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Molto probabilmente questo centrodestra vincerà le elezioni (più per demeriti altrui che per meriti propri) ma che poi sia in grado di governare è tutto da verificare. Il problema è che ancora una volta lo verificheranno a proprie spese gli italiani

Per uno strabismo tipico di certa politica gli articoli di questa campagna elettorale vertono sui disastrosi rapporti tra gli ex alleati di centrosinistra, di sinistra, né di destra né di sinistra e di sedicente terzo polo – che può essere al massimo il quarto – dimenticando di osservare e raccontare il disfacimento che si sviluppa a destra. Lì Giorgia Meloni si avvicina alla vittoria – che dà per certa – ogni giorno più sospettosa mentre Matteo Salvini – come lo scorpione sulla schiena della rana – piccona la sua alleanza pur di raccogliere qualche spicchio di visibilità.

Ieri sono accaduti almeno due fatti particolarmente significativi. Giorgia Meloni ha spinto talmente forte la sua propaganda che alla fine si è invertita: «Vogliamo dare il diritto alle donne che pensano che l’aborto sia l’unica scelta che hanno, di fare una scelta diversa. Non stiamo togliendo un diritto ma aggiungendolo», ha detto la leader di Fratelli d’Italia durante un comizio a Genova. Ricorda la parabola triste del capo di governo che chiude una corsia di un’autostrada a tre corsie, la riapre il mese dopo e dice «con la chiusura di una corsia su tre abbiamo segnato un -33% ma poi aggiungendo una corsia alle due esistenti abbiamo guadagnato un buon 50% quindi il saldo è positivo di 17 punti percentuali». Avere il coraggio di intestarsi un diritto esistente dalla notte dei tempi (le donne partoriscono fin dalle loro più lontane antenate) è un azzardo che potrebbe sembrare solo linguistico mentre è molto politico. Giorgia Meloni fingerà di avere a cuore i diritti, non si azzarderà mai a negarli platealmente ma semplicemente incaglierà quelli che non le piacciono. C’è una definizione per questi politici: reazionari. Non è un caso che ieri Meloni abbia confessato di sognare “il Paese dei nostri nonni”.

Ieri è accaduto anche che Salvini e Meloni se le siano date (metaforicamente parlando) per tutto il giorno. Da una parte il leader leghista ha passato la giornata a criticare “l’amica Giorgia” (Salvini ha imparato benissimo come trollare da ottimo epigono del “papà della bestia” Luca Morisi) per la sua opposizione allo scostamento di bilancio: «Rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro se non ci muoviamo rapidamente. La Lega lo chiede da due mesi con insistenza ma da sola perché la maggior parte dei partiti, a sinistra il Pd ma anche Fratelli d’Italia in casa centrodestra, dicono che bisogna essere prudenti e non fare nuovo debito», ha detto, solo per fare un esempio tra tanti, ieri mattina a Rtl 102.5. Alla fine Meloni ha sbottato: «È qualche giorno che mi sorprendono alcune dichiarazioni di Salvini, sempre più polemico con me che con gli avversari», ha detto la leader di Fdi intervistata al Tg di La7, parlando di «polemica pretestuosa». Che ha fatto Salvini? Ha rincarato la dose: «Mi spiace che Letta dica di no, mi spiace che anche Giorgia, con cui vado d’accordo su tutto, dica di no», ha detto il leader della Lega arrivando a Pescara, rispondendo a una domanda dei cronisti sulle parole di Meloni.

Pericolosi e litigiosi. Molto probabilmente questo centrodestra vincerà le elezioni (più per demeriti altrui che per meriti propri, ma questo accade spesso in politica) ma che poi sia in grado di governare è tutto da verificare. Il problema è che ancora una volta lo verificheranno a proprie spese gli italiani.

 

Sorgente: Come l’armata Brancaleone ma meno divertente e più pericolosa | Left

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