È fatta. Le porte alla cementificazione delle coste sarde sono state spalancate nella tarda serata di giovedì, quando il consiglio regionale ha approvato la proposta di legge, presentata dalla maggioranza di centrodestra, che mette fuorigioco il Piano paesaggistico regionale (Ppr).
Dopo una lunga battaglia, con 31 voti favorevoli, 20 contrari e un astenuto, l’aula ha licenziato un testo che, di fatto, libera la Regione dall’obbligo di concordare con il ministero per i beni culturali (Mibact) i vincoli del Ppr sulla fascia costiera, sui beni identitari e sulle zone agricole. La maggioranza guidata dal sardo-leghista Christian Solinas ha sempre dichiarato che il provvedimento è mirato a «salvare» la strada a quattro corsie Sassari-Alghero, sulla quale grava il parere negativo della Sovrintendenza del ministero per i beni culturali.
Ma la «giustificazione» dell’infrastruttura è stata sempre considerata un bluff dalle opposizioni (Pd, Leu, Progressisti e M5S), solo un cavallo di Troia per scardinare il Ppr e cementificare dove sinora non è stato possibile. E a nulla è servito l’annuncio della ministra dei Trasporti Paola De Micheli sul prossimo sblocco della Sassari-Alghero in consiglio dei ministri: «È solo un annuncio, l’ennesimo.
Di fatto il governo non ha fatto nulla», è stata la replica del centrodestra. Così la maggioranza è andata avanti fino all’approvazione finale. «Non abbiamo alcuna intenzione di cementificare – ha detto il capogruppo del Partito sardo d’azione Franco Mula, relatore del progetto di legge e tra i pochi nel centrodestra a intervenire durante la seduta che ha portato all’approvazione della legge – Vogliamo occuparci subito delle infrastrutture che devono essere realizzate; il resto lo decideremo dopo insieme con voi. Oggi abbiamo scritto una nuova pagina nella storia dell’autonomia della Sardegna».
Sino all’ultimo la minoranza ha chiesto un passo indietro. «Il vero obiettivo della legge è quello di far cadere i vincoli su fascia costiera, agro e beni identitari, le strade non c’entrano nulla. E questo è un colpo di mano, considerato che non è stata accolta nemmeno la proposta della ministra», ha denunciato in aula il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Gianfranco Ganau. Il consigliere dem ha anche posto l’accento sul fatto che “l’approvazione di questa legge potrebbe mettere in discussione la stessa possibilità, da parte del consiglio dei ministri, di procedere allo sblocco immediato della strada Sassari-Alghero».
Infatti, ha spiegato Ganau, «c’è il rischio di un contenzioso in sede di Corte costituzionale, che allungherà i tempi per l’ultimazione della quattro corsie”. Eugenio Lai (Leu) ha ricordato i rischi che vengono dal fatto che la legge abbia carattere retroattivo. «Di fatto – ha spiegato – si tratterà di una sanatoria di tanti abusi edilizi». Come previsto da Ganau, i gruppi ambientalisti sardi rispondono a muso duro annunciando il proposito di bloccare la legge per vie legali.
«Le norme appena approvate – dicono Italia Nostra, Wwf Sardegna e Gruppo di intervento giuridico (Grig) – sono anticostituzionali. È la Carta, infatti, che stabilisce il principio per cui in materia di paesaggio e di ambiente le Regioni non possono decidere se non in accordo con il ministero per i beni culturali. Ricorreremo contro la legge al Tar. E se non basta arriveremo alla Consulta». «Ora tutto è in mano alla Regione – spiega Stefano Deliperi del Grig – Fascia costiera di trecento metri dal mare, aree agricole e beni identitari (aree archeologiche e monumenti), cioè le zone tutelate finora dal Ppr, sono a rischio. Gli interessi sono enormi.
Tanti mega-progetti edilizi, al momento fermi, potrebbero ripartire. Gli esempi sono numerosi. Tra i maggiori Calagiunco (Villasimius), Costa Turchese (Olbia, un progetto della società della famiglia Berlusconi) e Capo Malfatano, un’area vergine dove voleva costruire un’impresa che aveva tra i soci Mps e i Benetton. E poi la necropoli punica di Tuvixeddu, a Cagliari, minacciata da un’operazione immobiliare che è stata bloccata dal Ppr: ora le ruspe potrebbero riaccendere i motori». Intanto, una petizione contro la legge, lanciata da Grig, ha raggiunto e superato le 30 mila firme.