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L’anno prossimo, a causa della bassa crescita e degli oneri per interessi, il debito/Pil crescerà di un altro mezzo punto, al 132,8% (tendenziale). Dopo l’aumento dello 0,8% registrato tra il 2017 e il 2018 da Bankitalia e Istat, il 2020 si candida così a diventare il terzo anno consecutivo di mancata riduzione dell’aggregato di finanza pubblica più sensibile, quello cui guardano con preoccupazione i mercati. Se il primo Def approvato dal governo gialloverde doveva essere una “operazione verita” su economia e conti, è giusto partire dalla verità più amara. Si tratta si un livello non lontano dal top raggiunto tra il 2012 e il 2013, quando eravamo nel pieno della seconda recessione e il Pil era in picchiata. Con un macigno così pesante l’economia nazionale crescerebbe dello 0,1-0,2%, mentre il deficit/Pil risalirebbe al 2,4% con gli aumenti dell’Iva programmati.

GUARDA IL VIDEO – Def: crolla la crescita, arriva la promessa della flat tax ai ceti medi

PER SAPERNE DI PIÙ / LA BOZZA DEL DEF

Ieri si è parlato molto di flat tax ma un interveto strutturale sull’Irpef – ammesso che arrivi davvero in autunno – è con questi numeri che dovrà misurarsi. È partendo da qui, e sempre sperando che i mercati abbiamo già scontato nei tassi attuali questa difficile prospettiva, che si dovrà ripartire per spiegare tramite quali canali di trasmissione qualsiasi taglio fiscale possa davvero tradursi in maggiore crescita reale. I consumi? Gli investimenti?

La Flat tax già in vigore e quella proposta dalla Lega ANSA/CENTIMETRI

PER SAPERNE DI PIÙ / IL COMUNICATO DEL GOVERNO

Quando il debito è così elevato il rischio che si corre è che tutti i canali risultino ostruiti per misure di politica economica che si vorrebbero espansive. Mentre non si può escludere che, strada facendo, si determinino ulteriori e maggiori oneri per interesse capaci di spingere i livelli del debito anche oltre le stime di ieri. Uno scenario complesso, insomma, che si prospetta dopo una manovra approvata appena quattro mesi fa e che, vale ricordarlo, solo per reddito di cittadinanza e “quota 100” ha attivato una maggiore spesa corrente per 38 miliardi nel triennio in corso, praticamente tutti i deficit.

Sorgente: ilsole24ore.it

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