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Quando il 14 luglio 2016 l’allora presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, inaugurò la Sala delle Donne a palazzo Montecitorio, nella parete dedicata alle prime donne elette nelle istituzioni della Repubblica lasciò tre cornici vuote o meglio, pose al loro interno – in attesa che ci fosse una prima volta in queste istituzioni- tre specchi. Quegli specchi avevano la funzione di ricordare i passi ancora da fare, ma anche di dire a qualsiasi donna che si fosse specchiata: “potresti essere tu”.
Nel 2018 uno di quegli gli specchi è stato sostituito con la foto di Maria Elisabetta Alberti, prima donna ad essere nominata Presidente del Senato. Una donna che è più conosciuta con il cognome del marito, Casellati, che con il proprio. E questo particolare ci parla del suo pensiero. Infatti, assieme a tutto il resto che si può leggere in questo articolo https://thevision.com/politica/casellati-femminismo/ , Alberti ha spento in un attimo e fino ad ora, la ventata di pensiero nuovo, plurale e femminista, promosso con passione e competenza da Laura Boldrini.
Oggi, mentre l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si appresta a lasciare il Quirinale e il gioco dei toto nomi si sta scaldando, come donne possiamo sperare che un altro di quegli specchi venga sostituito da una foto: la prima donna Presidente dello Stato.
Dopo aver sperato inutilmente e per più tornate elettorali in “Emma for president”, ora i nomi papabili sono vari e i curricula vengono postati in internet e in fb: Rosy Bindi – Marta Cartabia – Emma Bonino – Laura Boldrini -Elena Cattaneo – per citare solo quelle presentate fino ad ora nella pagina fb di Toponomastica femminile. Questo a dimostrazione che la politica delle quote rosa e l’impegno costante di tante associazioni femministe e femminili di dare visibilità alle donne, dentro e fuori le istituzioni, comincia a dare i suoi frutti.
Nomi di donne, brave e competenti, ci sono. E diciamo subito che sono competenti, prima che ci venga posta con petulanza la solita frase: “una donna, purché sia brava”. E ci piacerebbe che questo venisse pensato e detto anche per i maschi: “un uomo, purché sia bravo”.
Ma al di là della competenza in questo momento, dopo un decennio di lavoro per dare possibilità e visibilità alle donne in politica, #inquantodonna credo sia ora di dire: UNA NON VALE UNA.
Prima di sostenere una candidata oggi vogliamo sapere come la pensa sulle questioni di genere, al di là dei quattro discorsi pronunciati nelle occasioni canoniche dall’8 marzo al 25 novembre. Vogliamo sapere cosa ha fatto e quali risultati ha portato a casa in questo campo, se ha contatti con la base femminista, se usa un corretto linguaggio di genere che sta alla base del riconoscimento dell’esistenza delle donne.
Vogliamo sapere, pur nella differenza delle varie anime femministe, qual è la sua posizione su prostituzione, GPA o utero in affitto, aborto e obiezione di coscienza dei ginecologi, e sulla convenzione di Istanbul.

Sorgente: La voce del popolo italiano | Facebook

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