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Razzismo e il fantasma dell’apartheid a Genova. Un genitore chiede chiarimenti al Comune a proposito della presenza di persone <senza dubbio extracomunitarie> alle elementari. La segreteria dell’assessore Fassio gira la domanda alla dirigente scolastica. Esemplare la risposta, con le parole della Costituzione: <La scuola è il luogo in cui si insegna ai bambini a non fare distinzioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”>

Razzismo. Eppure non siamo in Sud Africa prima del 1994, quando grazie alla lotta di Mandela fu abolito l’apartheid. Né negli Stati Uniti della segregazione razziale abolita nel 1964 dal Civil Rights Act. Siamo a Genova, nella civilissima via Vincenzo Ricci, a due passi da via San Vincenzo, in pieno centro. Oggi. Più precisamente nella scuola primaria Descalzi-Polacco. Insomma, non nella Virginia pre ottocentesca del romanzo “Radici”. Quel che è accaduto ha dell’incredibile. Non tanto che un genitore – il quale poco mastica di Diritto e diritti – abbia chiesto ragioni all’assessorato alle Politiche Educative e dell’Istruzione (anziché alla scuola, tra l’altro, sperando, chissà perché, di ricevere maggiore comprensione nel palazzo del potere cittadino, come, evidentemente, è stato) del fatto che studenti stranieri del corso di Italiano entrano dallo stesso portone dei bambini. Quanto la telefonata della segreteria dell’assessore Francesca Fassio alla scuola per chiedere chiarimenti circa <la presenza di persone, “senza dubbio extracomunitarie”, che seguirebbero lezioni contemporaneamente ai bambini e che utilizzerebbero lo stesso accesso utilizzato dai bambini>.
L’episodio, che ha dell’incredibile, viene raccontato nella lettera a tutti i genitori dei bambini che frequentano l’istituto, inviata alle famiglie con una risposta esemplare. Che richiama seccamente alla Costituzione. Con un particolare in più, che richiama alla vergogna delle leggi razziali fasciste: <La nostra scuola – scrivono gli insegnanti -, dopo le indegne “Leggi Razziali del 1938” è stata per qualche anno sede delle classi separate e diverse dei bambini ebrei genovesi: il nostro archivio conserva ancora i registri di quelle classi con l’infamante timbro che indicava la “Razza ebraica” o i fascicoli personali dei docenti che furono licenziati perché ebrei>. Il 26 gennaio 2001 la scuola De Scalzi, quando assessore competente era Luca Borzani, è stata co-intitolata ai fratelli Roberto e Carlo Polacco, figli del custode della Comunità ebraica genovese, che furono deportati con i genitori durante la retata alla Sinagoga del 3 novembre 1943, e morirono ad Auschwitz.
Ecco il testo della lettera.

Cari genitori,
nel corso dell’ultimo Collegio Docenti del 21 maggio, la Dirigente Scolastica ha riferito di aver ricevuto una telefonata da parte della Segreteria dell’Assessore alle Politiche Educative e dell’Istruzione, Francesca Fassio, per una richiesta di chiarimenti riguardo la segnalazione fatta da un genitore della scuola Descalzi -F.lli Polacco.
Il genitore chiedeva spiegazioni circa la presenza di persone, “senza dubbio extracomunitarie”, che seguirebbero lezioni contemporaneamente ai bambini e che utilizzerebbero lo stesso accesso utilizzato dai bambini.
La Dirigente ha prontamente chiarito che, da anni, in questo plesso, al primo piano, funziona un corso di italiano realizzato dal CPIA Centro – Levante e che, quindi, le persone incontrate dal genitore si recavano evidentemente a lezione.
Vorremmo condividere con voi alcune riflessioni che sono nate tra noi, al venire a conoscenza di questo fatto:
È noto a tutti che, da anni, l’edificio ospita una classe di alfabetizzazione degli adulti del CPIA Centro – Levante, come si può leggere sul sito della scuola, e chiaramente il corso è offerto ad adulti stranieri, non certo italiani.
Ci ha stupito che la richiesta di informazioni e chiarimenti sia stata indirizzata direttamente al Comune: basta leggere la descrizione, pubblicata al sito, delle attività che si svolgono nella scuola o almeno ascoltare quanto viene descritto e spiegato nel corso degli Open Day.
Il genitore in oggetto avrebbe potuto e dovuto, come vorrebbe la prassi, rivolgersi alle figure sempre presenti e disponibili nella scuola per avere chiarimenti circa la presenza di queste persone straniere: il personale ATA, la Referente di Plesso, i docenti avrebbero potuto fugare qualsiasi dubbio ed, anzi, avrebbero potuto invitare il genitore ad incontrare il maestro Giorgio Duò, storica figura della scuola e titolare del corso.
Inoltre colpisce che tutto ciò sia avvenuto in una scuola: luogo che è per definizione e Costituzione ed inclusivo; luogo in cui si insegna ai bambini a non fare distinzioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
La nostra scuola, dopo le indegne “Leggi Razziali del 1938” è stata per qualche anno sede delle classi separate e diverse dei bambini ebrei genovesi: il nostro archivio conserva ancora i registri di quelle classi con l’infamante timbro che indicava la “Razza ebraica” o i fascicoli personali dei docenti che furono licenziati perché ebrei. All’epoca sì che quei bambini e i loro docenti entravano ed uscivano da un ingresso diverso dagli altri! Anche per questo, ci pare significativo e al tempo stesso incoraggiante, che proprio questo edificio sia ora sede di un corso di Lingua Italiana per stranieri che accoglie e include tutti.
Questo episodio ci spinge a ribadire che solo attraverso una leale e trasparente comunicazione tra docenti e famiglie, si possono stabilire relazioni positive che possano far diventare la scuola un luogo di “incontro” e di “incontri” significativi.
La scuola non è solo luogo di apprendimenti, ma anche occasione di crescita nelle relazioni con la consapevolezza che ogni esperienza e ogni “diversità” con cui ci si confronta possono diventare, se ben gestite, una risorsa e un arricchimento.
I docenti e i collaboratori della scuola Descalzi-F.lli Polacco

Da via Ricci è tutto.
Genova, Alabama, 1750*.

*L’anno di nascita di Kunta Kinte, protagonista di “Radici”, il libro che ha raccontato l’indegna storia di razzismo, violenze, deportazioni, schiavitù dei neri d’America. Che credevamo sepolti.

In copertina, in una foto degli anni ’50, Linda Brown. È morta a 76 anni nel Kansas nel 2018. Nel 1954 la Corte suprema bocciò l’istituto frequentato da soli bianchi che le negò l’iscrizione.
La sua storia segnò la fine della segregazione razziale nelle scuole degli Stati Uniti

AGGIORNAMENTO 11 GIUGNO -Non vengono ammessi alla Sala Rosa di Tursi gli articoli 55 di Pd, Lista Crivello mentre il M5S presenterà un’interrogazione scritta. L’assessore Fassio replica con una nota al nostro articolo (ma non riferirà in consiglio comunale): <Durante il normale orario delle lezioni non è opportuno che persone adulte frequentino le strutture scolastiche>. Ma la sua segreteria alla scuola aveva chiesto notizie specifiche non sull’età, ma sulla presenza di persone, <senza dubbio extracomunitarie> segnalate da un genitore

Sorgente: Tursi chiede spiegazioni sull’ingresso comune di italiani e stranieri. La scuola risponde: “Qui si applica la Costituzione” – GenovaQuotidiana

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