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(Gianni Sartori)
L’8 marzo degli scorsi anni in Turchia si aveva come l’impressione di una maggiore – per quanto minima – “tolleranza” nei confronti delle manifestazioni.
Una sorta di tacito accordo per cui la polizia fingeva di non vedere gli striscioni e i cartelli con le scritte antigovernative, di non udire gli slogan.
Anche dopo lo sgangherato “golpe” del 2016.
Ma non quest’anno.
I raduni previsti erano decine nel paese. A Instanbul, sin dal primo pomeriggio, la polizia aveva preventivamente bloccato la centrale strada pedonale Istiklal dove in serata dovevi svolgersi una delle principali manifestazioni.
I manifestanti – diverse migliaia di persone – sono stati brutalmente dispersi con proiettili di plastica e lacrimogeni.
Analogamente, in novembre, una manifestazione femminista era stata attaccata e dispersa con gli stessi metodi.
Identica storia, se non peggio, in Palestina.
A Gaza l’8 marzo un manifestante palestinese – Tamer Arafat – è stato ammazzato e altri 42 sono rimasti feriti. Contro di loro i soldati israeliani avevano aperto il fuoco durante le ricorrenti proteste alla frontiera. Tra i feriti: due donne, 15 bambini, quattro paramedici (addetti alle ambulanze di soccorso) e due giornalisti.
Ordinaria amministrazione
Gianni Sartori


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