«Giorno 86 della difesa di Mariupol. L’alto comando militare ha dato l’ordine di salvare vite e tutelare l’incolumità dei militari della guarnigione, e di cessare di difendere la città».

Con un video postato ieri sui social, il tenente colonnello del battaglione Azov Denys Prokopenko annuncia la svolta: per ordine di Kiev il suo reggimento depone le armi e lascia l’acciaieria Azovstal, ultimo fronte della difesa di Mariupol.

In serata la Russia ha comunicato di averne preso il controllo, e su Telegram il consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko ha scritto che era terminata la rimozione, da parte degli occupanti, dei detriti e dei cadaveri sepolti sotto il teatro cittadino bombardato il 16 marzo: «Ora non sapremo mai quanti civili di Mariupol sono stati effettivamente uccisi dalla bomba russa sul teatro. I morti sono stati sepolti in una fossa comune a Mangush».

IN CONCOMITANZA con la resa di Azov, è salita la conta (russa) degli uomini che si sono arresi all’acciaieria: a detta del ministro della Difesa Sergei Shoigu, sarebbero ora 2.000. E secondo le previsioni dell’intelligence britannica, la caduta ufficiale della città – Reuters riporta che già stanno per aprire le prime «scuole russificate», dove il curriculum verrà assimilato a quello degli istituti della Federazione – farà sì che le forze russe vengano riassegnate al fronte del Donbass: l’«inferno» evocato ieri dal presidente ucraino Zelensky.

Nelle acciaierie Azovstal di Mariupol prima della resa
foto Dmytro Kzatsky