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«Sto male!» al posto di «rido», «élite» al posto di «casta», punti esclamativi ovunque: perché parliamo così? In una storia di copertina e in una nuova rubrica proviamo a ragionare su cosa c’è dietro la lingua

PERCHÉ UNA COPERTINA SULLA LINGUA ITALIANA? Perché, se vogliamo capire cosa siamo diventati, dobbiamo ascoltare quello che diciamo. Il tema può sembrare antiquato, invece è sempre nuovo. Perché l’italiano raccontato (smontato, sezionato, interpretato) da Cesarino Marchi e Giulio Nascimbeni, da Luciano Satta e da Giorgio De Rienzo è cambiato, e un aggiornamento non è solo opportuno: è necessario.
In che modo la mutazione in corso – la politica, l’economia, il lavoro, l’umore, le prospettive– influisce sul linguaggio nazionale? La risposta non è semplice, lo sappiamo. Ma abbiamo provato a cercarla. Nella storia di copertina (pagg. 18-23) Luca Mastrantonio ed io offriamo alcune interpretazioni. Perché questo ritorno della retorica? Cosa ci racconta la bulimia di punti esclamativi? Perché alcune espressioni sono tramontate («anche no»), e altre brillano («Sto male» per dire «Rido»)? Quali strade sta prendendo l’arte dell’insulto? Perché una forza politica che dell’aggressività verbale ha fatto un vanto e un marchio – dal Vaffa di Beppe Grillo all’espressione «infimi sciacalli» riservata a noi giornalisti da Luigi Di Maio – si scandalizza quando il premier Giuseppe Conte viene chiamato «burattino» durante un dibattito all’Europarlamento? Certo non è un’espressione cortese; ma abbiamo sentito ben di peggio.

NELLA SUA RUBRICA Inclinazioni (a pagina 33) lo stesso Mastrantonio analizza il ritorno imperioso di un vocabolo datato come radical chic; e ragiona sull’espressione élite, che ha sostituito casta. Tutto questo si accompagna a una strana appropriazione: la parola popolo – nota Irene Soave – è diventata un lasciapassare, come un tempo il concetto di natura. Perfino a Sanremo siamo andati a scavare: Micol Sarfatti, che ha seguito il Festival per 7 e ha assistito al trasloco finale, ha raccolto frasi ed espressioni sintomatiche (pagina 26-27). Mi permetto di aggiungere: il testo della canzone vincitrice – Soldi, di Alessandro Mahmoud – è interessante. Quello di Rolls Royce (Achille Lauro) è, invece, disdicevole.

MA IL PEZZO FORTE di questo numero è una nuova, doppia rubrica: Lezioni di lingua. Giuseppe Antonelli – ordinario di Linguistica italiana all’università di Cassino, filologo – risponde, da oggi, ai quesiti dei lettori (scrivetegli!); e Nicola Gardini, professore di Letteratura italiana e comparativa a Oxford – sceglie la parola della settimana e ce la spiega (Emmanuel Macron sa che il vocabolo francese gilet viene dall’arabo galika, la camicia degli schiavi cristiani nelle galere, che riprenderebbe il turco yalek)?

BENE, FERMIAMOCI QUI. E riproponiamo la domanda di copertina: cosa c’è dietro la lingua? Molte cose: basta andare a cercarle e ragionarci sopra. Quello che il nostro 7 cerca di fare da quasi due anni. Una missione testarda della quale siamo orgogliosi, e per la quale speriamo di venire ricordati.

Sorgente: Per capire cosa siamo diventati dobbiamo ascoltare quello che diciamo- Beppe Severgnini- Sette

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