0 12 minuti 3 anni

di Giubbe Rosse

Curioso. L’immunizzato, come i ministri della sanità e i televirologi sono soliti definire chi ha ricevuto un ciclo completo di vaccinazione, dovrebbe essere la persona più felice del mondo: per aver ritrovato la sicurezza e la libertà di cui era stato in larga parte privato nel 2020. O, almeno, così gli avevano detto a suo tempo e lui ci aveva creduto. Anche perché chi glielo ha detto vestiva i panni della scienza (non staremo qui ad approfondire la differenza tra “scienza reale” e “scienza percepita”: per la stragrande maggioranza della popolazione dipendente dai mainstream la differenza semplicemente non sussiste). Gli hanno detto così, per lui significa che è così.

Ci si aspetterebbe, dunque, che l’immunizzato si alzasse al mattino e facesse i salti di gioia. Con un ciclo completo di vaccinazione – gli hanno detto – ha un rischio bassissimo di ammalarsi in forma grave. Dunque, è praticamente immune a un virus che, secondo gli esperti, fa o farà indistintamente strage di chiunque non sia protetto dal siero magico. L’immunizzato può accedere a spazi al chiuso e all’aperto dai quali il non vaccinato è escluso, può incontrare chiunque, salire su qualsiasi mezzo di trasporto, riprendere a frequentare la palestra, l’università, il cinema, lo stadio, il ristorante preferito.

Insomma, può tornare a fare la vita di prima. Dovrebbe essere contento, dovrebbe sentirsi un privilegiato. Invece, no, tutt’altro. È astioso, aggressivo, irrequieto come non mai. Se potesse, ucciderebbe con le proprie mani quella minoranza che ancora si ostina a non vaccinarsi nonostante gli appelli pressanti, per non dire minacciosi, di giornali, TV, politici, primi ministri, rappresentanti di agenzie regolatorie, epidemiologi, comitati tecnici e scientifici, esperti vari e poi ancora influencer, artisti, cantanti, attori. Tutti pronti a fare da testimonial della campagna vaccinale con tanto di selfie per immortalare l’evento sulle reti sociali. Il tutto mentre la percentuale di popolazione over 12 coperta da un ciclo completo di vaccinazione, dunque ufficialmente “immunizzata” secondo il gergo tecnico, ha ormai quasi ovunque superato il 70%, una soglia che all’inizio della pandemia, a dar credito a Anthony Fauci e altri esperti di livello globale, sarebbe stata sufficiente a garantire l’immunità di gregge. Invece no, ancora niente immunità di gregge. Adesso gli dicono che serve almeno il 90%, forse il 95%. I dati epidemiologici che gli arrivano dai media, sia pur edulcorati ed epurati dei dettagli più imbarazzanti, non lo lasciano tranquillo. Anche nei Paesi a più alto tasso di vaccinazione, come il Regno Unito e Israele, si continua a contagiarsi, ad andare in terapia intensiva, in qualche caso a morire nonostante la doppia vaccinazione. La protezione e la sicurezza che gli hanno venduto appaiono sempre più flebili e sfuggenti. Non solo: oggi l’immunizzato scopre che in molti luoghi del pianeta si chiede ai vaccinati di indossare la mascherina, di mantenere il distanziamento, di continuare ad adottare tutte quelle noiose misure di profilassi delle quali sperava di essersi liberato per sempre vaccinandosi. Ma c’è di più: ora gli dicono addirittura che presto, anzi, prestissimo dovrà tornare a farsi un’altra iniezione. Sì, perché nessun vaccino è mai efficace al 100% e dura in eterno. Adesso persino Fauci e il primo ministro israeliano ammettono pubblicamente che dopo cinque mesi l’immunizzato non è più tale. O si fa il booster, la terza dose di richiamo, oppure perde il sudato e meritato Green Pass, di cui andava così fiero, e viene ricacciato nella schiera dei reietti, nel girone dei dannati. E poi, si sa, ci sono le varianti, che spuntano dal nulla. Basta anche un solo no-vax al mondo e zac, subito nasce una nuova variante che ci riporta all’inizio, come nel gioco dell’oca, e si deve rifare tutto daccapo. Tanta fatica per nulla. E, infine, ci sono quelle maledette reazioni avverse. All’inizio l’immunizzato non voleva crederci. Poi, però, è venuto a sapere del cognato, dell’amico, del vicino che da mesi si porta dietro sequele e gli rivela, quasi vergognandosi per timore di essere additato come no-vax, di non sentirsi più bene come prima. Da qualche parte l’immunizzato ha anche letto di quegli strani malori estivi: gente di trenta anni, quaranta anni, a volte di diciassette, diciotto, apparentemente in perfetta salute, che da un momento all’altro si accascia al suolo per strada o in spiaggia per non rialzarsi più o viene trovata morta nel letto dai familiari al mattino. Certo, gli esperti dicono “Nessuna correlazione”, però i casi cominciano effettivamente a essere un po’ troppi e, soprattutto, è un po’ sospetta quella vicinanza temporale con la prima o la seconda dose. E poi ora ci si mettono pure gli atleti: giovani calciatori, pallavolisti, tutti perfettamente in forma prima del vaccino, che adesso dicono di soffrire di miocardite o pericardite e sono disperati perché la loro carriera è a rischio. Il dubbio a poco a poco si insinua nella mente dell’immunizzato. Di fronte a lui si apre il baratro: sarò veramente immunizzato? Mi avranno mica preso in giro?

