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Il ministro degli Esteri sulle tensioni in maggioranza prima del voto sul Mes: “Vedo una pressione eccessiva: io rispetto sempre le opinioni di tutti, ma bisogna evitare di incendiare il dibattito politico”

DI ANNALISA CUZZOCREA

ROMA – Ministro Di Maio, come può l’Italia presentarsi ai tavoli europei se la sua maggioranza non è unita sulla politica comunitaria?
“Le divisioni che vedo in maggioranza non sono sulla politica comunitaria, ma su quella economica. Facendo mie le parole del ministro Gualtieri, ricordo a tutti che il Mes vale 300 milioni, non 37 miliardi. Se penso che stiamo discutendo da un anno per 300 milioni di euro, quando abbiamo speso 100 miliardi in 10 mesi, mi preoccupo…”.

Parla della differenza tra finanziarsi col Mes e finanziarsi sul mercato. Sono 300 milioni all’anno, a interessi vigenti. Tre miliardi in 10 anni. Non pochissimo. Ma qual è la sua posizione sul fondo salva-Stati e sugli altri strumenti sul ta volo Ue?
“Io credo che in questa fase l’Ue abbia dato una risposta degna del suo nome. In Italia c’era chi scommetteva sul default, sul fallimento della commissione Von der Leyen che è nata grazie ai voti determinanti del M5S all’europarlamento, non dimentichiamocelo. È andata a finire al contrario: non solo abbiamo negoziato con successo uno strumento come il Recovery, ma ce ne siamo aggiudicati la parte più cospicua”.

Polonia e Ungheria permettendo.
“Di mezzo ci sono i tempi burocratici e i veti di pochi Paesi ancorati ai propri nazionalismi, nodi che conosciamo e sui quali invitiamo l’Ue a riformarsi, ma l’obiettivo oggi è davanti a noi, stiamo per imprimere il via alla ricostruzione, è un momento storico e l’Italia c’è, è al centro dell’Europa, che a sua volta grazie anche al grande sostegno della Bce ha saputo fornire strumenti importanti mentre nel mondo le altre grandi democrazie occidentali arrancavano. Con queste risorse e le nuove politiche della Bce, non capisco a cosa ci serva il Mes”.

Forse a dimostrare che questa fiducia nell’Europa è reale. Il primo dicembre lei ha parlato di riforma peggiorativa, quasi sdoganando coloro che adesso minacciano di non votare la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del premier. Perché?
“La riforma non piace nemmeno a me e infatti ritengo non sia necessario usare né il Mes pre-riforma, né quello post-riforma, né quello sanitario. Stiamo costruendo una montagna sul nulla. Perché i numeri in Parlamento per accedere a questo strumento non ci sono mai stati. Dall’altra parte, mi faccia dire, vedo un pressing ingiustificato: io rispetto le opinioni di tutti, ma bisogna evitare di incendiare il dibattito politico”.

Parla del Pd, che con Delrio vi invita a essere coerenti con le scelte fatte? Zingaretti definisce la linea pandemica del Mes vantaggiosa. Renzi invita a prenderlo. Può reggere la maggioranza con posizioni così diverse?
“Guardi, io credo nel valore della democrazia. Questo Parlamento è espressione del voto elettorale del 2018: il M5S è la prima forza politica, la sua voce non ha solo un peso, è determinante nell’architettura istituzionale. Le provocazioni lasciano il tempo che trovano e mi riferisco non solo a quelle interne al M5S, ma anche a quelle interne alla coalizione di governo. Il no al Mes è un fatto numerico, matematico, democratico. Perché alzare i toni? Perché complicare le cose? Perché nessuno comprende che gli interessi qui sono molto più grandi di quelli dei partiti? Riguardano il Paese, il nostro futuro”.

Deve dirlo anche a chi continua a combattere ideologicamente contro un acronimo.
“Ma questa non è una spaccatura tra populisti ed europeisti, è un dibattito molto più profondo, non si può liquidare in questo modo. E ha radici nella tragica esperienza della crisi ellenica, nell’evidenza che nessun altro Paese Ue a oggi abbia chiesto il Mes, nella necessità di tutti gli Stati membri di individuare uno strumento più adatto come il Recovery Fund. Il 9 Conte verrà in aula, la maggioranza dovrà votare compatta e in modo responsabile”.

Il presidente del Consiglio è fiducioso: il governo non cadrà sul Mes. Ne è convinto anche lei?
“Per guidare un Paese il governo deve dimostrare una certa forza, che si misura nella promozione dei progetti e delle prospettive condivise dalla maggioranza. Questo è il momento di dimostrare che questa forza è utile a conferire stabilità al Paese”.

