Il caso era quello di una coppia di mamme che aveva prima presentato ricorso al Tar del Lazio e poi al Tribunale di Roma per chiedere “l’emissione di un documento d’identità che rispecchi la reale composizione della loro famiglia”. Già in primo grado il Tribunale aveva accolto la richiesta delle madri, dichiarando illegittimo il decreto in quanto il documento emesso “integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico”.
Oltre alla conferma della sentenza in Appello, il ministero è stato condannato al pagamento delle spese processuali. “Se nei registri è indicato che è figlio/figlia di due madri, una delle quali lo ha adottato, allora i ‘modelli ministeriali’ devono rispettare quella indicazione e sulla carta d’identità devono essere indicate due madri (o eventualmente due padri). Noi lo abbiamo sempre pensato, il Tribunale ci aveva dato ragione, adesso la Corte d’appello lo ha confermato, non possiamo che essere felici”, dichiarano l’avvocata Susanna Lollini e l’avvocato Mario Di Carlo che hanno difeso le due mamme.