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L’Armenia è un’ex repubblica sovietica situata nella regione montuosa del Caucaso, a cavallo tra Asia ed Europa. Non sono molte le persone che conoscono storia e collocazione di questo piccolo Stato, incastonato tra Turchia ed Azerbaijan.

In questo 2020 forse qualcuno in più ha scoperto la discreta presenza dell’Armenia in seguito alle decine e decine di articoli e post Facebook riguardo Armine Harutyunyan, la giovane modella di Gucci, finita agli onori della cronaca per la sua bellezza fuori dai classici canoni estetici.

Ma se la stampa, italiana e internazionale, si è sprecata in dibattiti sulle folte sopracciglia della top model, lo stesso non si può dire per la recente guerra che ha distrutto migliaia di vite armene, prodotto 130.000 rifugiati ed è costata al piccolo Stato cristiano stretto tra due colossi dell’Islam, la perdita di un territorio storicamente abitato dagli armeni: il Nagorno Karaback (in armeno Artsakh).

Matteo Galletta, cremasco, insieme alla sua compagna armena Araks Antanesian hanno viaggiato in piena pandemia da coronavirus fino a Erevan – la capitale – per partecipare a una tre giorni organizzata della no-profit AGBU (Armenian General Benevolent Union). Un evento che aveva l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso il lavoro di giornalisti e politici: ogni Paese europeo aveva la sua delegazione. “Sono spinto da una grande empatia verso i cristiani d’Oriente: tenevo a dare il mio contributo, portando professionisti dell’informazione per raccontare ciò che stava accadendo”, spiega Matteo.Ma cosa stava accadendo? Il Nagorno Karabakh è una regione senza sbocco sul mare, sita nel Caucaso meridionale e appartenente geograficamente all’Altopiano armeno. Anche se ormai è d’obbligo il tempo passato. L’Azerbaijan, grazie a pesanti investimenti nella tecnologia militare, l’appoggio della Turchia di Erdogan e l’impiego di 2.000 jihadisti siriani, è riuscito a riprendere un territorio che gli armeni azeri avevano conquistato dopo le persecuzioni avvenute in Azerbaijan durante i primi anni ’90 che li avevano costretti a fuggire. Rioccupando il Nagorno Karabakh e le limitrofe zone cuscinetto, avevano indetto un referendum e proclamato l’indipendenza, che però nessun altro Stato ha mai riconosciuto. Tra il 1994 e il 2016 c’è stata qualche “scaramuccia” lungo il confine, poi gli azeri avevano riconquistato una collina in seguito alla “guerra dei 5 giorni”.

Sorgente: Armenia: una guerra senza eco. Il racconto del cremasco Matteo e della sua compagna Araks – Cremaoggi

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