0 7 minuti 1 mese

“Consiglieri bellici” che lavorano nell’ombra senza un mandato formale dell’Alleanza, che ora però potrebbe decidere di cambiare le regole per rafforzare le difese di Kiev in difficoltà

di Gianluca Di Feo

Li chiamano genericamente “volontari” e sono tutti stranieri. Ma la differenza c’è e si vede quando vanno in azione. Alcuni sono soldati improvvisati, più o meno giovani, arrivati in Ucraina a centinaia da ogni continente per difendere la libertà o cercare gloria. Altri invece sono mastini della guerra, freddi e decisi anche sotto le bombe, che sparano ripetendo gesti collaudati, spesso attivi in squadra con loro connazionali europei o nord-americani.

 

 

Che ci siano militari dei Paesi Nato al fianco dell’esercito di Kiev ormai non lo nega più nessuno. I primi a farsi notare sono stati i britannici, sottufficiali che nell’ora più buia dell’assalto a Kiev hanno guidato il contrattacco per liberare l’aeroporto di Hostomel dai parà russi. Il mistero riguarda regia e inquadramento di questi “consiglieri bellici” che lavorano nell’ombra.

 

L’Alleanza Atlantica non ha mai coordinato o promosso la presenza di boots on the ground: ogni iniziativa nasce dai singoli governi, con vesti giuridiche diverse per nascondere le vere bandiere. I più numerosi sono i contractor: capitani o sergenti, formalmente in congedo dalle loro forze armate, assunti da società private. Gli incursori dall’inconfondibile stile del Sas, le leggendarie teste di cuoio inglesi, filmati nella battaglia per la capitale avevano contratti che li qualificavano come insegnanti delle scuole militari ucraine. Per l’esattezza, la loro mansione è di mentor, perché prevede che gli allievi vengano accompagnati dal maestro pure nella prova del fuoco. Erano veri mercenari oppure si trattava solo di una copertura per non coinvolgere il governo di Londra? Di sicuro, le autorità britanniche non hanno ostacolato l’arruolamento dei concittadini.

 

I francesi invece sono cominciati ad apparire in prima linea dalla tarda estate 2022: piccoli team di esperti in combattimento urbano, che si infiltravano tra le case. Spezzoni di video ad uso degli amici sono girati – guarda caso – sulle chat dei paracadutisti della Legione. Gli americani invece sono stati individuati soprattutto nelle unità motorizzate, dirigendo dalle torrette i raid dei blindati nella sfortunata controffensiva estiva: è stata filmata una colonna d’attacco con una decina di statunitensi impegnati a espugnare una trincea russa.

 

Numerose le segnalazioni di polacchi che avrebbero portato al fronte tank e semoventi forniti da Varsavia, equipaggi resi invisibili dalle corazze e dall’affinità linguistica con la regione ucraina di Leopoli. Alcuni sono morti in battaglia, ricevendo poi in patria gli onori solenni riservati ai caduti in servizio. Più difficile capire quanti tra quelli che hanno lasciato le caserme dalla Scandinavia e dalle Repubbliche baltiche lo abbiano fatto per scelta di solidarietà oppure obbedendo a un ordine. Lì tutti gli ex militari sono riservisti: hanno lo status di civili, si addestrano periodicamente e tengono a casa l’equipaggiamento, fucili inclusi. E i loro stati maggiori hanno chiuso un occhio su chi è partito per Kiev con – letteralmente- armi e bagagli.

 

Tutti questi sono combattenti di prima linea, finiti nei video girati da commilitoni o più raramente ammazzati negli scontri. Alcuni analisti ritengono che rappresentino solo la punta dell’iceberg: il grosso della legione straniera sarebbero composto dagli specialisti che fanno funzionare gli armamenti hitech. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg proprio ieri ha sottolineato il ruolo dei missili occidentali nella sconfitta della flotta del Mar Nero. Sono gli Storm Shadow e gli Scalp EG donati da Londra e Parigi, precisi e difficili da intercettare ma complessi da programmare: nel sistema di guida bisogna inserire mappe satellitari aggiornate, elaborando il profilo di volo.

 

Attività che richiedono una preparazione e competenze superiori ai migliori tecnici ucraini: l’unico modo di renderli operativi è che se ne occupi direttamente personale francese e britannico. Figure simili darebbero una mano per gestire le batterie terra-aria più sofisticate o per i missili anti-radar Harm agganciati sotto i Sukhoi Fencer d’epoca sovietica. Stiamo comunque parlando di numeri molto limitati e di militari estremamente discreti.

 

Oggi però tutto potrebbe cambiare. L’esercito di Kiev infatti ha due problemi. Il primo è la carenza di uomini, che impone di ridurre i tempi per formare le reclute e riqualificare i veterani. Non può svolgere queste attività nel ritmo lento dei poligoni Nato della Germania o della Scozia, come accadeva un anno e mezzo fa per creare le nuove brigate. Ed ecco la spinta a trasferire gli istruttori occidentali in Ucraina per sveltire le procedure e non dovere spostare gli equipaggiamenti.

 

La seconda difficoltà riguarda l’equazione chiave per il futuro: l’unico modo per battere la quantità delle risorse russe è aumentare la qualità di quelle ucraine. Va fatto velocemente, entro l’estate o al massimo l’autunno: troppo poco per insegnare a usarle. I primi caccia F16 – ad esempio – arriveranno in estate, un anno dopo l’inizio dei corsi in Europa per piloti e manutentori: per gli americani questa scadenza è troppo frettolosa e dubitano che i jet possano avere un’incisività prima del 2025. Anche in questo caso, l’unica chance è dare mezzi completi di equipaggi.

 

Facile a dirsi. Entrambi questi scenari, anche se gestiti da singoli governi e non dalle strutture dell’Alleanza, moltiplicano i rischi di escalation. Molti Paesi scalpitano per un intervento diretto, seppur limitato agli istruttori in basi lontanissime dal Dnipro o a tecnici negli aeroporti prossimi al confine romeno. Tanti uomini grigi che presto potrebbero superare un’altra linea rossa nel confronto con Mosca: di fatto accade già, ma dietro la cortina della “nebbia di guerra” che rende confusa la realtà.

Sorgente: Incursori britannici, francesi esperti di combattimento urbano: ecco chi sono i militari dei Paesi Nato in Ucraina – la Repubblica

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20