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Mi scrive un amico di una redazione per chiedermi un pezzo sulla violenza contro le donne. È sicuramente uno sul cui impegno e onestà intellettuale nei confronti della parità di genere non ho nessun dubbio.

Eppure… eppure anche uno come lui aggiunge che sarebbe meglio lo scrivessi io perché sono una donna. Ho riflettuto un secondo e poi no, gli ho risposto che quel pezzo non l’avrei fatto e, semplicemente, perché, se c’è una cosa su cui dovrebbero iniziare a scrivere gli uomini (almeno quelli che rendono onore a questa qualita) è proprio la violenza, palese o nascosta, oggi contro le donne.

Perché se è assodato che, in Italia la lotta alla violenza contro le donne non può che passare attraverso la crescita personale, sociale e culturale delle donne è certo anche che, soprattutto, questo debba riguardare in primis anche uomini.

A noi donne per capire fin da piccole come diventare tali nel rispetto dei nostri bisogni e, perché no, anche dei nostri sogni ai nostri italici maschi contemporanei per fare altrettanti passi da gigante iniziando anche loro a farsi carico di questa necessità.

Passi da gigante per superare step culturali ed emotivi per cui in troppi casi ormai un “no” è inascoltabile, rendendoli lontani anni luce da compagne desiderose solo di essere capaci di dirlo, quel “no”.

Personalmente, quindi, anche se capisco la legittima preoccupazione di qualche sparuta frangia di donne protezionista che per avere un minimo di risalto si occupa del maltrattamento di parte del mondo maschile, io continuo a pensare che contino fatti e dati nell’ambito della violenza e della disparità di genere in Italia e che a quelli bisogna, per primi, dare priorità ed ascolto.

Fate una piccola, pratica esperienza.Trovatevi ad andare, per esempio, sul sito di IQD (In Quanto Donna) dedicato al femminicidio in Italia.

“Un sito che vuole proporre a tutti coloro che desiderano mantenere vivo il ricordo di queste donne, e dare un senso alla loro morte” unendosi per fermare insieme la crescita del cosiddetto “muro della memoria”.

E sarà esattamente un muro di volti quello che vi troverete davanti aprendo quelle pagine. Volti di ragazze, donne, diversissime fra loro. Volti dei bambini uccisi con loro. Tanti… troppi davvero.

Poi, se cliccherete sulla parola “Uomini”, troverete la cosa più sconcertante e inquietante: i volti di quelli che le hanno uccise. Volti sorridenti, rassicuranti, colti nel momento in cui guardano tranquilli nell’occhio dell’obbiettivo.

Il distinto architetto ottantenne che ha ucciso la moglie nello studio di un notaio, il pubblicitario quarantaduenne che ha manomesso la bombola del gas causando una strage in cui sono morti la moglie e una coppia di ragazzi nell’appartamento a fianco, lasciando ustionate le due figlie, finanche il volto pacifico, barbuto e canuto del settantaduenne poeta che scrisse una ode alla moglie su Facebook per poi ucciderla con un colpo di pistola poco dopo.

E poi, se vorrete continuare a fare esperienza di toccare con mano e visivamente, con l’emozione di non leggere solo titoli di notizie che passano al volo andate, sempre su quel sito, sulla pagina dei “figli”. Quella piu difficile.

Tutti lì, con i loro sorrisi, con quegli sguardi che ti chiedi cosa e quanto dolore avessero già provato e visto e, nonostante quello, sorridenti come solo i bambini sanno essere.

Insomma, a oggi in Italia secondo i dati forniti siamo a 27 donne ammazzate, 89 nel 2018, senza contare i figli, ma quello che preoccupa non è certo la disposizione di legge più o meno redatta in materia dai nostri, solerti o meno,  legislatori e politici.

Quello che preoccupa è il clima incolto, retrogrado e avvilente che si sta propagando come un virus di cui non abbiamo più abbastanza vaccino, nel nostro vivere quotidiano. Clima che, come in ogni momento in cui si vuole attuare meglio l’antico “divide et impera” mette uno contro l’altro chi è più debole, chi meno ha strumenti per capirlo… chi ha paura.

Il bisogno indotto del cosiddetto, salvifico, “uomo forte”. Atteggiamento presente fra le righe anche in luoghi e contesti culturali che mai penseremmo da questo praticabili. Basta solo, per esempio, ignorare in un tema alla recente maturità che ci sono personaggi femminili importantissimi nella storia letteraria o sociale della nostra cultura, basta invitare un parterre di soli compostissimi incravattati maschi a discutere in un evento pubblico, basta lo svilente linguaggio nei riguardi delle donne (con la scusa dell’ironia o del pietismo) di certo giornalismo scorretto, colposamente o dolosamente anche se la prima variante ormai non è decisamente più accettabile.

Quindi nessun vittimismo per noi donne, per carità. Io credo che dobbiamo essere le prime a farci carico della nostra crescita personale in quanto a consapevolezza di cosa vogliamo essere e, soprattutto, di cosa NON vogliamo più essere ma, signori uomini, questo impegno prendetelo anche voi.

Scrivete di quanto accade e non volete più. Raccontate di quanto sia doloroso e umiliante il sentire che vi rende uno sforzo coniugare al femminile certe dovute caratteristiche professionali, per esempio e di quanto, invece, non dovrebbe esserlo.

Raccontate voi quanto sia facile mancare di rispetto allo sforzo, alla fatica e all’impegno quotidiano delle donne che avete accanto nello stesso luogo dove voi, magari, vi sentite legittimamente di dover essere.

Soffermatevi e parlate, per esempio, del fatto che nell’ultimo Global Gender Gap Report (lo studio del Worl Economic Forum che fornisce l’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo ) l’Italia è settantesima nell’ambito dei cosiddetti Paesi avanzati dopo Honduras e Montenegro, ma prima di Tanzania e Capo verde. Quartultima in Europa occidentale, prima di Grecia, Malta e Cipro ma ultima se si considerano le grandi del mondo industrializzato.

Scrivete voi di femminicidio. Raccontando di quanto non c’entri il concetto di amore. Raccontate anche voi di quanto si possano mettere in campo violenza e prevaricazione con strumenti apparentemente innocui come le parole, l’intimidazione o la distorsione della visione di fatti, la manipolazione affettiva.

Prometto che poi, noi donne, ci occuperemo con generosità e amore anche di voi, di chi vi maltratta nel caso accada, di chi vi molesta o vi dovesse umiliare fisicamente o psicologicamente. Ma prima, per favore, rimettetevi e rimettiamoci tutti in pari. Ma in pari davvero, nei fatti. Poi nel caso ne riparliamo.

Sorgente: A scrivere e parlare di femminicidio devono essere anche gli uomini | L’HuffPost

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