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Comizio dei leader della destra a Pescara, dove domenica si annuncia un testa a testa tra Marsilio e lo sfidante D’Amico. La premier, eletta nella Regione e amica del governatore uscente, evoca complotti: “Fino alle Europee succederà di tutto”

PESCARA — «Matteo? ‘Ndo sta Matteo?». Bacioni da Pescara: Salvini è già rimontato sull’auto blu. Il vicepremier leghista non aspetta nemmeno che Giorgia Meloni finisca di parlare. Parte l’inno d’Italia sul palco e il capo del Carroccio è già sgommato via. La presidente del Consiglio – che aveva appena comiziato così: «Siamo compatti, stiamo insieme per scelta, non come dicono i giornali di sinistra» – è accanto al podio e aspetta che gli altri leader della coalizione la raggiungano per l’ultimo abbraccio a favore di flash. E invece il capo del Carroccio non si trova. Sbucano dalla tenda, uno dopo l’altro, Antonio TajaniGianfranco Rotondi, pure Maurizio Lupi. Salvini no: si è fatto la foto prima del comizio, poi ha parlato ed è filato via. Riecco Lupi, a bordo palco: «Salvini? È scappato». Risata. «No, dai: ha un altro comizio».

Meloni in Abruzzo: “Ho l’elmetto”. Ma Salvini la lascia sola sul palco

Abbraccio collettivo o no, il peso politico della tornata d’Abruzzo grava tutto sulle spalle della premier. Dopo il tonfo sardo, Meloni domenica non può perdere. «Ho messo l’elmetto, da qui alle Europee succederà di tutto», arringa i suoi in piazza Salotto, accanto al palazzone che ospitava la Dc. La Regione è diventata, da cinque anni, una sorta di succursale del partito romano. Al timone c’è il governatore uscente, Marco Marsilio, meloniano di ferro che la speaker presenta con questa formula: «È amico di Giorgia da sempre». Meloni lo sa: «Marco è stato il primo presidente di Regione di FdI». Finisse male, Marsilio non potrebbe recitare la parte del Truzzu, incolparsi di tutto, parlare di «vicende locali». Troppo forte il legame con via della Scrofa. La leader sorride, ma i suoi sono crucciati per gli ultimi sondaggi riservati, che danno quasi un testa a testa: il candidato del campo larghissimo, Luciano D’Amico, insegue a un’incollatura. Non a caso Elly Schlein tornerà qui mercoledì e giovedì, tra Sulmona e Pescara. Anche Giuseppe Conte batte l’Abruzzo da giorni, ma si tiene a distanza dalla leader dem. Meloni un po’ ci gioca: «D’Amico si vergogna dei suoi leader».

Lei, la premier, non può svicolare invece. Le tocca quindi blindare il “Lungo” di Colle Oppio. «Sono un po’ stanca», ammette. Ma intanto ha raddoppiato gli appuntamenti: prima del comizio sulla costa, passa un’ora a Teramo a parlare con le sigle degli imprenditori. Poi, sul palco, torna a esibirsi con la voce in falsetto, per ridicolizzare la critica che viene ripetuta di più dagli avversari di Marsilio: «Dicono: è stato catapultato da Roma… Ma se è l’unica cosa che sanno dire dopo 5 anni, significa che ha governato bene». Anche Marsilio sa che il suo pendolarismo Roma-L’Aquila è un tasto dolente. Al microfono si difende con questa trovata: «La sinistra dice che lavoro in smart working e poi fa tanta retorica sui migranti!».

Nella città di D’Annunzio, Meloni plana con tutto lo staff di Palazzo Chigi. E fa la danza della pioggia, perché prima che la premier parli, i nuvoloni cominciano a gonfiarsi. Il vento sbuffa. Giovanni Donzelli manda un bigliettino a Tajani che comizia: «Sta per piovere». Dunque: stringere. La premier pensa però che l’acquazzone sia un portafortuna. Si aggrappa al talismano del meteo: «Tutte le volte che vengo a Pescara, piove. Però l’ultima volta sono diventata presidente del Consiglio». Alla Camera è stata eletta proprio qui. Collegio uninominale “Abruzzo 03”. Quindi, «sarebbe brutto se mi cacciate». L’effetto Sardegna? «Dobbiamo ancora vederlo, non si è capito com’è finita. Qua sono ottimista».

Tutto il governo è schierato da settimane, a ranghi completi. Salvini, come la premier, ricorda lo sblocco dei fondi della Roma-Pescara, ultima mancia elettorale. Poi, uguale a Meloni, esalta le forze dell’ordine dopo i fatti di Pisa, «guai a chi le mette in discussione», evoca i trattori (e la premier subito rilancia: «Me ne hanno offerto uno, lo metterei nel cortile di Palazzo Chigi»), si scaglia contro gli «arrosticini finti», contro «genitore 1 e genitore 2», contro il fanatismo islamico. Tajani ricorda invece il G7 a Pescara sulla cooperazione internazionale e scommette una frittura di pesce sulla vittoria. Anche perché, chiosa nemmeno troppo sibillino, «in Abruzzo non c’è il voto disgiunto».

 

(di Lorenzo De Cicco – repubblica.it)

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