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Un gruppo di ricercatori sta testando la resistenza dei batteri nel tempo, ma avrà le risposte che cerca solo tra 500 anni

C’è un esperimento in corso all’Università di Edimburgo, in Scozia, ma nessuno degli esseri umani a oggi viventi sulla Terra potrà mai conoscerne l’esito, salvo improbabili e formidabili progressi nelle ricerche sulla longevità. Il test, che serve per testare la durata e la resistenza dei batteri, si concluderà tra circa 500 anni, quando le civiltà e il mondo stesso saranno molto diversi da come li conosciamo oggi. Nonostante il lunghissimo termine, i ricercatori che lo hanno avviato cinque anni fa confidano che l’esperimento possa essere portato a termine nel 2514, aiutandoci a capire qualcosa in più sui batteri, tra gli esseri viventi più diffusi del pianeta.

L’idea è venuta a Charles Cockell dell’Università di Edimburgo attraverso una collaborazione con altri centri di ricerca in Germania e negli Stati Uniti. Insieme ai suoi colleghi, Cockell ha inserito in 800 fiale di vetro dei batteri essiccati appartenenti al genere Chroococcidiopsis e alla specie Bacillus subtilis: i primi sono tra i batteri più antichi che conosciamo e in grado di resistere in condizioni ambientali estreme, mentre i secondi sono comunemente presenti nel suolo. Tutte le 800 fiale sono state chiuse ermeticamente: metà sono conservate all’interno di contenitori piombati per evitare interferenze dovute a eventuali radiazioni, mentre le restanti 400 non hanno protezioni e sono utilizzate come controllo. Per ulteriore sicurezza, i ricercatori hanno approntato un set di fiale di riserva, conservato presso il Museo di Storia Naturale di Londra.

L’esperimento multisecolare prevede che per i primi 24 anni i ricercatori conducano test e verifiche biennali su alcuni campioni contenuti nelle fiale. Al termine di questa prima fase, i test diventeranno meno frequenti con un intervallo di 25 anni tra una prova e l’altra. I ricercatori dovranno aprire alcune fiale, aggiungere acqua e controllare che i batteri si riattivino e tornino a proliferare, producendo una nuova colonia. In questo modo, tra 500 anni sarà possibile verificare la capacità dei batteri di tornare vitali dopo secoli.

Per stessa ammissione di Cockell, molte cose potrebbero andare storte in un periodo così lungo di tempo. La sfida più grande sarà riuscire a tramandare le istruzioni su come debba essere svolto l’esperimento, in modo da essere comprensibili anche ai ricercatori di un futuro piuttosto remoto. Per ora le istruzioni sono state salvate su una penna USB e stampate su carta, soluzioni insoddisfacenti per conservare a lungo le informazioni. I ricercatori hanno valutato l’opzione di farle scolpire su una lastra di pietra o di metallo, ma anche questa soluzione non darebbe garanzie sufficienti. Inoltre, una civiltà che tra 500 anni trovasse le iscrizioni potrebbe faticare a comprenderle, rovinando l’esperimento. Ma forse Cockell e colleghi hanno trovato il modo di superare il problema.

Visto che ogni 25 anni devono essere eseguiti test di controllo, i ricercatori hanno aggiunto nelle istruzioni alcune richieste per i loro colleghi del futuro. Chiunque se ne occuperà ogni quarto di secolo dovrà riscrivere e aggiornare le istruzioni, salvandole con i formati digitali e i mezzi fisici più utilizzati nella sua epoca. L’aggiornamento dovrà riguardare anche la lingua, in modo da ridurre il rischio che tra 500 anni nessuno riesca a capire quali fossero gli obiettivi della sperimentazione.

L’idea di mettere alla prova la durata dei batteri per così tanto tempo è venuta alcuni anni fa a Cockell, per puro caso. Un giorno si accorse di avere dimenticato per almeno 10 anni un vetrino da laboratorio con batteri di Chroococcidiopsis e provò a renderli nuovamente vitali. Funzionò, confermando altre ricerche condotte in passato su batteri ancora più antichi, riportati in vita dai ricercatori. Il nuovo esperimento potrebbe aiutarci a comprendere meglio come facciano alcune specie a essere così longeve, e a conservare il loro DNA per periodi di tempo enormemente superiori rispetto a quanto riesca a fare il nostro organismo.

Come ricorda Sarah Zhang sull’Atlantic, l’esperimento di Cockell è colleghi non è l’unico di lunghissima durata nella storia della ricerca scientifica. Il caso più noto è forse quello del fisico australiano Thomas Parnell, che nel 1927 inserì del catrame in un imbuto per testarne la viscosità, misurando quanto tempo impiegasse il materiale per cadere in un recipiente sottostante. Parnell morì senza una risposta: l’esperimento è ancora in corso oggi, la goccia più recente si è staccata dall’imbuto nel 2014.

Presso la Michigan State University (Stati Uniti) è in corso un altro esperimento sui batteri che potrebbe durare secoli. Dal 1988, il ricercatore Richard Lenski sta studiando come i batteri di Escherichia coli mutano ed evolvono di generazione in generazione. Anno dopo anno, e complice la rapida capacità di riproduzione di questi batteri, l’esperimento è arrivato alla generazione 70.500. Lenski in realtà voleva chiudere il test dopo qualche anno, ma ha raccontato di avere proseguito dopo essere stato sollecitato da molti colleghi a farlo, per non perdere informazioni che si sarebbero potute rivelare preziose per gli studi sulla longevità.

Quotidianamente, nel laboratorio di Lenski le colonie di E. coli vengono trasferite in una nuova ampolla, fatta con lo stesso vetro e lo stesso terreno di coltura utilizzati dal 1988. In 30 anni i sistemi di analisi e studio sono cambiati enormemente, con grandi progressi che hanno permesso di studiare più approfonditamente il DNA della colonia e le sue mutazioni. I ricercatori sono per esempio in grado di notare nuove caratteristiche dei batteri coltivati, risalendo poi alla generazione che ha portato al cambiamento.

Cockell confida che qualcosa di analogo possa avvenire con il suo esperimento. Idealmente la scienza non ha confini, nello spazio e nel tempo, ma non possiamo prevedere come sarà fatto il mondo tra 500 anni e se i nostri discendenti saranno ancora qui, interessati a capire la storia di quelle 800 fiale di vetro con il loro strano contenuto di batteri venuti dal passato.

Sorgente: Nessuno di noi scoprirà la fine di questo esperimento – Il Post

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