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La donna di Empoli probabilmente era la persona più vicina alla bomba esplosa alla stazione il 2 agosto del 1980. Oggi grazie alle nuove tecniche investigative si potrebbe sapere molto di più sull’esplosivo. Per questo i magistrati hanno chiesto la riesumazione del corpo

Empoli, 8 febbraio 2019 – Maria Fresu era la persona più vicina alla bomba che fece saltare in aria la stazione di Bologna il 2 agosto del 1980? Questa la domanda cruciale, che ha portato la magistratura felsinea a chiedere di riesumare la salma di Maria, all’epoca 23enne, che morì insieme alla sua bambina Angela di 3 anni e all’amica Verdiana Bivona di 22. I pochi resti della povera ragazza vennero rintracciati tempo dopo sotto a un convoglio. Come confermato anche dal fratello Bellino Fresu, furono necessari gli accertamenti su materiale genetico. «Ora mia sorella è nel cimitero di Montespertoli», ha spiegato ieri Bellino Fresu. E se c’è bisogno di una riesumazione per arrivare alla verità «che la si faccia».

Verità sui mandanti. Ebbene, la vicenda di Maria è il nodo cruciale. Secondo alcune versioni, sarebbe stata la persona più vicina alla bomba che causò ottantacinque vittime e duecento feriti (tra cui un’amica di maria Fresu oggi residente a Poggibonsi). Grazie alle nuove tecniche investigative, rispetto a 39 anni fa, si potrebbe sapere molto di più sull’esplosivo. Perciò ricordiamo che il presidente della Corte d’Assise di Bologna, Michele Leoni, nell’ambito del processo che vede imputato l’ex Nar Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto 1980, ha disposto una proroga di 60 giorni appunto per la perizia chimico-esplosivistica. Proroga che serve anche per riesumare i resti di Maria Fresu. Resti che potrebbero ‘raccontare’ molto sul tipo di esplosivo e sulla dinamica di quella tragedia. Anche perché, come risulta anche dagli atti del Senato della Repubblica, ci sono versioni differenti.

In una interrogazione del senatore Di Biagio, si fa esplicito riferimento alla perizia medico-legale disposta dai magistrati bolognesi, redatta nel 1980 dal professor Giuseppe Pappalardo e acquisita agli atti del processo di Bologna: vi viene espressamente attestato che «Maria Fresu si trovava nella sala d’aspetto di seconda classe, con la figlia Angela e due amiche, sedute lungo la parete laterale sinistra (rispetto all’entrata, sita anteriormente e a destra, ove era depositato l’ordigno esplosivo)». La parete laterale sinistra della sala d’aspetto sarebbe stata ad oltre 5 metri dal luogo dell’esplosione e tale misurazione troverebbe riscontro nella perizia chimico-esplosivistica, redatta per conto dei magistrati bolognesi dai consulenti d’ufficio Enrico Marino, Eugenio Pelizza, Omero Vettori e Ignazio Spampinato.

Dall’esame di questo grafico, la parete laterale sinistra risulterebbe collocata non in quella che i periti esplosivistici dei magistrati bolognesi definiscono area mortale (distanza massima di 5 metri dal luogo dell’esplosione), ma nell’area dei danni molto gravi (distanza dal luogo dell’esplosione superiore ai 5 metri e inferiore agli 11 metri); i periti chimico-esplosivistici avevano accertato – si spiega nel documento del senatore – che le vittime collocate nell’area dei danni molto gravi non sono perite per gli effetti diretti dell’esplosione, ma a causa degli effetti indiretti, come il cedimento del fabbricato. Oggi la domanda a cui si cerca di rispondere è: Maria era a meno di 5 metri o a più di 5 metri dalla bomba? Se era davvero vicino alla bomba, come oggi si ipotizza, con le nuove tecniche si potrebbe conoscere molto di più su che tipo di bomba sia stata. Per la magistratura bolognese questo è snodo cruciale per andare avanti e far piena luce. E la povera Maria può dare, a distanza di tanti anni, la risposta.

Andrea Ciappi

Sorgente: Strage di Bologna del 1980, la svolta. Chiesta la riesumazione di Maria Fresu – Cronaca

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