Proprio in quel momento, però, nell’immunizzato scatta un meccanismo ben noto e vecchio quanto il mondo: la resistenza psicologica. Anziché pretendere spiegazioni da quegli esperti di cui finora si è fidato ciecamente o mettere in dubbio la credibilità di chi continua a cambiare la narrativa da mesi per far coincidere la realtà con l’assioma iniziale, l’immunizzato scaglia tutta la sua frustrazione contro i no-vax, coloro che hanno deciso di non seguire la sua stessa strada. Sono loro gli untori, sono loro che contagiano, sono loro che creano le varianti, che riempiono le terapie intensive e mandano in tilt la sanità pubblica, che compromettono i sacrifici di milioni di persone, che rischiano di non farci uscire mai più da questo incubo. Ma sì, non c’è altra spiegazione, altrimenti significherebbe che esperti pluripremiati con centinaia di pagine di pubblicazioni alle spalle si sono sbagliati. E questo non può essere vero! Quanto più l’immunizzato inizia a dubitare della sua scelta e della narrativa ufficiale, tanto più la sua rabbia contro i no-vax sale. Ogni giorno si alza e pensa a un nuovo modo per punirli, per offenderli, per umiliarli, per farli sentire la feccia dell’umanità. Li chiama con disprezzo ignoranti, egoisti, irresponsabili. I media intuiscono che le sue certezze iniziano a vacillare e gli vengono incontro ogni mattina con un nuovo editoriale, in cui uno psicologo o un altrimenti esperto in qualcosa spiega che i no-vax sono meno istruiti della media, hanno qualche problema cognitivo o relazionale, non credono nella scienza, nell’UE, nelle istituzioni, votano a destra, sono di estrema sinistra, sono sovranisti, insomma sono irredimibili e meritano, pertanto, di essere obbligati con la forza a fare quello che semplicemente si deve fare perché è così. Rassicurante, certo, ma poi i dubbi ritornano. E allora mettiamo il Green Pass, che limita fortemente la libertà di movimento di chi non si è vaccinato. No, non basta: bisogna che i tamponi non siano gratuiti, i no-vax devono pagarseli, diamine. Così imparano! Ma nemmeno questo è sufficiente e già c’è chi propone di togliere del tutto i tamponi come attestato di negatività e di limitare la validità del Green Pass ai soli “immunizzati”. Poco importa che lo siano per davvero e si contagino come gli altri, infondo questa misura non è mai stata pensata per esigenze sanitarie, ma unicamente come forma di coercizione verso l’obbedienza sociale. Ormai si gioca a carte scoperte. Ma neppure questo sembra bastare a convincere i più ostinati e allora ecco che appare il costituzionalista della domenica a spiegarci che in queste circostanze eccezionali è giusto e “legittimo” privare i non vaccinati dell’assistenza sanitaria pubblica. Chi se ne frega della costituzione, infondo siamo in emergenza e durante un’emergenza, per definizione, tutte le normali regole saltano. Il “bene comune”, qualunque cosa si voglia intendere con questo concetto, viene prima. Come in ogni regime dittatoriale, il singolo deve obbligatoriamente cedere e piegarsi per il bene della collettività. Ormai il problema non è più sanitario, è politico e anche sociologico. “Vaccinarsi è un dovere civico”, ci sentiamo ripetere ogni giorno. Poco importa se in qualche caso il vaccino crea più danni di quelli che potenzialmente può prevenire. Poco importa se non impedisce di contagiarsi e di contagiare altri. Se l’ho fatto io, perché non devi farlo pure tu? Io mi sono sacrificato per il bene della società, accettando i rischi di un vaccino di cui oggi anche i luminari non sono più così convinti, e tu pretenderesti di godere dei miei stessi diritti? No, ti meriti una punizione esemplare! E se non ti basta il Green Pass, penseremo a un obbligo ex iure oppure a campi di confinamento. Comunque sia, il treno è in corsa e non può certo fermarsi per quattro sfigati. Fate largo o vi investiremo.

Si può rovesciare un governo, almeno in teoria si può anche fermare un sistema di potere globale come quello attuale. Ma niente può fermare il bias di conferma di milioni di persone non disposte ad ammettere anche solo la possibilità di essersi sbagliate. Difficile non è cambiare idea: difficile è cambiare idea dopo essersi compromessi per un’altra. Presuppone un coraggio e una capacità di autocritica che solo pochi posseggono. Per i più è molto più facile odiare il nemico a portata di mano, quello che i media additano come l’untore, qualcuno sul quale scaricare la frustrazione per quella normalità che ormai è andata perduta. Il no-vax è il nuovo terrorista, la nuova Al Qaeda dopo l’11 settembre, la nuova minaccia della società, l’ingranaggio che ferma la macchina, l’ostacolo che si frappone al ritorno alla normalità, l’avversario da annichilire a qualsiasi costo, il nuovo Afghanistan da occupare. Come nell’Afghanistan reale, tra venti anni, o forse molto meno, nessuno lo penserà più. Anzi, tutto indica che finirà allo stesso modo: con una ritirata ignominiosa, che si lascerà alle spalle più problemi di quelli trovati all’inizio e consegnerà la vittoria a quelli che avrebbero dovuto essere i nemici dichiarati. Nel frattempo, si saranno calpestati diritti, vite umane, conquiste sociali e giuridiche costate secoli di lotte. Tutto per soddisfare gli interessi di pochi e, quel che è peggio, l’illusione di molti di aver scelto la parte giusta della storia.

Sorgente: Giubbe Rosse: Ogni mattina un “immunizzato” si alza e pensa a come togliere un diritto a chi non si vaccina

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