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19 April 2024
0 8 minuti 2 anni

L’ex premier si gioca la partita del Colle con i suoi 43 parlamentari, ma i suoi dirigenti – da Rosato a Del Barba – sono già in campo per costruire nuove alleanze e strutture. Alla cena del costruttore Catella con investitori italiani e stranieri c’era il centrodestra al completo, esclusa (o inclusa) Iv

di Carlo Tecce

Italia Viva di Matteo Renzi si sta spegnendo lentamente. Ha il vantaggio di non aver brillato. Adesso si è avviato un irreversibile processo di decomposizione dopo che è fallita la composizione del partito. Il processo è abbastanza veloce. Il rabdomante Renzi va alla ricerca del nuovo centro sapendo che non esiste, ma offre ai presunti e futuribili alleati l’indubbia capacità di far pesare gli eletti anziché contare gli elettori. Quest’ultima operazione, peraltro, è sempre più complessa perché il due per cento nei sondaggi equivale al margine di errore che pure gli allegri ricercatori italiani si impongono.

«Per procreare un partito occorre un gesto non solitario di immensa generosità», dice il deputato Ettore Rosato, presidente di Italia Viva: «E cioè mettere da parte sé stessi, il proprio ego, e occupare uno spazio che si sta allargando fra chi non vuole stare a sinistra con i Cinque Stelle e chi non vuole stare a destra con Giorgia Meloni e chi ha supportato e non sopportato la stagione di Mario Draghi». Nota bene: la generosità di Renzi sta nel rinunciare a Italia Viva.

Si mette in liquidazione un partito vecchio di zecca. Fu lanciato due anni fa alla stazione Leopolda di Firenze e ancora alla stazione Leopolda, fra due settimane, si inizia daccapo. Italia Viva ha un buon corredo: dispone di 43 parlamentari e quindi 43 grandi elettori che fanno comodo durante le manovre di palazzo per l’elezione del presidente della Repubblica; conserva una discreta attitudine nell’attrazione di risorse in ossequio alla politica che ha un costo e necessita di una struttura. Questo vellica la curiosità di Azione di Carlo Calenda, del sindaco veneziano Luigi Brugnaro, del presidente ligure Giovanni Toti, di renziani ancora annidati nel Pd, di ministri (Mara Carfagna) e politici sempre insofferenti in Fi. In Sicilia con il pimpante Gianfranco Micciché, berlusconiano meridionalista, si è già andati alla convivenza.

«È presto per delimitare i confini, aspettiamo la primavera, la nomina del capo dello Stato per capire se la nostra idea ha successo», si fa modesto, Rosato. «Vediamo se si intercettano movimenti dal basso perché calare i partiti dall’alto non funziona». Ha ragione, il deputato. Però si comincia a dragare da su, relazioni, analisti, salotti, per scoprire se c’è interesse, e semmai comprensione, se non proprio sostegno.
La scorsa settimana il costruttore Manfredi Catella di Coima, per un evento e un incontro con i suoi investitori italiani e soprattutto stranieri, ha radunato un bel po’ di politici in una villa di lusso in zona Villa Borghese a Roma. Catella è l’uomo che col cemento, le vetrate e i capitali qatarioti ai tempi del fondo Hines ha rifatto l’area di Porta Nuova a Milano. Lì il mercato ormai è saturo e allora fa rotta su Roma per una «rigenerazione urbana sul modello milanese».

Dalle agiografie sin qui pubblicate si evince che Salvatore Ligresti era il suo mentore, poi ha preferito saggiamente dirazzare, che Silvio Berlusconi era il suo riferimento politico, che Matteo Renzi l’ha folgorato, tant’è che sette anni fa gli organizzò la serata di finanziamento alla torre Diamante. Per un ingresso prudente e trionfale a Roma, dunque, Catella ha invitato al cenacolo di lunedì 25 ottobre e al convegno di martedì 26 ottobre (al museo Maxxi) un gruppo di politici di centrodestra esclusa (o inclusa) una coppia di Italia Viva formata dai deputati Mauro Del Barba e Massimo Ungaro. Ai politici l’onere di suggerire agli investitori che tipo di sviluppo immobiliare ha bisogno la capitale. Per la stessa funzione, si presume, ai tavoli c’erano anche l’ex ministro Giovanna Melandri (Maxxi) e l’ex sindaco Francesco Rutelli.

Del Barba è un renziano non toscano, un cattolico di formazione democristiana della Valtellina, ex scout amico della famiglia di Matteo, è cresciuto nei Popolari, esperto antincendio nella Protezione civile, politico dai toni morbidi, non tonitruante, non vanitoso, insiste dalle retrovie, è il tesoriere alla Camera di Iv, si è caricato la logistica della prossima Leopolda, protocolli sicurezza, noleggi, seggiole, proiettori, è il capo dell’associazione delle società di benefit, quelle che si prefiggono di coniugare etica e profitto, volontariato, ambientalismo, terzo settore, sacche di elettorato reale. Oltre che nelle conversazioni sulla «rigenerazione urbana sul modello milanese», l’onorevole Del Barba, che viene da Morbegno (Sondrio), quasi Svizzera per intenderci, era impegnato nel raccontare i «progetti» del nuovo centro di Renzi. E ha suscitato parecchia attenzione, anche dai colleghi più distanti, dagli imprenditori, dai gestori di fondi, da un uditorio misto: «Mi sembra normale che blocchi vitali dell’Italia stiano tentando di comprendere quello che accadrà dopo la pandemia discutendo con tutti i politici».

Quando visioni, affari, mattoni e «progetti» si danno appuntamento, Italia Viva non ritarda mai. Non manca mai. «Io ho partecipato per i miei rapporti con la fondazione di Manfredi Catella intitolata al padre Riccardo dovuti alla mia attività con le società di benefit. Sul resto posso formulare un auspicio, non ho le mani così dentro le cose», si ritrae Del Barba. «Gli ingredienti ci sono per varare un partito di centro che superi il “bipopulismo” erede del “bipolarismo”. Non è nostra intenzione fare una messe di scontenti. Sarebbe una impresa asfittica, inutile e oserei definirla dannosa. Come quelle che nascono dal Parlamento e non troppo lontano si fermano. Noi dobbiamo archiviare questa fase di confusione in politica e disaffezione per la politica proponendo un qualcosa di convincente senza personalismi. I modi saranno più espliciti dopo il voto per il presidente della Repubblica perché avremo un quadro chiaro sulla durata della legislatura», conclude Del Barba.

Chiusa la parte onirica, resta la parte concreta. E Renzi che fa il lobbista e guadagna in giro per il mondo. Italia Viva ha una ovvia rilevanza in Parlamento perché sancisce dov’è la maggioranza e dov’è la minoranza fra centrosinistra e centrodestra (si guardi alla vicenda del disegno di legge contro la omotransfobia) e ha una certa irrilevanza nell’elettorato. Nessuna offesa, è tecnicamente non percepibile per la metodologia dei sondaggi. I parlamentari, i consiglieri regionali, i consiglieri comunali, i dirigenti locali di Iv oscillano fra il tutto e il niente, pure se pendono verso il centrodestra, si giocano le carriere, perciò ne provano di ogni, devono provarne di ogni. Fino all’estrema goccia di potere. È il cin cin della Repubblica.

Sorgente: Matteo Renzi rottama sé stesso: Italia Viva sarà sciolta in un partito di centro dopo l’elezione del capo dello Stato – L’Espresso

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