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Piero Orteca

«La guerra è una delle attività umane più costose e meno produttive», diceva un economista di spessore come James Grant. Quindi, evitare di ammazzarsi, non è solo un dovere morale, ma è anche una scelta ‘conveniente’.
Spese folli in armamenti. Usa da soli più di tutti i 30 alleati Nato. Perché questa folle corsa al riarmo? Più guerra più armi, più armi e più guerra. L’inflazione tassa nascosta di guerra

Prediche? No, numeri

‘Sipri’, il prestigioso ‘Stockholm International Peace Research Institute’, che si occupa di monitorare le distorsioni belliche del pianeta, disaggregando i dati per Paese, fornisce una classifica non solo umanitaria ma anche economica da fare accapponare la pelle. Pensate: gli Stati Uniti, nel 2024, spenderanno l’astronomica cifra di 884 miliardi di dollari per la Difesa, battendo tutti i record precedenti e aumentando l’esborso del 3%.

Usa da soli più di tutti i 30 alleati Nato

Per darvi un’idea, l’impegno muscolare americano è più del doppio degli altri 30 alleati della Nato messi assieme. Se dovessimo usare un termine di paragone, prendendolo a prestito dalla meccanica, diremmo che gli Stati Uniti sviluppano un ‘rapporto peso-potenza’ spaventoso. Hanno una forza militare che sfrutta tecnologie avveniristiche e la capacità di usare armi mai viste, in nessun teatro bellico.

I nemici arrancano

I potenziali nemici arrancano e la stessa Cina, che sta cercando di lanciare la sua sfida, almeno nell’Indo-Pacifico, arriva a malapena a 300 miliardi di dollari l’anno. E questo sembra, per ora, il fondo del barile, se si pensa all’abissale differenza tra i Prodotti interni lordi dei due Paesi. La Russia di Putin? Al confronto con Washington e Pechino finisce per fare la figura della parente povera. Spende un’ottantina di miliardi di dollari l’anno per la Difesa e vive di rendita, grazie ai depositi atomici dell’era sovietica. Potrebbe rappresentare una minaccia, ma solo se al Cremlino ci fosse un’improvvisa epidemia di follia, che mettesse a rischio i codici nucleari.

Dal punto di vista della guerra convenzionale, la possibilità che Mosca attacchi nuovamente un Paese vicino sono bassissime. Che faccia, un blitz contro un alleato della Nato è praticamente impossibile.

Perché questa folle corsa al riarmo?

Come mai a fronte di una situazione strategica così lampante, da parte occidentale si continua a spingere per incrementare, cospicuamente, i bilanci della difesa? Bella domanda, che ha due sole risposte. La prima è che forse c’è una invisibile cinghia di trasmissione tra le scelte politiche e certi settori industriali, che stanno ampliando in maniera sproporzionata i loro fatturati. La seconda, non meno inquietante della prima, è che il rafforzamento dell’hardware della Nato possa servire a preparare delle missioni per un suo eventuale ruolo ‘fuori area’ (dall’Atlantico al Pacifico, ad esempio). In entrambi i casi, i costi di una tale politica di riarmo saranno scaricati sulla popolazione.

Economia della guerra

Secondo gli specialisti di ‘economia della guerra’, ci sono due modi di finanziarla: quello sui conflitti ‘caldi’ (a breve termine), basato sull’emissione di titoli del debito pubblico; l’altro, per gli scontri di lungo periodo (col blocco Russia-Cina, per esempio) da sostenere attraverso il ricorso alla leva fiscale. La decisione di riarmare, con la scusa della ‘sicurezza nazionale’, ovviamente è di tipo geopolitico e coinvolge interessi ibridi.

Purtroppo, la sciagurata decisione di Putin di invadere l’Ucraina, oltre a essere stata un rovinoso boomerang per la Russia, ha rilanciato clamorosamente l’industria degli armamenti su scala planetaria, ridando fiato alle lobby politiche ad essa collegate.

Più guerra più armi, ma anche, più armi più guerra

L’equazione è veramente perversa. Potremmo dire: più guerra, più armi. E, di seguito, ancora più armi, ancora più guerra. Come al solito, ci affidiamo ai numeri. Dunque, Vladimir Putin non ha solo devastato l’Ucraina (e avrebbe potuto ottenere, diplomaticamente, molto, senza sparare un colpo) ma ha anche scatenato, induttivamente, una corsa al riarmo planetario. Con una specie di effetto-domino, l’aumento dei bilanci per la Difesa in Occidente è stato subito imitato, con gli interessi, da altre medie potenze regionali. L’India il prossimo anno arriverà a 73 miliardi di dollari (con il 13% in più), il Pakistan la copierà, mentre l’Arabia Saudita viaggia già intorno al 7,5% del Pil per le sue forze armate. Naturalmente, dovendosi confrontare con il secolare avversario iraniano, già ha posto le sue condizioni a Joe Biden: firmeremo la pace con Israele, se pure noi potremo costruirci ‘la bomba’.

L’Europa e l’inflazioni di guerra

Spostandoci in Europa, occorre ricordare che solo 7 dei 31 paesi Nato, l’anno scorso hanno rispettato la spesa del 2% del Pil per la Difesa. Se tutti faranno la loro parte, come chiede lo Zio d’America, nel 2023 spenderemo la bellezza di 150 miliardi di dollari in più per la ‘sicurezza’.

L’ultima dritta, sul devastante aumento dei prezzi che abbiamo subito in Occidente, ce la dà l’economista Richard Sylla: «Tutte le guerre sono generalmente associate a una certa inflazione. Ai politici non piace aumentare le tasse, per far pagare le guerre. L’inflazione è meglio, perché è una tassa nascosta».

Sorgente: Spese militari, politica e grandi industrie. Economia della guerra –

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