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lunedì 11 febbraio 2019 ore 16:20

Il primo dossier su cui si misurerà l’irrigidimento dei Cinque stelle dopo la vittoria netta di Salvini e la loro sconfitta si chiama Tav. Toninelli ha annunciato che già stasera l’attesa analisi costi benefici sarà sul tavolo di Di Maio e Salvini, “ora parlano i dati” aggiunge, quasi un avvertimento che quell’opera non si deve fare e che non cederanno.  

E ora c’è una ragione in più per difendere a tutti i costi il no. Se i Cinque stelle vogliono provare a risalire la china in vista del voto di maggio devono cominciare a resistere all’egemonia della Lega.

E’ l’unica possibilità di fronte a ciò che l’Istituto Cattaneo fotografa: “Non si tratta solo di una battuta d’arresto – si legge nell’analisi dei dati – ma sembra essersi invertito un trend di crescente espansione elettorale, un risultato che non può essere derubricato come un calo fisiologico di un partito che sconta un debole radicamento territoriale, ma è un primo e rilevante campanello d’allarme, tanto più che cinque anni fa la Lega non era nemmeno presente alle elezioni in Abruzzo”.

Di Maio dovrà dare maggior peso a quel malumore interno al Movimento che dopo il voto di ieri rischia di diventare sempre più ampio e si misurerà su due questioni cruciali per il governo: Tav e autorizzazione a procedere per il caso Diciotti, entrambi all’ordine del giorno nei prossimi dieci giorni.

“Sono l’indagato più tranquillo del mondo”, ha detto Salvini a proposito del voto al Senato, “il Movimento cinque stelle non deve temere nulla, niente cambia per il governo”, tenta di rassicurare così l’alleato per non complicargli un lavoro già durissimo.

I parlamentari critici chiedono un’assemblea per discutere della linea futura: “tradire la propria identità non paga”, fa sapere Elena Fattori, una delle poche a non aver avuto mai paura ad esporsi.

Per ora Salvini non può far altro che andare avanti così, da una posizione di forza però, sapendo che i conti li presenterà dopo le Europee.  Sa che l’onda è quella che si è vista in queste ore in Abruzzo, è convinto di ripetere la vittoria in Sardegna, dove sta mettendo il cappello sulla protesta degli allevatori, e in Basilicata subito dopo, per poi replicare i consensi su scala nazionale alle europee. “Quello sarà un voto politico, di opinione” ha detto oggi durante la conferenza stampa.

Ciò che ha negato oggi e cioè che non ci saranno rimpasti e crisi di governo,  non è escluso che avvenga a maggio, quando l’unica speranza di Di Maio sarà quella di riavere in forma di consenso elettorale ciò che darà poco prima, con la card per il reddito di cittadinanza.

Salvini fa finta di non sentire il richiamo che arriva dal centrodestra, assicura l’alleato attuale che non lo tradirà, non chiederà cambiamenti nel contratto di governo, ma ha un’alternativa fortissima, guidare una coalizione di centrodestra, a maggior ragione se i voti di Forza Italia, con Berlusconi che si è pure speso anche nella campagna elettorale in Abruzzo, continueranno a calare.

Il vincente oggi è Salvini che tiene corda ai cinque stelle, ammettendo che si tratta solo di un voto locale, ma poi accetta con grande entusiasmo i complimenti che gli arrivano da Marine Le Pen in Francia.

Aggiornato lunedì 11 febbraio 2019 ore 16:22

Sorgente: La partita a scacchi tra Lega e M5S

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