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Matteo Renzi che intervista il genero di Trump Kushner alla corte del principe saudita. E l‘attacco del 7 ottobre che ha fatto saltare il tavolo negoziale tra sauditi e israeliani nella lettura di Limes. I due protagonisti a cercare di convincere che il progetto egemonico del principe ereditario Muḥammad bin Salmān è solo rinviato. Rispetto ad una crisi da dimensioni e pericolosità anche interna al mondo islamico, che rendono pericolosi certo sconti di convenienza.

Renzi-Kushner amici per la tasca

«L’ex premier Matteo Renzi è apparso spigliato e sicuro di sé nell’intervistare a Riyad, meno di tre settimane dopo lo scoppio della guerra in Medio Oriente, Jared Kushner, genero e consigliere dell’ex presidente americano Donald Trump e architetto del processo di normalizzazione tra Israele e paesi arabi del Golfo». Lorenzo Trombetta racconta di una consuetudine tra i due: «per il secondo anno consecutivo, si sono trovati faccia a faccia sul palco lucido e luminoso del Centro internazionale di conferenze intitolato al re saudita Abdullah bin Abdulaziz»

Realtà di maggior convenienza?

Nella cosiddetta ‘Davos nel deserto’, da sette anni, la kermesse organizzata dal ‘Future Investment Initiative’ saudita per convincere investitori e leader istituzionali occidentali e asiatici a sostenere il processo di trasformazione politica guidato dal principe ereditario Muḥammad bin Salmān (MbS). Kushner rimbalza su Renzi la prospettiva saudita e di parte dell’establishment statunitense sull’attuale ‘impasse diplomatico e politica’, che appare per ora forzato tentativo di ridurre la portate della crisi in corso, sperando in qualche soluzione vantaggiosa a medio termine.

MbS dalla parte di Trump

«Come hanno raccontato a Limesonline fonti politiche con accesso ai circoli vicini a MbS, Riyad punta molto sulla vittoria elettorale di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali statunitensi del novembre del 2024». E l’offensiva di Ḥamās del 7 ottobre e i rischi di allargamento al Libano e altri scenari mediorientali, sembrano ridurre le possibilità del presidente Joe Biden di essere rieletto.

«Non soltanto Trump è in attesa di tornare nell’ufficio ovale, ma il suo intero apparato, con Kushner al centro, non ha mai abbandonato il progetto di rafforzamento degli interessi finanziari e politici attraverso le istituzioni. I legami tra il genero dell’ex presidente americano e l’élite saudita sono strettissimi».

Ma qualcosa è andato storto

«Ma l’Iran e i suoi alleati mediterranei», (forse Hamas, Hezbollah e un po’ di Siria), sono riusciti a far saltare il tavolo delle trattative: «E’ come quando due giocano a pallone e un terzo, escluso, si porta via il pallone e non fa giocare nessuno», ha raccontato, sempre a Limesonline, una fonte dell’intelligence occidentale per lungo tempo a Riyad. Replica possibile, quando nessuna delle squadre in campo colgono le tensioni tra il pubblico che sta per invadere il campo e fermare la partita.

L’Iran, la Cina, e altre distrazioni dalla crisi

Non solo MbS protagonista.  Teheran, che ha ripristinato i rapporti diplomatici con i sauditi lo scorso marzo grazie al sostegno decisivo della Cina, vuole far pesare la sua visione e i suoi interessi. E si ripetono non a caso i colloqui telefonici tra il presidente iraniano Ebrahim Raisi e MbS. Ma intanto occorre far buon viso a rinvii forzati e di durata incerta. E lo fanno anche organizzando eventi come il Fii di Riyad, quest’anno con un’accresciuta presenza di asiatici, ad arrestare l’effetto-valanga della crisi aperta sul fronte palestinese.

Visione cerchiobottista israelo-palestinese

Il protagonismo del Qatar, rivale ideologico e concorrente politico dell’Arabia Saudita. «I qatarini stanno facendo quello che fanno da quasi un ventennio: mediano con le parti coinvolte nelle crisi che vanno dall’Afghanistan al Mediterraneo (non dimentichiamo il Libano 2006 e 2010, Siria 2012-17, Iraq 2015-17, Gaza ancora oggi) passando per l’Iran». Il piccolo Stato del Golfo Persico inoltre ospita una delle principali basi militari degli Stati Uniti nella regione, e fornisce gas naturale a chi ne fa richiesta soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Arabia Saudita e l’incerto Israele che verrà

Il gigante territoriale arabo è parte essenziale del progetto di collegamento infrastrutturale dall’India all’Europa tramite il Golfo e il Medio Oriente (Israele). Ma ‘l’inciampo del 7 ottobre’, rischia di guastare molti piani. Primo fra tutti, in Israele. «Il 7 ottobre non costituirà soltanto la fine di un governo e l’avvio di un altro esecutivo (a Gerusalemme). Ma lo tsunami militare, politico e di sicurezza dell’offensiva palestinese ridisegnerà profondamente l’arena politica e istituzionale israeliana. Con chi dovranno negoziare Kushner e MbS in futuro?».

Abramo molto lontano e cinismo saudita

 «I palestinesi devono imparare ad aiutarsi da soli», insiste il principe, mentre, assieme ai  suoi amici di Washington, sa che «la soluzione ‘due popoli, due Stati’ è una foglia di fico a cui nessuno crede più da tempo». Unione Europea compresa, «per prendere tempo (prendere in giro) di fronte all’opinione pubblica, sventolando una finta prospettiva di ‘pace’ del tutto irrealizzabile».

La pubblicità di un prodotto inesistente

«Le parole che Re Abdullah pronunciò al vertice della Lega Araba di Beirut nel 2002 –  il riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei paesi arabi in cambio del ritiro israeliano dai territori conquistati nel 1967- appaiono estratte da un libro di storia». Sono in effetti passati 21 anni e sul terreno la situazione è cambiata in maniera sostanziale.

Solo due dati quantitativi: il numero di insediamenti israeliani in Cisgiordania, la popolazione della Striscia di Gaza. Per non parlare di tutto quello che c’è stato in mezzo in termini di eventi locali inter-palestinesi, israelo-palestinesi, israelo-israeliani, regionali e globali.

Sorgente: Arabia Saudita-Israele con Renzi e Kushner padrini –

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