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di Claudio Bozza

Riempite tutte le caselle del nuovo governo, Matteo Renzi avvia la scissione dal Pd. Il logo è pronto, ma top secret: la svolta potrebbe arrivare addirittura prima della Leopolda del 19 ottobre, creando due nuovi gruppi in Parlamento. Oggi sono 18 i deputati e 6 senatori pronti a seguire l’ex premier in questa nuova avventura, che potrebbe condurre a breve a fondare anche un nuovo partito. L’accelerazione è arrivata dopo che Renzi non è riuscito a incassare quanto chiedeva: 5 tra viceministri e sottosegretari (solo 2 alla fine: Anna Ascani e Ivan Scalfarotto), dopo aver ottenuto i dicasteri di Famiglia e Agricoltura. Ma se l’ex premier accelera, sono diversi, nel partito, a frenare sull’ipotesi scissione: «Nel Pd ci sono tante sensibilità, se qualcuno ci lascia non mi sento più libero. Poi il destino ognuno se lo sceglie, ma non ne sarei felice», commenta il presidente del Parlamento Ue David Sassoli. «Il Pd dovrebbe discutere di come governare non di come e se dividersi», scrive su Twitter il vicesegretario dem Andrea Orlando. E l’ex segretario Maurizio Martina: «Tornare a Ds e Margherita? No grazie». Mentre Sandro Gozi invita a «lasciar stare la teologia»: «Nessuno scisma o aiuto al suicidio. Dobbiamo invece rafforzare la maggioranza e riorganizzare la politica italiana».

Ma Luca Lotti resta

A Montecitorio, per creare un nuovo gruppo, servono almeno 20 deputati. Per ora il pallottoliere è arrivato a 18, ma il vicepresidente della Camera Ettore Rosato è impegnato da giorni in una delicata campagna acquisti tra eletti del Misto e, soprattutto, tra gli anti Salvini di Forza Italia: Mara Carfagna è il principale interlocutore. Oltre a Rosato, tra gli scissionisti dem ci sono: Maria Elena Boschi, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Gennaro Migliore, la viceministra all’Istruzione Anna Ascani, Luciano Nobili, Roberto Giachetti, Luigi Marattin e il sottosegretario Ivan Scalfarotto, che assieme a Rosato è coordinatore dei comitati civici nati per superare il Pd. A sorpresa potrebbe esserci anche Catello Vitiello, espulso dal M5S prima dell’elezione. Resteranno invece nel Pd buona parte dei parlamentari della corrente di Base riformista, guidata da Luca Lotti e dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. In questo quadro, in Parlamento, si formerebbero due gruppi renziani: i «falchi» della nuova formazione e quelli dell’ala più moderata, dove potrebbe arrivare l’addio di qualche scontento.

Il ruolo di «azionista del governo

Al Senato la partita è un po’ più complicata, perché il regolamento non consente la creazione di un gruppo autonomo. I renziani, con l’ex premier in testa, potranno soltanto formare una componente all’interno del Misto, con la ministra Teresa Bellanova, l’ex tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, Davide Faraone, probabilmente Nadia Ginetti ed Eugenio Comincini. Resta da capire quali saranno le mosse di un altro iper renziano come Andrea Marcucci: il capogruppo al Senato rimarrà nel Pd? Oppure lo farà solo in un primo momento per un addio in seguito? Il primo obiettivo di Renzi, con la creazione di gruppi autonomi, è di vedersi riconosciuto formalmente il ruolo di «importante azionista» del governo per sedersi al tavolo delle nomine. Quelle da fare a breve sono pesanti: il rinnovo dei vertici di Cassa depositi e prestiti, AgCom, Inps, Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna. Mentre a medio termine, con l’approvazione di una nuova legge proporzionale, l’obiettivo è tornare ad essere decisivo anche con un peso di consensi decisamente inferiore rispetto a quando era il paladino del maggioritario.

I finanziatori

L’ex premier, da gennaio, in vista della creazione del suo nuovo partito è anche tornato a caccia di finanziatori con la sua nuova Matteo Renzi Foundation, dopo che la precedente Open aveva raccolto 6,7 milioni in sei anni. Nell’ultimo periodo, l’ex premier ha intensificato, a Milano, cene da 5 mila euro a testa in su con imprenditori, manager e mondo della finanza. In prima linea, tra i nuovi sostenitori, ci sarebbe Daniele Ferrero (patron di Venchi, cioccolateria che ha fatturato oltre 100 milioni nel 2018), ma anche il noto finanziere Francesco Micheli e pure Gianfranco Librandi, deputato Pd (ex Pdl e FI) e imprenditore lombardo con una fitta rete di contatti.

Sorgente: Renzi e il nuovo partito: pronti i nuovi gruppi renziani. Il piano scissione agita il Pd – Corriere.it

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