Mi riceve di spalle, chino sulla fedele scrivania. Dalla finestra al suo fianco filtra appena la luce necessaria a una lettura faticosa: “Sto studiando, attenda un attimo”. Otto lauree, oltre trenta libri scritti e quasi mezzo secolo di divulgazione scientifica non gli bastano. Piero Angela vuole sapere ancora qualcosa di più.
La scrivania in realtà è un normalissimo tavolo da cucina, circondato da dischi e statuette di legno posizionate con cura su ogni muro disponibile, in una specie di mosaico composto per ricordare le decine e decine di viaggi in giro per il mondo. “Li ho presi in Indonesia, in Africa, in Asia centrale. Ci tengo molto”, mi dice senza nemmeno voltarsi.
Sottolinea, scrive, legge con attenzione e poi scrive ancora. Poi, finalmente, si volta. Una stretta di mano e poco spazio per i convenevoli: “Mi metto una cravatta e cominciamo”.
Ma lei non si annoia mai ad imparare?
La scienza ha questo di bello: che ti racconta sempre storie nuove. È come avere una chiave che apre tante serrature, con le quali entrare in queste stanze delle meraviglie, dove capisci come è nato l’universo, come si è sviluppata la vita sulla terra, cosa sono la materia e l’antimateria. Come si fa a non essere curiosi di tutto questo?
E invece c’è qualcosa che la annoia?
La scuola ad esempio, perché lo studio era una punizione. Ma dirò di più: mi sono annoiato molto anche a studiare il pianoforte. Che ho ancora, e sul quale ogni tanto vado a navigare. Perché quella tastiera lì è molto più ricca dell’altra.
Cosa non va nella scuola pubblica italiana: il metodo di insegnamento? I programmi scolastici?
La scuola svolge il suo ruolo di base, si insegnano le materie scientifiche. Ma non si insegna il metodo scientifico. Eppure tutti noi abbiamo bisogno di un’informazione che riguardi la demografia, l’economia, il ruolo della politica e della scienza nella società. Tutte queste cose a scuola non si studiano. E così spesso prevale un’informazione emotiva e frivola.
Cosa pensa degli italiani, soprattutto dei più giovani?
Quello che i giovani d’oggi hanno è che hanno perso la speranza che avevamo noi. Quando io avevo la loro età sì, era molto difficile la vita, ma si sapeva che il giorno dopo si stava meglio. Qui l’impressione è che il giorno dopo ci sarà una crisi, e il giorno dopo una ancora peggiore. Credo sia questo che avvelena sia i giovani che gli adulti. Ci sono tante intelligenze, ma manca un’intelligenza di sistema, cioè la capacità di mettere insieme queste intelligenze e farle fruttare.
Nel 1969 lasciò il telegiornale dicendo che quello che realmente le interessava fare era occuparsi “non di dieci notizie al giorno, ma di una notizia per un anno”. Oggi però con internet di notizie se ne fanno a centinaia. Il giornalismo è diventato troppo velocista?
Internet è una cosa straordinaria, ma anche uno strumento di distruzione di massa. E soprattutto uno strumento molto dispersivo, attraverso il quale l’attenzione dura 40 secondi. Così vince l’emotività, non il ragionamento.
Lei in una puntata di Superquark usò la mucca e il latte come metafore per spiegare i compiti della politica e la differenza tra produzione e distribuzione della ricchezza. Come sta oggi la mucca, e come valuta la suddivisione odierna del latte?
Noi abbiamo una macchina (la mucca, ndr) che produce ricchezza. La ricchezza inizia a nascere quando entrano delle ruote che girano: prima nei campi, poi nelle officine e nella società. Questa è la macchina della ricchezza, la politica la distribuisce e basta, non ne ha mai prodotta in tutta la storia dell’umanità. Alla maggior parte delle persone questo aspetto propulsore della società sfugge. Si pensa che le alleanze politiche, le elezioni, le maggioranze rendano più o meno ricchi, ma non è così!
Ne parla spesso anche lei, ormai l’italiano medio ripone sempre meno fiducia nella scienza e nella competenza. Anzi, l’élite dei professoroni e degli intellettuali è sempre più bistrattata. Come mai?
Io credo che questa sfiducia in realtà non esista. Credo che ci sia un po’ di confusione, che chi fa molto rumore soprattutto grazie a internet, riesce a dare l’idea che ci siano opinioni diverse, in realtà non è così. Semplicemente, le persone per amare la scienza devono capirla. Per questo dico sempre: mettersi dalla parte degli scienziati per i contenuti, e dalla parte del pubblico per il linguaggio.
Ha paura della morte?
La morte non mi spaventa, ma mi scoccia tantissimo perché è la fine della vita. Ma Seneca ha detto una cosa interessante.
Cosa?
Che noi siamo stati morti per millenni, e continueremo ad esserlo. La vita è solo un attimo in cui si è vinta la lotteria, una mezz’oretta. Per questo bisogna cercare di viverla al meglio.