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Controllano un quarto del territorio yemenita. Dagli attacchi ai sauditi ai raid nel Mar Rosso

Nell’assortimento di milizie armate che sono sparpagliate per tutto il Medio Oriente e prendono ordini dall’Irangli Houti dello Yemen sono un soggetto speciale. Le altre milizie sono gruppi paramilitari più o meno tollerati dagli Stati che li ospitano – come succede da anni in Libano, Iraq e Siria – ma non hanno nemmeno un chilometro quadrato di territorio, almeno dal punto di vista ufficiale. Gli Houti invece si sono creati con la forza uno Stato tutto loro: controllano circa un quarto dello Yemen, ed è lo Yemen cosiddetto utile che include la capitale Sana’a, le montagne del Nord al confine con l’Arabia Saudita che provvedono un santuario imprendibile e quasi tutta la costa del Mar Rosso. Il resto del Paese che si allunga verso Ovest è quasi tutto – attenzione: quasi – una zona arida smisurata e conta meno.

 

 

Il controllo che gli Houti esercitano sul loro pezzo di Yemen è ferreo, al punto che la definizione “ribelli” che spesso li accompagna ormai è obsoleta perché sono passati nove anni da quando hanno conquistato il palazzo presidenziale nella capitale. Tanto vale a questo punto familiarizzare con il nome che si sono dati, Ansar Allah, i partigiani di Dio, perché ne sentiremo parlare a lungo.

 

 

Houti è il nome della famiglia primigenia del gruppo, ben piantata nel Nord montuoso, forte e rissosa. A partire dagli anni Ottanta ha attirato a sé affari e volontari fino a trasformarsi in un piccolo esercito di migliaia di uomini che sfidava a cadenza regolare il governo centrale. Il capostipite, Hussein al Houti, fu ucciso in una di queste ribellioni, si dice in modo cruento: i soldati scovarono la grotta dove si nascondeva, versarono dentro del kerosene e appiccarono il fuoco. Il potere passò al fratello Abdul Malik, che vive in un luogo segreto e ormai comunica soltanto via video – per non farsi fulminare da un raid aereo mirato. In questo assomiglia al leader carismatico Hassan Nasrallah di Hezbollah, il Partito di Dio libanese, che da anni si mostra soltanto in video trasmessi da nascondigli segreti.

Ansar Allah segue la corrente zaidita dell’Islam sciita, diversa da quella duodecimana dell’Iran, e anche questo testimonia di una loro certa combattiva testardaggine: sono militanti sciiti in una penisola arabica che è quasi per intero sunnita e spesso a tinte estreme. Negli anni si sono un po’ più avvicinati all’Islam sciita di marca iraniana, perché nel frattempo l’Iran li aveva adocchiati e li aveva trasformati in un gruppo alleato – uno fra i tanti della costellazione creata dal generale Qassem Suleimani. In molti tendono a precisare: gli Houti hanno un legame con l’Iran, ma quando prendono una decisione di testa loro nemmeno l’Iran può fare nulla.

 

 

Dal punto di vista militare Ansar Allah non è una forza irresistibile, ma gode di due vantaggi enormi. Il primo è che vive nel mezzo di un’area impervia, dove un’eventuale invasione di terra si trasformerebbe in un Afghanistan arabo: imboscate tra le gole di pietra, pochi accessi obbligati e tutte le sciagure belliche che abbiamo visto in altri teatri di guerriglia. Il secondo punto di vantaggio è che dispone, grazie all’appoggio dell’Iran, di armi a lungo raggio e della competenza per usarle. A ottobre gli Houti hanno raggiunto con i loro missili la città israeliana di Eilat, 1.800 chilometri dalla capitale Sana’a e 1.600 dalla zona dello Yemen sotto al loro controllo più vicina – ma i lanci sono stati intercettati.

 

 

Per anni gli yemeniti, sfruttando il loro territorio imprendibile o quasi e le loro armi a distanza hanno colpito e a volte distrutto infrastrutture, aeroporti e raffinerie in Arabia Saudita. I sauditi hanno risposto con raid aerei molto duri, che sono costati la vita a migliaia di civili, ma gli Houti sono rimasti dov’erano. Ieri una fonte di Repubblica da Sana’a commentava con questa battuta amara: «È arrivata una bomba americana molto vicina a casa mia, ma per fortuna queste sono più precise di quelle che vedevo prima. Preferisco gli strike aerei che parlano inglese agli strike aerei che parlano arabo».

 

 

A partire da metà novembre, dopo avere capito che lo scudo di difesa su Israele funziona e può intercettare i loro tentativi d’attacco, gli Houti hanno deciso di concentrarsi sul bersaglio debole che hanno sotto al naso e hanno cominciato a colpire il traffico navale nel Mar Rosso. Dispongono di una vasta gamma di ordigni a disposizione per farlo, dai missili balistici alle mine magnetiche ai droni e ai barchini esplosivi. Stati Uniti e Regno Uniti hanno cominciato una campagna aerea punitiva per dissuadere gli Houti dal continuare, ma per ammissione dello stesso Pentagono per ora non ha avuto effetto.

Una conseguenza, a dire il vero, c’è stata: l’immagine di Ansar Allah, che in molti anche in Yemen detestano, ne sta uscendo rimessa a lucido, perché la causa palestinese ha un effetto unificante tra gli yemeniti.

Sorgente: Chi sono gli Houthi in Yemen e perché tengono in scacco il mondo – la Repubblica

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