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Per siriani, afghani, iraniani e iracheni l’Albania è l’ultimo avamposto per tentare l’ingresso nel vecchio continente

Vito Mariella | 24 giugno 2019

Alcune centinaia di migranti sono giunti a Tirana seguendo la rotta balcanica. Mentre in Italia continua il braccio di ferro tra il Ministero dell’Interno e la Sea Watch, dall’altra parte del mar Adriatico ci sono migranti pronti a riprendere il proprio viaggio verso l’Europa. Ad aprile di quest’anno erano oltre 3 mila i migranti intercettati lungo la frontiera. L’Albania è una tappa obbligata per i migranti di transito dalla Turchia e dalla Grecia. Si tratta in particolar modo di giovani siriani, afghani, iraniani e iracheni. Yasser (lo chiamiamo così anche se non è il suo vero nome per tutelarlo ndr) è un ragazzo di vent’anni, partito da Damasco quando ne aveva quindici.«Amo la fotografia e quando ero in Siria ero solito fare foto e riprese durante le manifestazioni contro il regime. La polizia ha provato ad arrestarmi perché ritenuto un dissidente. Per questo ho deciso di lasciare il mio Paese». L’accordo siglato nel marzo 2016 tra UE e Turchia, sembrava ormai aver chiuso la rotta balcanica, lasciando in un limbo migliaia di migranti. Yasser, infatti, è rimasto in Turchia tre anni. «Ho trovato lavoro in un’azienda di tessuti. Lavoravo 11 ore al giorno per una paga di 200 euro al mese. Ma avevo bisogno di quei soldi per vivere e pagare il viaggio ai trafficanti».Inoltre, il blocco imposto dai paesi di Visegrad, ha aumentato la presenza dei migranti, soprattutto in Grecia. Uno dei principali “tappi” d’’Europa per i migranti.«Sono ripartito, via mare, dalla città turca di Smirne, alla ricerca di un futuro migliore. Sono giunto in Grecia e sono rimasto profondamente scioccato quando sono arrivato a Moria, sull’isola di Lesbo».Moria è il più grande campo profughi presente in Grecia e forse in Europa. L’isola di Lesbo è terra di approdo per molti migranti e simbolo del fallimento europeo nella gestione della crisi migratoria. Confina con un insediamento informale dove i richiedenti asilo meno fortunati vivono in tende di fortuna e dove ci si protegge dal freddo con fuochi alimentati da materiali di scarto, plastica inclusa. Moria è un campo dove i migranti sono prigionieri delle istituzioni e della stessa isola.«Qui ho vissuto un anno e nove mesi di prigionia, è stato duro. A Moria si combatte ogni giorno per sopravvivere, è una guerra psicologica, fisica. A Moria non è possibile parlare di vita».Nel campo, i migranti sono costretti a vivere tempi biblici per ricevere risposte in merito alla richiesta di asilo politico. «Dopo una lunga attesa, la mia domanda è stata respinta. Per questo ho deciso di tagliarmi con una lametta».Lasciato il campo, dopo quasi due anni, Yasser e tre suoi amici (un siriano, un afghano e un marocchino) decidono di attraversare a piedi il confine tra Grecia e Albania, pagando 500 euro a testa. «Sino a oggi il viaggio mi è costato 3 mila euro circa. La mia prossima tappa è il Montenegro. Sto aspettando che i miei genitori, mi inviino il denaro necessario dalla Siria. Vorrei arrivare in Olanda». Nell’attesa Yasser dorme assieme ad altri migranti in un giardino pubblico di Tirana e ogni notte sogna l’Europa. L’Albania, oggi, diventa l’ultimo avamposto per tentare l’ingresso nel vecchio continente e la rotta balcanica torna a essere un’importante alternativa al passaggio in Libia.

Sorgente: Migranti, si riapre la rotta balcanica – Radici Future Magazine

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