di scoprire chi tra i consiglieri del Csm possa aver raccontato a Ferri che Erbani sapeva del trojan, ma intanto il diretto interessato reagisce seccamente: «Chi ha fatto il mio nome in questa vicenda risponderà di calunnia. Si tratta di una circostanza falsa, si colpisce me per colpire il presidente. Tutte le informazioni che ho avuto su questa vicenda le ho avute quando erano di pubblico dominio, evidentemente da parte di queste persone c’è un risentimento nei miei confronti e per questo cercano di coinvolgermi in una vicenda alla quale sono totalmente estraneo».

«Non farla fissare»

L’indagine delegata alla Guardia di Finanza riguarda centinaia di colloqui intercettati per «pilotare» le nomine dei procuratori di Roma, Perugia e altre grandi città; le manovre che proprio Palamara avrebbe messo in atto per bloccare l’arrivo nella Capitale di Francesco Lo Voi, ritenuto «in continuità» con il predecessore Giuseppe Pignatone. Ma adesso si concentra pure su quanto è stato sequestrato durante le perquisizioni compiute il 30 maggio scorso. Nell’appartamento del magistrato sono stati infatti trovati alcuni fascicoli processuali che non erano a lui assegnati e anche un biglietto con elencati alcuni numeri di procedimento e un’annotazione: «Non farla fissare». Il riferimento è all’udienza di un processo che doveva essere celebrato in appello e questo ha fatto nascere il sospetto che Palamara abbia influito sui suoi colleghi proprio per orientare le loro scelte in merito alle indagini e all’esito dei dibattimenti. «Non avevo questo potere, mi limitavo a ricevere documenti da persone che conoscevo ma poi non facevo nulla», si è difeso durante l’interrogatorio come confermano i suoi avvocati Mariano e Benedetto Buratti. Ma per verificarlo i pm di Perugia hanno già disposto il controllo su tutti i fascicoli ritrovati nella sua casa.

Sorgente: Palamara conservava fascicoli a casa Il Colle: mai intervenuti sulle nomine – Corriere.it

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