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Il 2021 sarà l’anno del vaccino contro il Covid-19. Alcuni candidati sono in dirittura d’arrivo e altri verranno, in un panorama variegato che offre piattaforme diversificate, tradizionali o innovative, apre a grandi speranze, ma lascia da sciogliere alcuni dubbi. Per fare chiarezza sul vasto tema è nato un documento dell’Accademia dei Lincei preparato da Alberto Mantovani e Guido Forni, con il contributo di esperti fra cui Rino Rappuoli, che si propone di condividere le conoscenze come parte della responsabilità sociale dell’antica istituzione scientifica.

È di ieri la notizia del via libera, da parte dell’ente britannico per i farmaci, al vaccino americano prodotto dalla Pfizer. Quanto è importante esserci arrivati?
«La scienza ogni tanto fa miracoli — commenta il professor Mantovani, immunologo di fama mondiale, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e professore emerito dell’Humanitas University —. Non mi riferisco solo al candidato della Pfizer, ma a tutti i vaccini che stanno per essere approvati, anche se in via emergenziale. Lo abbiamo scritto nel rapporto dell’Accademia: è sicuramente un passo importante, che lascia aperte alcune incognite».

Si riferisce alla sicurezza?
«Condividiamo l’idea di un’approvazione accelerata, perché non possiamo dimenticare il contesto in cui ci muoviamo: le vittime numerosissime e i problemi di salute che verranno, dato che stimiamo che pagheremo un caro prezzo negli anni in termini ad esempio di incidenza di tumori. Ci sono una serie di passaggi burocratici che sono stati snelliti, ma non si sono saltate delle tappe: i vaccini in dirittura d’arrivo saranno stati sperimentati su decine di migliaia di persone, con effetti collaterali a tutt’oggi accettabili».

C’è un candidato vaccino «migliore» di altri, in termini di efficacia?
«Con i dati di due soli mesi di osservazione nella fase 3 non possiamo fare confronti. Abbiamo bisogno di una protezione che duri almeno una stagione invernale: siamo al primo km di una corsa di mezzo fondo che si conclude al quinto chilometro, per usare un paragone sportivo. Non esiste il vaccino “migliore” ed è bene che ce ne siano diversi, perché nessuno singolarmente protegge il cento per cento dei soggetti; inoltre, ci possono essere bisogni differenti, sia dal punto di vista logistico che fisiologico. Nel continente africano ad esempio è difficile assicurare la catena del freddo per la conservazione, e alcuni vaccini contro influenza sono disegnati ad hoc per gli anziani».

Perché l’Europa arriverà ultima nell’autorizzazione emergenziale?
«Escludendo Cina e Russia, che non hanno aspettato i risultati della Fase 3 e hanno approvato un loro candidato senza sapere se fosse efficace, possiamo dire che l’agenzia europea è stata a volte un più severa rispetto ad altri enti: è una peculiarità salutare e la differenza è comunque minima. Tra la fine del mese e l’inizio di gennaio si esprimerà anche l’EMA (Agenzia europea per i medicinali)».

Chi sarà vaccinato sarà ancora contagioso?
«Fino a quando non avremo dati più completi non si può dire. È ragionevole pensare che se un vaccino protegge il 70 per cento della popolazione contro l’infezione e la malattia, le stesse persone non potranno trasmettere il virus».

Quanto potrebbe durare la protezione?
«Non lo sappiamo ancora, per questo servono più vaccini. Ci auguriamo una risposta immunitaria (e la conseguente protezione) che ci copra per almeno sei mesi, e sono stati recentemente pubblicati su Lancet dati molto incoraggianti da questo punto di vista».

Il vaccino è più efficace dell’infezione naturale del nostro corpo nello stimolare la risposta del sistema immunitario?
«Non c’è il minimo dubbio: i livelli della risposta immunitaria osservati nei vaccinati sono di gran lunga superiori a quelli osservati nella stragrande maggioranza dei soggetti infettati. Si è diffusa l’idea che l’infezione naturale sia un buon “allenamento”, ma non è così. Ad esempio, il morbillo azzera la memoria immunologica verso altri agenti infettivi per due anni. Se faccio il vaccino sono protetto dal morbillo e ho al contempo una riduzione dell’incidenza di altre infezioni respiratorie».

Il vaccino arriverà prima anche rispetto a una terapia specifica?
«In questo momento la terapia è fondata su due cardini: il controllo della trombosi tramite eparina e il cortisone, che è dimostrato riduca la mortalità, anche se va usato solo in una finestra temporale molto specifica. È una malattia che ancora non conosciamo così bene. I fallimenti (come quelli dell’idrossiclorochina, del remdesivir e del plasma iperimmune) sono importanti, perché la scienza va avanti così. La terapia è ancora fondamentale, però, perché i vaccini sono luci in fondo al tunnel, ma il tunnel dobbiamo attraversarlo e si chiama “inverno”».

Come giudica la possibilità di mutazioni di SARS-CoV-2 che possano mettere in pericolo i vaccini?
«Il virus è relativamente stabile, c’è una mutazione che si è diffusa e che probabilmente lo rende più capace di infettare le vie aeree superiori senza renderlo più aggressivo, ma per ora le mutazioni non riguardano il bersaglio dei vaccini, la proteina Spike. Non possiamo sapere se comparirà “un mutante” in futuro, ma la ricerca scientifica ci aiuterà anche in quel caso».

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha previsto il raggiungimento dell’immunità di gregge per la fine del 2021. È verosimile?
«Non faccio previsioni, ma credo che dipenderà da noi come società e come individui».

Cosa non dobbiamo sbagliare nel piano vaccinale?
«Sono tranquillo sul monitoraggio, ma l’aspetto organizzativo è sempre stato un problema nel nostro Paese. Se si pensa solo a disporre spazi e frigoriferi si sta sbagliando. Mi auguro che gli aspetti organizzativi siano accompagnati da una campagna di formazione e informazione. Se non si prepareranno i cervelli e i cuori alla campagna vaccinale, temo che andremo a sbattere».

E la responsabilità dei singoli?
«Quando vado in macchina allaccio la cintura di sicurezza ai miei nipotini. I vaccini hanno questo potere straordinario: “allacciano la cintura di sicurezza” a chi non lo può fare da solo, come i 1.500 bambini malati di cancro che vivono nel nostro Paese».

Roberto Battiston, professore di Fisica sperimentale all’università di Trento, dalle colonne del Corriere ha lanciato una provocazione: vaccinare prima i liceali per eliminare la sorgente dei contagi. Cosa ne pensa?
«C’è un elenco di priorità condiviso in tutto il mondo: il personale sanitario deve essere vaccinato per primo. Avere ad esempio un oncologo vaccinato eviterà, come è successo, che si perdano 1.400.000 esami di screening, che vuol dire, ad esempio, intercettare 2.000 cancri al seno».

Che cosa farà a Natale?
«Seguiremo le regole. Se non potremo trovarci tutti insieme, faremo quello che abbiamo fatto nei periodi di lockdown, in primavera e adesso: prepareremo i pisarei a mano e li mangeremo “insieme” grazie a una piattaforma online di condivisione».

 

Sorgente: Mantovani: «Tempi record per il vaccino, ma non possiamo sapere se comparirà “un mutante” in futuro»

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