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Il fascicolo, a carico di ignoti, ipotizza l’associazione a delinquere finalizzata all’agevolazione dell’immigrazione clandestina ma «riguarda trafficanti libici e scafisti»

fabio albanese
CORRISPONDENTE DA CATANIA

Nel soccorrere i 47 migranti al largo della Libia e nel far riparare la nave davanti alle coste della Sicilia orientale, la Sea Watch 3 ha agito correttamente. Lo dice, con un lungo e articolato comunicato, il procuratore della Repubblica a Catania, Carmelo Zuccaro. Il capo della procura etnea ha anche rivelato l’esistenza di una inchiesta sul caso, con l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che riguarda però i trafficanti libici e gli scafisti del gommone e non il personale della Ong tedesca.

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La procura ha ricostruito, con Sco, squadra mobile, guardia di finanza e guardia costiera, il tragitto della Sea Watch 3 dal momento in cui ha soccorso i migranti, il 19 gennaio, fino all’arrivo in Sicilia. La nave umanitaria è rimasta due giorni in attesa di indicazioni da parte della guardia costiera libica, ma anche da Malta e Italia. Con i libici le comunicazioni si sono interrotte perché non si riusciva a comunicare visto che nessuno nella sala operativa di Tripoli parlava inglese. Malta e Italia, invece, si sono dichiarate incompetenti. La nave ha fatto quindi rotta verso Lampedusa, anche perché il procuratore di Agrigento avrebbe voluto interrogare il team di Sea Watch sul naufragio dei 120 migranti avvenuto il giorno prima del soccorso ai 47, naufragio in cui si sono salvati solo in tre (il fascicolo è stato di recente trasmesso alla procura di Roma per eventuali ipotesi di reato nei confronti della nostra Marina militare e della nostra Guardia costiera).

La nave è rimasta in rada per un giorno e mezzo in attesa di autorizzazione all’ingresso nel porto di Lampedusa, mai arrivata però. Il peggioramento delle condizioni meteo – è sempre la ricostruzione della procura di Catania – ha dunque costretto la Sea Watch 3 a dirigersi verso una zona più sicura. Non la Tunisia, autonomamente contattata dalle autorità olandesi (Stato di bandiera della nave) e che non hanno mai ricevuto risposta, ma le coste della Sicilia orientale. “Tale decisione – scrive la procura – è apparsa giustificata agli investigatori perché la rotta tunisina avrebbe costretto la nave a muoversi ‘in direzione della perturbazione in arrivo’ “. Inoltre, dalle testimonianze è emerso che la Tunisia in passato non ha mai consentito l’attracco di imbarcazioni umanitarie nemmeno per il rifornimento. “Non può pertanto ritenersi ingiustificata – ragiona la procura di Catania – la scelta del comandante della motonave di dirigersi a partire dal 21 gennaio verso nord alla ricerca di un Pos”.

Anche sulla legittimità del soccorso, la procura ritiene corretto il comportamento della Ong. Anche se il motore del gommone con i 47 migranti a bordo fosse stato in funzione, è accertato che l’imbarcazione si stava progressivamente sgonfiando e sarebbe sicuramente affondata. Il pm fa anche notare che “l’ulteriore approfondimento circa la necessità di un immediato intervento della Sea Watch appare del tutto superfluo”, visto che ancora nei due giorni di attesa in mare dopo il salvataggio, nessuna motovedetta della guardia costiera libica è stata in zona che avrebbe potuto recuperare i migranti. “Dalle risultanze investigative non è emerso pertanto alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3”, dice il procuratore Zuccaro.

Nei giorni scorsi, sia il ministro dell’interno Salvini, sia quello delle infrastrutture Toninelli sia l’altro vice premier Di Maio avevano sostenuto che il comportamento della Sea Watch 3 era stato sospetto, invitando prima la procura di Siracusa e poi quella di Catania ad indagare. Entrambe le procure però sono arrivate al medesimo risultato che scagiona la ong.

La procura di Catania, infine, parla della “idoneità tecnico strutturale” della Sea Watch 3 ad effettuare soccorsi in mare sistematici e si sottolinea come la nave sia registrata in Olanda come imbarcazione da diporto. Le autorità olandesi, spiega la procura, hanno “acquisito consapevolezza in ordine alla necessità di introdurre nella loro legislazione dei requisiti ulteriori” e “hanno provveduto a modificare la loro normativa che però non è ancora applicabile ai natanti già registrati”.

La nave resta ferma nel porto di Catania in attesa che, dopo i rilievi della Guardia costiera, vengano sanate le “non conformità relative alla sicurezza della navigazione e al rispetto della normativa in materia di tutela dell’ambiente marino”. Poca cosa rispetto alla grancassa suonata in questi giorni dal governo contro la ong tedesca.

Sorgente: Sea Watch, la Procura di Catania: “Nessun rilievo penale a carico della Ong” – La Stampa


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