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Elena Maffei, vive e lavora a Bruxelles,  una figlia. Sulla busta della tessera elettorale ha trovato una brutta sorpresa

“Cara Concita, ti racconto una storia relativa ai cognomi delle donne e degli uomini, evidentemente c’è differenza, e alle tessere elettorali. Mi presento. Ho 30 anni, vivo a Bruxelles. Sono piemontese, nata e cresciuta in provincia di Cuneo, mi sono laureata in Relazione internazionale. Lavoro in una multinazionale globale: mi occupo di comunicazione interna, pianificazione e strategia. Sono entrata in azienda come stagista, seguendo un programma dell’università, poi mi hanno assunta nel 2013. Dal 2017 vivo a Bruxelles. Sono sposata, ho una figlia di due anni”.

“La vicenda per cui ti scrivo sta scaldando molti animi tra la comunità delle italiane a Bruxelles, ma credo che stia succedendo anche in altre comunità italiane all’estero. Qualche giorno fa sono state recapitate le tessere elettorali per poterci permettere di votare alle elezioni europee. Quello che ha sorpreso me e molte donne sposate è che a tutte, indipendentemente se avessimo scelto di aggiungere il cognome del marito o meno, è arrivata la lettera con il nostro nome cognome e la dicitura ‘in’ con il cognome del marito. Ciò è anche capitato a coloro che sono vedove o addirittura divorziate”.

“Leggendo tra i commenti del gruppo della comunità italiana a Bruxelles si scopre che questa decisione del ministero dell’Interno, sia stata presa per facilitare il lavoro ai postini (qualcuno al ministero crede che le donne spostate non mettano il proprio nome sulla porta. Forse è questa la deprimente spiegazione…) in quanto è puramente una informazione anagrafica in loro possesso”.

“Peccato che molte di noi si siano sentite private di una scelta molto personale e presa con cognizione (io ad esempio) dal momento che il matrimonio è una unione basata sulla parità che non contempla ‘l’appartenenza’ al marito, pensiero che trovo tra l’altro piuttosto medioevale. Non so se tutte si siano sentite come me private di una scelta (ho firmato l’atto di matrimonio dichiarando di non voler aggiungere al mio il cognome del marito, che non ho mai usato né nella dimensione privata né in quella lavorativa: ho già un cognome, il mio) e di un diritto. Perché io ad essere trattata come negli anni ’60 non ci sto. Sono sposata, sì. Ma ho il mio cognome e ci tengo a non essere ‘in’ nessun altro”.

Sorgente: Invece concita, il posto delle vostre storie – Il cognome “da sposata”

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