Ma l’esecutivo questa forza ce l’ha? O rischia un incidente parlamentare? Renzi lo sta cercando?
“Credo che nessuno speri nell’incidente parlamentare e penso, mi auguro, che non si verificherà”.

Ha detto: non potete mettere Conte sul patibolo. Chi lo sta facendo?
“Lo fa chi non comprende il peso della responsabilità che abbiamo di fronte, chi cerca di confondere le acque, chi prende tutto come se fosse una rincorsa alla propria visibilità. Qui c’è in gioco il futuro dell’Italia, è incomprensibile prestare il fianco ai nostri detrattori dopo tutto ciò che siamo riusciti a raggiungere fino a ora. Dobbiamo evitare che i 209 miliardi di euro che spettano all’Italia finiscano nelle mani sbagliate”.

Cosa spinge gli irriducibili anti-riforma?
“Io credo si stia confondendo l’utilizzo con la riforma. Ì contrari non sono solo nel M5S, come le ho detto non è un mistero che si potesse fare meglio. Francamente credo che il punto sia soprattutto un altro: riconduco certi scontri alla mancanza di un dialogo fluido tra una parte della maggioranza e il governo e questo, senz’altro, deve essere migliorato.

Condivide l’impostazione del reggente: chi vota contro la risoluzione di maggioranza è fuori dal Movimento?
“Non gli ho sentito fare dichiarazioni in questo senso, in ogni caso do il mio pieno sostegno a Vito Crimi”.

Ma lei pensa che chi voterà contro possa restare?
“Questo lo deciderà sempre il capo politico reggente”.

Il sottosegretario Alessio Villarosa chiede che a decidere siano gli iscritti su Rousseau. È ancora possibile seguire questo schema, mentre il Paese stremato dalla pandemia attende i fondi del Recovery?
“Vorrei che fosse chiaro ancora una volta. Mercoledì in aula si vota una risoluzione sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio, che sosteniamo pienamente e già sostenuto due volte dai nostri iscritti con votazioni plebiscitarie per questo governo. Vogliamo mettere al voto degli iscritti Giuseppe Conte a 24 ore dal vertice europeo più importante degli ultimi anni?”.

Nei dieci punti che ha presentato, lei traccia una politica del tutto compatibile con quella della maggioranza su temi che possono essere punti di incontro: la transizione digitale ed energetica, la riforma degli strumenti di sostegno al reddito, l’accelerazione su formazione e ricerca. Crede che il Movimento sia abbastanza maturo da seguire questa impostazione?
“Ne sono certo, il disegno di Italia 2030 è un insieme di riflessioni, che peraltro approfondirò nei prossimi giorni, già presente nel dna del M5S. La sanità territoriale, la green economy, il digitale, il debito buono, gli investimenti produttivi a favore delle nostre imprese sono tutti percorsi già intrapresi dal Movimento. Ora vanno rafforzati”.

Dire che vanno separati gli strumenti di sostegno al reddito dalle politiche attive per il lavoro significa certificare il fallimento del reddito di cittadinanza?
“Assolutamente no, significa adeguare uno strumento indispensabile, che si è rivelato lungimirante, in vista degli sviluppi che comporterà questa crisi pandemica. A oggi l’obiettivo è completare il progetto del reddito, sui target la ministra Catalfo sta seguendo la giusta direzione”.

Cita una delle possibili vittime del rimpasto. Se alla maggioranza mancassero più di 15-20 voti, una crisi non sarebbe inevitabile?
“I ministri M5S e soprattutto le nostre ministre meritano rispetto per tutto ciò che stanno portando avanti. Per quanto riguarda la risoluzione, vedremo in aula se mancheranno i voti”.

Ha sentito Di Battista in questi giorni? Ha capito se correrà per la segreteria?
“Con Alessandro non abbiamo mai smesso di sentirci, anche nei periodi in cui siamo stati agli antipodi. Per fortuna esistono i rapporti personali, oltre alla politica. Per le sue scelte, chiedete a lui”.

Lei ha deciso?
“Farò le mie valutazioni a tempo debito”.

Ieri Rousseau ha affidato un seminario sul Mes al primo dei firmatari della lettera che dice no alla riforma. Come si fa a continuare così? Con due movimenti paralleli?
“Finché i nostri parlamentari finanziano Rousseau, è giusto che almeno lo usino”.

È d’accordo sul fatto che i soldi dei parlamentari vadano su un conto M5S d’ora in poi?
“Condivido l’esito degli Stati generali: l’ipotesi di affidare al Movimento la gestione dei finanziamenti che provengono dai territori”.

Sorgente: Di Maio: “Sul Mes è in gioco il Paese. Gli alleati non provochino, l’incidente sarà evitato” | Rep