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Pubblichiamo in anteprima in forma integrale le bozze di intesa sottoscritte dal Presidente del Consiglio Conte e dai governatori delle tre regioni interessate: Fontana, Zaia e Bonaccini, datate 16 maggio ed attualmente in discussione nelle segrete stanze del governo.

Documenti volutamente occultati durante questi mesi e non pubblicati se non nella parte introduttiva (titolo I), indisponibili al dibattito, alla conoscenza di dettaglio, alle ipotesi sul futuro del paese. Nè studiosi nè cittadini hanno avuto modo di consultarle finora, nonostante la prima versione, circolata surrettiziamente e da noi pubblicata l’11 febbraio, facesse già presagire la gravità del processo verso cui il regionalismo differenziato avrebbe condotto.

In un’atmosfera da “golpe tecnico”, in cui decisioni riguardanti tutti gli italiani sono rimesse nelle mani di pochi esponenti dell’esecutivo e dei governi regionali, i nuovi testi delle intese annunciano un precipizio istituzionale: la frantumazione, sostanzialmente irreversibile, delle strutture materiali ed immateriali alla base della collettività e dell’identità nazionale. Scuola, Sanità, Ricerca, Infrastrutture, Beni culturali, Ambiente, Professioni, Previdenza integrativa, Sicurezza sul lavoro e altro ancora, con relative risorse, dalla competenza statale passerebbero a quella regionale. La pattuglia costituita da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna continua ad esigere ciò che voleva fin dall’inizio, incurante dei pareri diffidenti o contrari degli studiosi che in questi mesi si stanno avvicendando presso la Commissione parlamentare per il federalismo fiscale o la Commissione per le questioni regionali.

In tema di Istruzione, Università e Ricerca le muove bozze non si discostano in modo significativo dalla precedente versione dell’11 febbraio. Complessivamente, al Veneto spetta la richiesta più aggressiva: tutte le 23 materie consentite dal Titolo V della Costituzione (articolo 2 bozze Veneto). Segue la Lombardia con la richiesta di 20 materie (mancano all’appello giustizia di pace, le casse di risparmio, rurali e gli enti di credito fondiari, art. 2 bozze Lombardia). Infine, l’Emilia Romagna, che chiede 16 competenze (art. 2 bozza Emilia Romagna). Di seguito commentiamo le competenze relative all’istruzione, rimandando a Il Quotidiano del Sud (che ha avuto modo di visionare il documento non ancora pubblicato) i lettori interessati a un commento sugli altri importanti aspetti oggetto di negoziazione: risorse, giustizia, ambiente e rifiuti, lavoro e cassa integrazione, strade e aeroporti e, dulcis in fundo, flussi migratori, ovvero «la programmazione delle quote regionali di ingresso per motivi di lavoro dei cittadini comunitari».

Un breve commento sull’istruzione.

In spregio all’intesa siglata con i sindacati più rappresentativi il 24 Aprile  e alla loro manifestazione  a Reggio Calabria il 22 giugno scorso,  noncurante degli scioperi indetti dai sindacati di base, delle mobilitazioni e manifestazioni di dissenso che si moltiplicano da mesi in ogni angolo del paese, dell’indignazione crescente nei confronti dell’occultamento di un processo denunciato da più parti come irreversibile e lesivo dei principi di uguaglianza e solidarietà,  il Ministro Bussetti – unico titolare della parte di intesa in materia di istruzione – sottoscrive esattamente ciò che le Regioni pretendevano in principio.

Per Veneto e Lombardia, semplicemente tutto. Meno per l’Emilia Romagna, in questa fase, che chiede tuttavia l’organizzazione della rete scolastica, la programmazione della dotazione degli organici, la realizzazione di un sistema integrato di istruzione del secondo ciclo/istruzione professionale, ed altro.

Per quanto riguarda gli articoli del Titolo II delle bozze lombardo-venete sull’istruzione, si tratta di testi sostanzialmente sovrapponibili (fatta eccezione per una clausola sulla mobilità del personale da trasferire nei ruoli regionali, art. 11 comma 7, bozza Lombardia), che chiedono tutte le competenze presenti nella bozza del febbraio scorso.

Anzi. Dettagliano in un apposito articolo (su cui pare si concentri la maggior parte dell’attuale discussione) – l’11 per la Lombardia e il 12 per il Veneto – le norme che regolerebbero il trasferimento del personale degli Uffici Scolastici regionali, dei dirigenti scolastici e degli insegnanti di Lombardia e Veneto.

Come dichiarava, implicitamente, Bussetti proprio ieri in un’intervista al Corriere del Veneto, la scuola disegnata dalle bozze del 16 Maggio passa nelle mani della politica regionale, esattamente come è accaduto in Trentino, il cui sistema di istruzione rappresenta il modello della futura “scuola differenziata”.

D’altra parte, afferma Zaia nella sua audizione del 3 Aprile 2019 presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, il disegno è chiaro:

L’ocio del paròn ingrasa el cavàl” (1).

Come a dire: riduciamo le catene di comando, controlliamo gerarchicamente i docenti (mettendo a guardia dirigenti amministrativi e dirigenti scolastici, immediatamente dipendenti regionali) e il loro insegnamento. Facciamo (definitivamente) della scuola l’ organo di governo della conoscenza e del mercato del lavoro regionale.

L’intesa sindacale diventa ora carta straccia. Ai sindacati, dunque, la prossima mossa.

Di seguito, le bozze delle tre regioni.

Bozza della Lombardia (datata 16 Maggio)

bozza Lombardia

Bozza del Veneto (datata 16 Maggio)

licca il link qui in basso per scaricare i documenti

Sorgente: Ecco le carte segrete sull’autonomia differenziata: come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si preparano a frantumare il paese. | ROARS

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