Primo incontro tra chi si è offerto di ospitare rifugiati e associazioni come Caritas, Sant’ Egidio e Refugees Welcome. Molti giovani, non solo residenti nel I municipio che ha lanciato l’iniziativa
di LAURA BARBUSCIA
Si è seduta per la prima volta intorno a un tavolo la Roma solidale che apre le porte di casa propria per ospitare per un periodo di tempo rifugiati, richiedenti asilo e titolari di permessi umanitari. Partecipa alla campagna “Aiutiamoli a casa nostra”, lanciata a fine gennaio dal primo municipio di Roma, in collaborazione con la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio, il Consiglio italiano per i rifugiati e Refugees Welcome.Si è tenuto il primo incontro tra i nuclei familiari e le quattro associazioni che gestiscono il progetto che mette in rete tutte le famiglie che hanno aperto le porte di casa propria. Sono una sessantina i volontari che hanno aderito all’iniziativa. Tante le famiglie composte da giovani. Molti di loro sono residenti del I municipio ma altri vivono in differenti zone della città. Alla conferenza, che si è svolta mercoledì 13 febbraio alle 18, nella sede del I municipio, in via della Greca, si sono presentati i primi 30 gruppi familiari e sabato 16 febbraio sarà il turno degli altri.PUBBLICITÀinRead invented by TeadsPresente, tra gli altri, la presidente Sabrina Alfonsi. Le associazioni hanno potuto spiegare i dettagli dei progetti e di come si svolgerà l’accoglienza. Il primo passo consiste in un colloquio telefonico. Segue la visita a casa e l’indicazione della proposta.”Non lasceremo mai sole le famiglie che hanno aderito – ha spiegato Fabiana Musicco, portavoce di Refugees Welcome – Durante la convivenza, infatti, affiancheremo il progetto di accoglienza che potrà durare per un periodo di 6 mesi”.Condividi Tra i volontari che hanno aderito all’iniziativa, ad esempio, c’è Francesco, pensionato di 67 anni, che ha messo a disposizione il suo villino di Montefiascone con 2 camere, 2 bagni e un giardino, ed è pronto ad accogliere rifugiati e senzatetto fino a un massimo di 4 persone. Oppure Serena Pontani, assistente sociale di 40 anni: “Ho un’abitazione di 60 metri quadrati – racconta – e offro un divano letto che può ospitare una, due persone”.C’è anche Paola Pesaresi, originaria di Rimini, che vive a Roma da 13 anni: “Metto a disposizione il mio tempo per impartire lezioni di italiano e dare sostegno alimentare ai più bisognosi”. E poi ancora, Cristiana, psicoterapeuta dell’età evolutiva, e Francesca, la gemella. Entrambe romane di 46 anni, hanno deciso di partecipare al progetto per sostegno psicologico ed emotivo. Tra i volontari c’è anche chi ha già aperto le porte di casa propria a persone in difficoltà o a rifugiati politici, e ora vuole continuare a farlo mettendo a disposizione la cameretta della figlia, che “da due anni è emigrata in Svizzera e la sua stanza è libera”.”Siamo molto soddisfatti della risposta delle famiglie – ha commentato Alfonsi – in sole due settimane, da quando abbiamo lanciato questo appello per mettere a disposizione le case per i rifugiati o gli immigrati usciti dagli Sprar, 60 persone si sono dette pronte ad accogliere, e questo può fare davvero la differenza. Inoltre abbiamo ricevuto altre 20 mail di persone che non possono ospitare ma che si sono dette disponibili a fare altro come fornire cibo e vestiti”.”Abbiamo lanciato questa campagna perché ritenevamo importante dare un segnale di accoglienza e disponibilità – ha aggiunto Emiliano Monteverde, assessore alle politiche sociali del I municipio- in questo primo incontro le associazioni hanno spiegato alle famiglie le modalità del progetto e raccontato le esperienze passate in modo tale che le famiglie possano avere una maggiore conoscenza del progetto per poter riconfermare la loro disponibilità”.
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