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Presidio per Anan Yaeesh, davanti alla Prefettura, con i Giovani Palestinesi Sassari, con l’Assemblea Studentesca per la Palestina e con il Fronte Della Gioventù Comunista – Sassari.
IN PALESTINA, IL GENOCIDIO. IN ITALIA, LE DEPORTAZIONI.
Poche settimane fa, le autorità italiane a seguito di una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità israeliane hanno arrestato Anan Yaeesh, attualmente detenuto nel carcere di Terni.
Anan Yaeesh, 37 anni, è un palestinese originario della città di Tulkarem, in Cisgiordania.
Da adolescente e da giovanissimo ha condotto la propria attività politica all’interno del contesto della Seconda Intifada. Ha scontato oltre 4 anni nelle carceri dell’occupazione e subìto, a 19 anni, un agguato delle forze speciali israeliane nel 2006, durante il quale ha riportato gravi ferite per i colpi a lui inferti.
Anan lascia la Palestina nel 2013, diretto verso l’Europa. Si reca inizialmente in Norvegia dove viene sottoposto a complicati interventi chirurgici per rimuovere i proiettili rimasti nel suo corpo per anni.
Nel 2017 raggiunge l’Italia, dove si stabilisce e dove nel 2019 ottiene un regolare titolo di soggiorno e la protezione speciale dell’Italia per i suoi trascorsi da prigioniero politico in Palestina.
Viene arrestato il 29 gennaio a seguito di un mandato di cattura italo-israeliano. La sua cattura ha luogo a seguito del consenso da parte del governo italiano all’estradizione, sulla base delle indicazioni specifiche del Ministro della Giustizia italiano, Carlo Nordio.
La Corte d’Appello dell’Aquila ha fissato una camera di consiglio il prossimo 12 marzo in cui si discuteranno le istanze presentate dai legali di Anan – Flavio Rossi Albertini e Stefania Calvanese – per chiedere la revoca della detenzione. Ma sappiamo molto bene che già prima di quel giorno potrebbe essere decisa la sorte di Anan per precisa volontà politica in nome dell’alleanza tra l’Italia e Israele.
La decisione di procedere con l’estradizione è di enorme gravità.
Alla gravità del fatto che sia presa in considerazione l’estradizione di un cittadino palestinese alle autorità israeliane (sulla base di ipotetiche azioni di resistenza, svolte nei territori occupati, tutelate quindi dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra che esplicita il diritto alla lotta armata per i popoli occupati), si aggiungono anche una serie di considerazioni dettate dall’attuale situazione politica.
In primis, l’Italia consegnerebbe un palestinese alle autorità israeliane, le quali lo processerebbero in un tribunale militare.
Aggiungiamo inoltre che molteplici sono stati i rapporti di organizzazioni e associazioni internazionali per i diritti umani – tra cui il consiglio ONU per i diritti umani – che riportano e denunciano le inumane condizioni di detenzione e tortura nelle carceri israeliane.
In caso di estradizione, il destino di Anan sarà quello di essere condotto davanti a una corte militare e sottoposto a trattamenti disumani, condizioni detentive impensabili, che hanno già causato dal 7 ottobre la morte di nove prigionieri politici palestinesi, uccisi nelle carceri israeliane dalla tortura, della privazione del cibo e del sonno e dalla negligenza sanitaria. Ai quali vanno aggiunti centinaia di internati massacrati in questi mesi nelle nuove Guantanamo allestite a Gaza.
Ricordiamo ai magistrati e ai giornalisti italiani che la Cisgiordania è un territorio illegittimamente occupato. Secondo la logica che adottano, sarebbero «terroristi» anche i partigiani che hanno liberato il territorio dello stato italiano dai nazisti, fondato la loro Repubblica e scritto la loro costituzione.
Ricordiamo che Israele reclude da sempre centinaia di bambini nei propri penitenziari per sottolineare che non è uno stato di diritto, ma uno stato d’occupazione coloniale, d’apartheid e genocidario.
Con ogni probabilità poi, gli elementi su cui sono state formalizzate accuse ad Anan Yaeesh sono il frutto di oramai noti metodi d’investigazione e interrogatori considerati illegali in Italia e compatibili con la definizione di tortura.
«In questo momento – asserisce l’avvocato Fausto Gianelli dei Giuristi Democratici – mandare un palestinese in quelle carceri significa esporlo a sicura violenza. Il ministro non avrebbe mai dovuto dare corso alla procedura. Dal punto di vista legale Yaeesh non è estradabile».
Noi riteniamo che questo episodio rischi di rappresentare un pericoloso precedente volto a sdoganare l’estradizione e la consegna di palestinesi in Italia e nell’Unione Europea dietro richiesta di Israele. Un precedente che potrebbe portare alla “deportazione” nelle galere israeliane su ordine di Netanyahu di qualunque compagna e compagno palestinese che in Italia porti avanti la lotta per la liberazione totale della Palestina.
La volontà del ministro della giustizia di consegnare Anan a uno stato d’occupazione coloniale che ha ucciso 31 mila civili in cinque mesi è l’ennesima prova del ruolo attivo e della complicità del governo Meloni nel genocidio in corso a Gaza e in Cisgiordania.
Non accetteremo MAI che la Sardegna e il territorio dello stato italiano diventino un luogo dove possa essere consentita la deportazione delle compagne e compagni palestinesi nei centri di detenzione e sterminio sionisti.
Lo ripetiamo ancora una volta: non lo accetteremo MAI.

Sorgente: Sabato 9 marzo, Sassari. Presidio per Anan… – Filippo Kalomenìdis | Facebook

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