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Il premier vede i vice e poi sale al Colle. Due ipotesi: voto a settembre o nel 2020

Roma, 30 maggio 2019 – Giuseppe Conte ha avuto una giornata intensa, ieri. Prima un faccia a faccia con Matteo Salvini, poi con Di Maio (senza che, ovviamente, i due si incrocino, non è il caso, almeno non ancora), poi la salita al Colle. Preso o ritrovato il coraggio, al leader della Lega il premier chiede, in modo forse anche un po’ brutale, “ma tu vuoi andare a votare?”. La risposta del segretario leghista è stata secca: “Non voglio strappare, ma il voto delle Europee va rispettato”. Tra Conte e Salvini le ore di colloquio diventano ben due. Poi, uscito Salvini, ecco che entra Di Maio. Stanco e avvilito, oggi il leader pentastellato si aspetta, come dicono tutte le previsioni, la riconferma della sua leadership: un modo per blindarlo, dicono i suoi, e tirare a campare che, diceva Andreotti, “è sempre meglio che tirare le cuoia”. Il premier, esaurite le consultazioni con i gemelli diversi, ormai cani e gatti, fa sapere che “gli incontri sono serviti a operare una ricognizione delle misure utili a rilanciare l’azione di governo” e a ricordar loro “il premier sono io”.

Messaggio in bottiglia indirizzato soprattutto a Salvini, come se questi non avesse già dettato la sua, di ‘agenda’, e zeppa di misure (flat tax, Autonomie, sicurezza, giustizia) che costano tanti di quei soldi che Tria – il quale in serata vede Conte per preparare la risposta alla lettera della Ue – difficilmente potrebbe approvare, senza smentire se stesso. Salvini, però, garantisce che con Conte “c’è piena sintonia sulle tante cose da fare, ma deve farle presto e bene”. Anche nella riunione con i parlamentari della Lega avrebbe invitato i suoi alla calma, anche se i suoi colonnelli sibilano che “entro giugno rompiamo, si va a votare a settembre”. “Il governo del cambiamento deve ancora completare buona parte del suo programma” è, in ogni caso, il responso del premier che, così rinfrancato, sale al Quirinale. A Mattarella, dopo aver riferito del vertice dei Capi di Stato Ue, fa però il punto onesto di una situazione complicata. Mattarella chiede lumi, ma più di tanto il premier non può fornirli.

“È un premier congelato“, filtra dal Colle, e si fa capire che la decisione finale – se andare al voto oppure no – non sarà del Capo dello Stato, ma di Salvini e Di Maio. L’incontro viene definito “interlocutorio” e dal Quirinale ci si limita all’ovvietà (“è preoccupato”), ma è così davvero, soprattutto in vista della manovra economica d’autunno. Chi la farà e come, si chiede il Colle. Il sottotesto è questo: io non mi intrometto, è il premier e la coalizione di governo che devono decidere se possono e vogliono andare avanti, non sono io che decido. Ma una cosa è certa: spazi per governi tecnici, in questo Parlamento, non ce ne sono e la tenuta dei conti pubblici dell’Italia, come pure i risparmi degli italiani, a rischio spread, vanno salvaguardati sempre. Quindi, è la logica conclusione, o si vota prima che inizi la discussione della Legge di Stabilità dentro le Camere (le date che circolano sono tre: 15, 22 o 29 i settembre, con una netta preferenza per la prima, per mettere in sicurezza, subito dopo, la manovra), oppure si vota dopo la sua approvazione in Parlamento. Il che vuol dire, di fatto, scavallare il 2019 e andare al 2020.

Certo, Conte si mostra “moderatamente ottimista”, almeno così fa trapelare, sulla possibilità che l’azione di governo possa proseguire. Il premier fa capire che se, come crede e spera, potrà andare avanti e su diversi punti programmatici. Ma Salvini, in serata, scrive, in diretta Facebook, che vuole un rimpasto: la Lega ambisce a TrasportiDifesa e Ambiente, in particolare, mentre l’M5S vorrebbe dargli la patata bollente dell’Economia, ‘sacrificando’ il povero Tria. Conte è double face: all’esterno è versione “decido io se andare avanti”, ma davanti a Mattarella è più remissivo. Un premier ‘congelato’, appunto, in attesa di scelte altrui.

 

Sorgente: Venti di crisi sul governo, Conte congelato – Politica – quotidiano.net

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