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Il Wall Street Journal ha raccontato come un piccolo pezzo dell’opposizione venezuelana abbia deciso e organizzato l’autoproclamazione a presidente di Juan Guaidó

Lo scorso 23 gennaio Juan Guaidó si è autoproclamato presidente ad interim del Venezuela ma fino a poco tempo fa, e prima che venisse eletto presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana, era un personaggio praticamente sconosciuto. Il Wall Street Journal ha raccontato come tutto questo sia potuto avvenire: grazie o per colpa di un piccolo gruppo di leader dell’opposizione venezuelana, che hanno agito seguendo un piano frettoloso e quasi segreto.

Quando Juan Guaidó si è dichiarato presidente, ha parlato davanti a una folla di 100 mila persone durante una grande manifestazione a Caracas organizzata per protestare contro il regime del presidente Nicolàs Maduro. Alcuni esponenti dell’opposizione però, scrive il Wall Street Journal, non avevano idea di quello che sarebbe successo quel giorno: pensavano che sarebbe stata una protesta e basta. Nel momento in cui Guaidó si è autoproclamato presidente ad interim, su una chat di WhatsApp a cui partecipano vari politici dell’opposizione, racconta sempre il Wall Street Journal, qualcuno avrebbe scritto: «Che diavolo sta succedendo? Come mai non lo sapevamo?».

Il piano dell’autoproclamazione è stato in gran parte ideato da quattro leader dell’opposizione, sostiene il Wall Street Journal: due in esilio, uno agli arresti domiciliari e uno con il divieto di lasciare il paese. Il gruppo si era riunito solo nelle ultime settimane, proprio mentre il 10 gennaio, dopo le elezioni presidenziali ampiamente considerate come una farsa, Maduro si preparava a iniziare il suo secondo mandato da presidente. Il 23 gennaio, dopo il discorso di Guaidó, Maduro ha parlato di un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti per rovesciare il suo governo (il primo a riconoscere Guaidó come presidente ad interim è stato Donald Trump, seguito poi da gran parte della comunità internazionale). Ma l’azione «ha portato comunque i suoi frutti», dice il Wall Street Journal. La folla ha reagito in modo positivo e nei giorni successivi un paese dopo l’altro ha riconosciuto e sostenuto Guaidò come presidente ad interim, invitandolo a portare il paese a elezioni libere.

I leader dell’opposizione che hanno partecipato alla decisione dell’autoproclamazione ritenevano che fosse fondamentale agire rapidamente, senza attendere di trovare un consenso più ampio. «Quello era il momento giusto per farlo», ha detto Maria Corina Machado, una delle quattro persone che hanno deciso questa strategia. E il momento era simbolicamente perfetto. Il giuramento si è svolto infatti in una giornata importante per il Venezuela: il 23 gennaio era l’anniversario della rivolta popolare che nel 1958 rovesciò la giunta militare guidata dal dittatore Marcos Pérez Jiménez.

Lo stesso Guaidó avrebbe preso la decisione il giorno prima di dichiararsi presidente, hanno spiegato i suoi assistenti. Alcuni politici – inclusi quelli del Partito d’Azione Democratica, il più grande partito di opposizione – non sapevano nulla del piano: «Non volevamo che rovinassero tutto», ha detto un leader dell’opposizione che sapeva della strategia, con una fuga di notizie o prolungando le discussioni. Quella sera, dopo che la mossa di Guaidó aveva generato un ampio e crescente sostegno nazionale e internazionale, i politici dell’opposizione di ogni tipo lo hanno appoggiato pubblicamente.

Guaidó è molto popolare e nel frattempo ha nominato i rappresentanti di quello che è, di fatto, un governo parallelo, e sta cercando di portare aiuti umanitari dalla Colombia. Il governo, nel frattempo, sembra invece sotto assedio: ci sono sacchi di sabbia e soldati armati di mitragliatrici che circondano il palazzo presidenziale di Maduro, che compare sempre scortato da militari. Non è chiaro però cosa succederà ora, né quanto e come Maduro deciderà di resistere. Un leader dell’opposizione ha spiegato al Wall Street Journal che è necessario non dare per scontato che «tutto finirà presto»: «Abbiamo commesso molti errori nelle nostre strategie, pensando che il governo sarebbe stato estromesso in un giorno. Chiunque basi la propria politica su questo, fallirà».

Sorgente: «Che diavolo sta succedendo?» – Il Post

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